23 febbraio 2010

La Giornata della Memoria. Veramente?


Un articolo del Segretario dell’A.N.P.I. di Roma, Ernesto Nassi.

Sono dieci anni che in Italia, ufficialmente, il 27 gennaio si ricordano gli orrori dei campi di sterminio nazisti, una delle pagine più vergognose e crudeli della storia dell’umanità.
Le Istituzioni, la scuola, le associazioni dei deportati, della RESISTENZA e dei perseguitati dal nazifascismo, in quel giorno sono impegnate a ricordare il senso della “Giornata della Memoria”, specialmente tra i giovani. Nelle scuole, nelle aule Consiliari dei Comuni e dei Municipi, presso le associazioni di riferimento, i superstiti dei campi incontrano giovani e meno giovani, per raccontare il loro dramma, l’umiliazione sofferta nei lager.
Ho partecipato, come relatore o come uditore, alle assemblee o convegni, per ricordare gli assassinati nei campi di sterminio e posso dire di aver visto diversi stati d’animo tra i partecipanti, alcuni sinceramente commossi altri presenti solo con le parole, senza cuore.
Quando fu istituita questa giornata, lo scopo era (ed è) di tenere vivo il ricordo di quanto accaduto nella seconda guerra mondiale ma, anche, le ragioni politiche ed ideologiche che hanno scatenato questo orrore che, è bene ricordare, riguarda lo sterminio di ebrei e zingari, oltre l’assassinio di migliaia di soldati sovietici, testimoni di Geova, asociali (tra cui le lesbiche) disabili, omosessuali, partigiani, oppositori politici al nazismo, lavoratori scioperanti, polacchi, jugoslavi, greci e tanti altri, per oltre 11 milioni di morti.
Una cosa è certa: i nostalgici del nazismo e del fascismo, questa legge l’hanno digerita malvolentieri, tanto è vero che da sempre tentano di raccontare un’altra storia in merito, cercando di “sminuire le responsabilità” del nazifascismo o quanto meno, in casa nostra, raccontando di un fascismo con lievi responsabilità rispetto al nazismo oppure, addirittura omettendole.
In questa giornata ci sono forti richiami a non dimenticare, anche da parte di rappresentanti delle Istituzioni, politicamente di destra, orgogliosamente fasciati dal Tricolore, pronti a condannare quanto accaduto e in alcuni casi (come a Roma) lo stesso regime fascista.
Però, nei fatti, credo sia molto difficile, per chi è cresciuto nella retorica dell’Italia fascista, comprendere il significato più vero della memoria condivisa, ed ecco allora, con tanta superficialità, la contrapposizione “Foibe” ai campi di sterminio, le vittime delle “Stragi nascoste” alle vittime del “triangolo rosso”; quasi come voler mettere nella bilancia della storia, il peso della morte, omettendo le dovute differenze numeriche e dando una fastidiosa impressione di equiparazione storico-politica delle responsabilità, così come l’aberrante proposta di legge di equiparazione tra repubblichini e Partigiani, asserendo il diritto di un riconoscimento perché combattenti, comunque, appropriandosi di un distorto uso della storia.
Questa mentalità ho avuto modo di riconoscerla, anche se usata in maniera soft, nel “Viaggio della
Memoria” di veltroniana memoria, fatto proprio dalla giunta di centro destra del Comune di Roma. Siamo partiti da Roma, il 25 ottobre, per andare in visita al campo di sterminio di Auschwitz, con l’Assessore Marsilio, funzionari del Comune di Roma , giornalisti e circa 260 studenti e professori, oltre una decina di associazioni, compresa l’A.N.P.I. di Roma.
Siamo rimasti a Cracovia circa tre giorni e posso dire che ho avuto modo di parlare con gli studenti solo il secondo giorno, perché al campo di Birkenau avevo sul collo il nostro fazzoletto, quindi per questo individuabile come A.N.P.I., unitamente alla rappresentante dell’ANED, con il suo fazzoletto.
Nonostante la presenza di associazioni venute per la prima volta con il viaggio, come l’associazione dei disabili, l’associazione degli omosessuali, dei musulmani, della ANPPIA, l’associazione ebrea Miriam Novich, di un Monsignore cattolico e l’Opera Nomadi e le associazioni che hanno sempre partecipato anche con Veltroni, ANED, ANFIM e ANPI, ho potuto notare un certo ostruzionismo nei confronti delle associazioni citate. Va detto che era presente la comunità ebraica, con una corposa delegazione, tra cui tre sopravvissuti dal campo di Auschwitz, una persona di Rodi e Due sorelle di Trieste.
Ho notato, per la verità non solo io, che c’è stata una egemonia culturale da parte di una persona, un professore e storico della Shoah, incaricato dal Comune di Roma, per quanto attiene la spiegazione del campo e del ghetto di Cracovia.
Come associazioni presenti, quasi tutte, abbiamo espresso il nostro disaggio di “turisti a gratis”.
Siamo state persone anonime (salvo eccezioni) mischiate agli studenti sconosciuti tra sconosciuti. La prima sera, dopo la riunione plenaria, c’è stato un timido tentativo del Delegato alla Memoria del Comune (anche lui, per la verità, oscurato dal professore) d’informare gli studenti della presenza delle nostre associazioni ma è caduto nel vuoto, confuso nel trambusto dello scioglimento della riunione! Come associazioni, le più, ci siamo riunite nella hall dell’albergo, per discutere della situazione venutosi a creare e come superarla.
Funzionari del Comune e il Delegato della Memoria ci hanno chiesto perché eravamo riuniti, abbiamo spiegato che noi non avevamo l’intenzione di essere messi sul piano della visibilità dei sopravvissuti, però chiedevamo d’informare, studenti e professori, della nostra presenza. Non è stato accettato. Alle ore una di notte ci è stato proposto che una associazione, a nome di tutte, avrebbe potuto parlare con un breve intervento. Abbiamo rifiutato e proposto di far sapere a studenti e professori della nostra presenza, dando la disponibilità a rispondere a domande se richiesto. E’ stata respinta.
L’indomani a Birkenau, è venuto il Sindaco di Roma ,Alemanno e la sera in albergo, dopo cena, ci ha voluto incontrare per conoscere l’origine del nostro malessere. Si è concordato che una volta a Roma ci avrebbe convocati per chiarirci e vedere in futuro la presenza e il ruolo delle associazioni.
Tornati a Roma, dopo dieci giorni, non avendo ricevuto inviti per una riunione, abbiamo scritto una lettera al Sindaco, dove abbiamo spiegato le nostre ragioni e ricordato l’invito che lui ci aveva fatto di un incontro, una volta tornati a Roma
Io è dalla sera della riunione con il Sindaco e l’Assessore a Cracovia, che non mi faccio la barba. Ora sono nel 2010, e la barba è sempre più lunga! Le bugie hanno le gambe corte…e anche la barba lunga.
Abbiamo saputo che al Comune si dice che siamo stati scorretti, perché erano stati fatti accordi precedenti, con le associazioni, sulla organizzazione del viaggio, riunendo i ragazzi alla “Casa della Memoria” per informarli sui contenuti del viaggio, sapendo che Auschwitz è il campo dello sterminio degli ebrei. Quindi non si doveva parlare d’altro.
Il mio presidente, interpellato da me, ha negato decisamente che il viaggio si svolgesse così come è stato…e inoltre mi ha informato di aver ricevuto una telefonata di lamentele contro di me, e un amico ebreo mi ha informato di aver ricevuto un sms in cui era scritto “di non dare retta ai partigiani comunisti!”.
Voglio ricordare, che Auschwitz è il simbolo di tutti gli stermini, della deportazione nei campi nazisti e quando si portano dei giovani in luoghi cosi drammatici, non si possono omettere le cause che hanno portato la gente a passare per un camino, anche se di queste cose, due mesi fa, se ne è parlato a Roma.
E’ sul posto che le cose si capiscono meglio, sempre se c’è la volontà di farle capire.
Voglio solo ricordare, a proposito delle difficoltà ad avere una memoria condivisa, che andare ad Auschwitz con dei giovani e parlare sempre e solo della Shoah è ingiusto nei confronti degli stessi ebrei, perché hanno sofferto e sono morti assieme ad altri, per esempio gli zingari, e pensare che il 26 ottobre, noi siamo passati qualche decina di metri dal muse, dove si trova una sezione riservata allo sterminio dei Rom e dei Sinti ad Auschwitz, senza che i ragazzi abbiano potuto visitarlo! Forse gli si è voluto risparmiare l’orrore dello sterminio degli zingari.
Allora torno a pensare che ci sono persone, che il 27 gennaio, sono commosse veramente… e altre che parlano.


Ernesto Nassi

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