Quando i primi convogli tedeschi iniziarono a ritirarsi verso nord, il CLN cittadino, riunito in seduta permanente nella notte tra il 23 e il 24 aprile, decise di porre in atto il piano d'insurrezione precedentemente concordato con gli Alleati attraverso i rappresentanti delle missioni alleate britannica e statunitense presenti nella zona sin dal gennaio 1945, il cosiddetto "Piano A": esso prevedeva che le brigate di montagna avrebbero precluso a tedeschi e fascisti in ritirata le vie di fuga verso la Pianura Padana, mentre le SAP avrebbero provveduto a contrastare le sacche di resistenza nel centro urbano, disarmare le formazioni armate nemiche e impedire il sabotaggio delle principali infrastrutture cittadine, in primis quelle del porto. Nei quartieri operai del Ponente, tuttavia, gli operai delle fabbriche avevano già dato avvio ai primi scontri senza attendere l'ordine del CLN. L'azione comportava un rischio particolarmente alto, dal momento che le forze d'occupazione tedesche erano superiori in rapporto di 7 a 1 rispetto alle formazioni partigiane e disponevano di artiglieria pesante e mezzi corazzati, ma si rivelò un successo: l'interruzione di tutte le vie di comunicazione viarie e telefoniche costrinse il generale Günther Meinhold, comandante della piazza di Genova, a cercare un accordo con il CLN genovese.
Il pomeriggio del 25 aprile, mentre nel resto dell'Italia occupata divampava l'insurrezione generale e in città proseguivano furiosi i combattimenti, Meinhold firmò l'atto di resa dei 9000 uomini al suo comando al cospetto dell'operaio comunista Remo Scappini, presidente del CLN ligure, nei locali di Villa Migone, residenza dell'arcivescovo di Genova, il cardinale Pietro Boetto. Quando, due giorni dopo, le armate alleate entrarono a Genova, si trovarono di fronte a una città in cui i servizi essenziali e l'ordine pubblico erano direttamente amministrati dalle autorità nominate dal CLN: il piano tedesco di distruggere il porto era stato sventato e la città era scampata a un'immane distruzione, al punto che gli Alleati ebbero a definire l'intera operazione partigiana «A wonderful job», un ottimo lavoro.