16 dicembre 2010

Via Tasso, Museo della Liberazione: l'importanza della Memoria. Un articolo di Mario Avagliano

Se c’è un luogo di Roma che testimonia in modo indelebile la memoria dell’occupazione tedesca della capitale (11 settembre 1943-4 giugno 1944), questo è il Museo Storico della Liberazione di via Tasso. Più del mausoleo delle Fosse Ardeatine, anche logisticamente un po’ periferico. Moni Ovadia, quando visitò le celle dove le SS incarceravano e torturavano politici, ebrei e militari, e lesse i loro messaggi graffiti sui muri, scoppiò in lacrime e lo definì «uno dei più significativi luoghi europei della memoria dell’oppressione nazista».
Il Museo, istituito nel 1957 e visitato negli anni da centinaia di migliaia di persone, soprattutto studenti, è in forte difficoltà. Le ragioni: l’insufficienza del contributo per il funzionamento, spettante per legge al ministero per i Beni Culturali, e i forti ritardi nell’erogazione (c’è un debito dovuto dal 2001!).
L’allarme chiusura, adombrato con fermezza dal presidente della struttura, lo storico Antonio Parisella, ha smosso le acque. Le associazioni si sono mobilitate, in piazza e su Facebook, e anche oggi l’Anpi raccoglierà fondi per il Museo a Ponte Milvio, con una festa-spettacolo. Intanto il ministero si è impegnato a versare i fondi del 2010, ridotti del 15%, e Comune, Provincia di Roma e Regione Lazio hanno promesso contributi urgenti per integrare il bilancio 2010.
“Ci auguriamo che gli impegni saranno mantenuti – ha commentato il presidente Parisella – e che ci sia dato il carburante per far funzionare la macchina del Museo e pensare al costoso ma necessario riallestimento”.
La storia dell’anonimo palazzo al n. 155 di via Tasso, non distante dalla Basilica di San Giovanni in Laterano, fu segnata alla fine del 1943, come ricorda la mostra permanente “Il Museo si racconta”, quando il biondo tenente colonnello tedesco Hebert Kappler vi stabilì il carcere delle SS («la chiamavano la “prigione di casa”», ricorderà l’ex ministro Giuliano Vassalli, partigiano socialista, che vi fu imprigionato per un mese), trasformando in celle le stanze degli appartamenti e sbattendovi dentro circa 2500 persone, tra cui oltre 300 donne. Vi furono rinchiusi, trattati come bestie, oltre a Vassalli, il sindacalista socialista Bruno Buozzi, l’italianista Carlo Salinari, il sacerdote don Pietro Pappagallo (che ispirò a Rossellini il personaggio interpretato da Aldo Fabrizi nel film Roma città aperta), il colonnello Giuseppe Montezemolo, capofila della resistenza di matrice militare, il tenente colonnello dei carabinieri Giovanni Frignani, autore dell'arresto di Mussolini.
La storia di via Tasso è anche la storia della principessa Josepha Ruspoli, che nel dopoguerra lasciò lo stabile in eredità allo Stato, a condizione che vi fosse installato un Museo; di un senatore sensibile, Paolo Emilio Taviani, che negli anni Ottanta rilanciò la struttura; di due ex resistenti, Arrigo Paladini (che vi fu torturato) e la moglie Elvira Sabbatini, che la diressero con autentica passione civile. La storia di un Museo che nell’ultimo decennio sembra essere stato abbandonato al suo destino, nonostante la caparbietà di Parisella e dei suoi circa venti collaboratori, con un budget risicato di 50 mila euro annui che non copre neppure le spese vive. Gli allestimenti sono ancora quelli degli anni Cinquanta, l’impianto audio-video è obsoleto. E via Tasso, se le promesse delle istituzioni resteranno sulla carta, da luogo-simbolo della memoria rischia di diventare luogo-simbolo della cultura cancellata. Di un’Italia che non sa ricordare.

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