Il volume, pubblicato in occasione del centenario della scomparsa di Anna Kuliscioff e corredato di brani antologici e prezioso materiale fotografico messo a disposizione dalla Fondazione che porta il suo nome, intende far luce su alcuni aspetti rilevanti, ma meno indagati, di una capostipite del socialismo e del femminismo italiano: la dimensione affettiva e amicale in relazione alla sua militanza politica (Fiorenza Taricone); il suo rapporto, non privo di controversie ma fecondo, con le associazioni femministe del tempo (Liviana Gazzetta); il suo contributo alla legge del 1902 sul lavoro delle donne e dei fanciulli e la sua specifica attenzione alle condizioni di bambine e bambini (Isabel Fanlo Cortés).
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Un’interpretazione nuova della nascita della Costituzione repubblicana. E di come la sua inattuazione sia all’origine della strategia della tensione.
Lo Stato postfascista, invece che farsi repubblicano attuando la Costituzione del 1947, la manda in esilio. Dalla costante disapplicazione delle principali disposizioni costituzionali – e dalla simmetrica e sostitutiva applicazione di norme ereditate dal fascismo e comunque contrastanti con la Carta repubblicana – deriva la forma dello Stato centrista, che è Stato forte (dotato di assoluta supremazia sui diritti individuali e collettivi), Stato cattolico (che ai valori repubblicani sovrappone quelli della Chiesa) e Stato segreto (che condiziona le dinamiche politiche e sociali attraverso apparati occulti che operano nell’illegalità). Giuseppe Filippetta ricostruisce in tutti i loro aspetti – utilizzando documenti giudiziari e di archivio, testimonianze, film, opere letterarie e di arte figurativa, epistolari, monografie e fonti giornalistiche – le norme e le prassi attraverso le quali lo Stato, violando la Costituzione, ha represso il dissenso politico, negato i diritti sindacali e contrastato il libero esercizio dei culti acattolici e, simmetricamente, le mobilitazioni e le pratiche con le quali i movimenti collettivi hanno provato a far vivere la Repubblica e a realizzare i valori fondamentali della Costituzione. La strategia della tensione e le stragi sono state il punto di arrivo del contrasto tra Stato e Repubblica e lo strumento con il quale si è tenuto fermo l’esilio della Costituzione e si sono salvaguardati la supremazia dell’apparato statale sui diritti individuali e collettivi e l’assetto sociale ed economico garantito da tale supremazia. La Repubblica senza Stato offre una nuova interpretazione sia della nascita della Costituzione repubblicana che della sua inattuazione e mostra come proprio l’inattuazione costituzionale sia all’origine della strategia della tensione.
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«L’idea del volume nasce da una ricerca sui manuali di storia per le scuole medie superiori dell’epoca fascista. Sono stati scelti 27 temi chiave e, dopo aver proposto il testo dell’originale, il curatore ha inserito il racconto degli stessi fatti in un’ottica rispettosa della verità storica. Come supporto, sono presenti documenti dell’epoca e scritti gramsciani che si riferiscono ai fatti stessi. Non sfuggirà, a chi avrà tempo e voglia di sfogliare le pagine di questo volume, che i commenti ai testi sono di natura manualistica in quanto l’intento è quello di mostrare che la manualistica, non soltanto nello studio della storia, è fondamentale per la contestualizzazione, la comprensione e l’interpretazione degli eventi. In questa prospettiva dovrebbero emergere le censure, le omissioni e le menzogne presenti nei testi dell’epoca e, insieme a loro, l’intento di realizzare libri scolastici finalizzati alla conquista del consenso e alla maturazione di un senso comune ben preciso e calato dall’alto. Le/i destinatari del lavoro sono le/gli insegnanti e le studentesse e gli studenti delle scuole medie superiori».
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Il Movimento sociale italiano rivendicò fin dalle origini, come fattore identitario, la propria estraneità alla Repubblica nata dalla Resistenza e ai valori da essa espressi nella Costituzione, ponendo da subito all’ordine del giorno la questione di «essere fascisti in democrazia». Giorgio Almirante e Giuseppe (Pino) Rauti rappresentarono il nostalgismo dei reduci di Salò nel dopoguerra e sostanziarono quel neofascismo politico che nei decisivi anni Sessanta e Settanta fu radicalmente ostile ai profondi mutamenti che attraversavano il Paese. Giorgio Almirante (1914-1988), redattore della «Difesa della razza» durante il regime fascista, fu capo di gabinetto al ministero della Cultura popolare nella Repubblica di Salò. Deputato dal 1948, fu tra i fondatori del Msi e segretario del partito dal 1947 al 1950 e poi dal 1969 al 1987. Pino Rauti (1926-2012), volontario della Repubblica sociale di Salò, nel dopoguerra aderí al Msi. Entrato presto in conflitto con la dirigenza del partito ne uscí nel 1956 fondando il gruppo Ordine Nuovo. Tornò nel Msi nel 1969 dopo la rielezione di Almirante, alla vigilia della strage di piazza Fontana e dell’avvio della «strategia della tensione», diventandone segretario dal 1990 al 1991.