Mercoledì 17 Maggio 2017, alle ore 21.00, Cineforum: proiezione del film di Giuliano Montaldo “Tiro al Piccione”.
- Inquadramento
storico:
Ugo Fanti - Presidente della Sezione ANPI
Aurelio-Cavalleggeri
“Galliano Tabarini”
- Commento tecnico:
Cesare Frioni, della Sezione ANPI Aurelio-Cavallegeri
“Galliano Tabarini”
Si tratta di un film del 1961 che ci fa vedere gli avvenimenti dell’ultimo periodo della Resistenza italiana da un punto di vista particolare: quello di un giovane che decide di arruolarsi con i repubblichini di Salò. Il film, opera prima del Regista Giuliano Montaldo, è tratto dal romanzo omonimo (autobiografico) di Giose Rimanelli, che racconta la sua scelta giovanile di militare nelle fila della Repubblica Sociale, un classico esempio di “letteratura dei vinti”. Dal libro Montaldo ha tratto il film che porta lo stesso titolo, che ha anche sceneggiato insieme, tra gli altri, ad Ennio De Conciini.
Il film suscitò - alla sua prima uscita alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (1961), dove fu presentato nella Sezione Informativa - grosse polemiche e non ebbe, in generale, critiche positive. “Il Mereghetti”, Il Dizionario Enciclopedico del Cinema, lo definisce, al contrario, «Un film coraggioso e anticonformista [...]».
Così lo stesso Montaldo – che da giovane aveva militato nelle file della Resistenza con Carlo Lizzani e Massimo Gizzio - parla della sua opera prima, nel Volume del 2001 intitolato “Torino, città del Cinema”, pubblicato dal Castoro Cinema (Nuova Italia Editrice):
“Tiro al piccione fu girato tra Vercelli, Varallo Sesia e l’alta Val Sesia.”. “Mi ricordo la bellezza dei luoghi visitati per i sopralluoghi con Carlo Di Palma.”. “Gli anni Sessanta non erano lontani dal periodo del film e quindi le location non risultano ancora troppo “datate”.”. “Fu determinante la collaborazione tra me e Moscatelli, il comandante partigiano piemontese che mi aiutò nel lavoro di documentazione.”, “Il film creò delle forti polemiche: era basato sui condizionamenti che la società fascista imponeva ai giovani dell’epoca, sul trauma dei giovani che si accorgevano che i loro sogni di conquista sfumavano e che la Repubblica Sociale era contraria a una vera democrazia.”. “Avevo letto il romanzo di Giose Rimanelli, molto autobiografico, e mi aveva sconvolto e appassionato questa storia vista “dall’altra parte”, la storia di un giovane che in quegli anni aveva fatto la scelta sbagliata.”. “Pensai che il film potesse dare vita a un dibattito su chi durante la guerra aveva sbagliato in buona fede, invece si trasformò in un boomerang contro di me, per il carico di polemiche staliniste che seguì l’uscita del film.”. “Io avevo tanto investigato, avendo già fatto film sulla Resistenza, e avevo maturato l’idea che bisognava rivisitare anche “le altre parti” della guerra.”. “Forse ho anticipato troppo… ma il film venne tacciato di ambiguità e se c’è una ferita che brucia ancora è questa, perché non era vero, e più tardi tanti me lo hanno confermato.”. “Mi ricordo che il film fu invece una sorta di atto liberatorio per tutti i giovani che, come il protagonista, erano rimasti invischiati nel regime fascista.”. “Solo oggi Tiro al piccione torna a essere mostrato nelle scuole e può dare il via a dibattiti costruttivi sulla demagogia usata in certe ideologie.” (G. Montaldo, in D. Bracco, S. Della Casa, P. Manera, F. Prono, (a cura di), Torino città del cinema, Il Castoro Cinema, Nuova Italia Editrice, Milano, 2001).
Insomma un film particolare, che vale la pena di vedere o ri-vedere per riflettere meglio – partendo da una storia che non ci appartiene - su quanto fu difficile e solitaria la scelta di molti giovani che erano nati e avevano vissuto sotto il fascismo e che . sebbene non avessero conosciuto la libertà e la democrazia - decisero di battersi dalla parte giusta della Storia e di morire per un’ideale che non avrebbero potuto vedere viver, dopo iol 25 Aprile del 1945.