18 aprile 2011
Indignazione. Un articolo di Valentino Eletti.
Sabato 16 aprile si è tenuta presso una delle biblioteche del XIII municipio (la ''Sandro Onofri'') la presentazione del libro di Domenico di Tullio ''Nessun dolore, una storia di Casapound''. Libro edito da Rizzoli che ha esaurito in pochi mesi tre edizioni.
La conferenza si sarebbe dovuta tenere inizialmente in un'altra biblioteca, l' ''Elsa Morante'' ad Ostia, ma l'opposizione interna ha impedito che ciò avvenisse; in ultimo viene spostata ad Acilia, sempre nel XIII municipio ed anticipata di mezz'ora, con il chiaro intento di non voler far venire nessuno che sia esterno all'associazione.
La sala dove si svolge la presentazione non è grande, ma rimangono lo stesso diverse sedie vuote, non arrivano ad 80 e non ''affollano la sala dell'impianto'', come si afferma nel sito di Casapound del litorale romano; fuori dal cancello stazionano cinque macchine delle forze dell'ordine. Più che una presentazione di un libro sembra una conferenza di partito arroccata in un luogo inaccessibile.
Ma Casapound non è un partito, Casapound non fa politica, o almeno, non dovrebbe.
Pongo delle domande all'autore. Domande inerenti a ciò che ha scritto.
Il libro racconta la storia di diversi personaggi che orbitano intorno al gruppo di Casapound e Blocco studentesco. Le loro vicende personali si intrecciano a quelle delle due associazioni capitoline in una mescolanza dosata di retorica e romanzo, vi è per esempio un capitolo in cui la narrazione si interrompe del tutto e che tratta solamente della politica del gruppo dei ''fascisti del terzo millennio'', in cui il protagonista si ricorda e prende coscienza dei passi compiuti ''sempre in avanti, su un terreno che fino a quel momento era rimasto vergine per i giovani militanti fà. E' bello sentirsi camerati senza sensi di colpa''.
Viene usata molte volte la parola fascista, e i protagonisti orgogliosi si autodefiniscono tali. E nemmeno l'autore; lo afferma alla presentazione, senza vergogna, a seguito di una mia domanda, mentre alla sua destra siede il consigliere comunale di Fiumicino del Pdl William de Vecchis che si limita a sorridere imbarazzato, facendo finta di non aver sentito, mentre gli uditori annuiscono per il coraggio del camerata.
Faccio notare che nel libro viene compiuto uno svuotamento dei contenuti della parola ''fascista'' che acquista invece connotati positivi quali quello di persona coraggiosa, leale, corretta, fraterna, persona a cui era stato negato negli anni il diritto di riunirsi ed esprimere le proprie idee, persona perseguitata. Così come sono stati perseguitati e vittime negli scontri di Piazza Navona avvenuti nel 2008 (il penultimo capitolo è interamente dedicato a questo), in cui vengono dipinti come i legionari di Cesare in Gallia, ''volti giovani e belli'' e pieni di vitalità. Mentre l'autore si dimentica di far presente lo squadrismo, le fila serrate, i cori del ventennio e i bastoni avvolti nelle bandiere italiane che calavano sugli studenti medi.
Nelle pagine si alternano episodi di vittimismo ad esclamazioni ardite di una retorica passatista e imbarazzante ''la tartaruga, (nda la tartaruga è il simbolo di Casapound) correndo veloce, ha esteso il proprio guscio su tutta Italia. […] Soprattutto c'è stata bellezza, gioventù, voglia di ridere, in un paese che si trascina puzzoso, balbettando improperi come un vecchio decrepito e incontinente. Se ti trovassi a dover sceglie, non avresti mica dubbi''. Attraverso l'utilizzo di un simbolismo antico, che davvero pochi hanno ancora lo stomaco velleitario abbastanza per usare, pena l'essere liquidati con una risata, questo gruppo che si definisce per negazione ne fa largo uso. Crea un modello in cui identificarsi, dipinge un'epica morta da sessant'anni provando ad attualizzarla. C'è da chiedersi quanto sia pericolosa questa rilettura della storia, da quella appena passata, agli anni di piombo ed ancora un po' più indietro, verso le pagine più nere della storia italiana. Bisogna interrogarsi attivamente sulle nuove forme che il fascismo sta prendendo e provare a contrastarle anche se il fatto che questo libro abbia venduto quanto ha venduto è un sintomo inquietante che dimostra come anche la memoria storica su cui si fonda la Repubblica è ancora minacciata.
Valentino Eletti
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