10 maggio 2011
Lettera web di Massimo Rendina
Veniamo ai temi e alle relative considerazioni. Morte di Bin Laden .Attendiamo di conoscere i particolari di un' azione condotta con straordinaria abilità tecnica di guerriglia, ma ci lascia perplessi che si sia preferito uccidere il capo di una sia pure tra le più spietate formazioni terroristiche anziché farlo prigioniero e processarlo. Avendola praticata e subita siamo contro la violenza specie se porta ad eliminare fisicamente l'avversario qualsiasi colpa abbia commesso, da ciò la nostra contrarietà alla pena di morte e ad ogni forma di guerra, ispirando i Costituenti che 1' hanno tradotta in norma. Si è detto che Bin Laden vivo avrebbe indotto i seguaci a contrattarne la liberazione minacciando nuove stragi di massa, avvelenando gli acquedotti, seminando pestilenze, e così via; e anche che la diffusione delle immagini di Bin Laden morto sfigurato potrebbe ingigantire la sua figura di martire che già l'estremismo islamico sta accreditando. Ipotesi e tesi da non rigettare, ma che non scalfiscono il principio di ripulsa della violenza, soprattutto se mortale, altrimenti tradiremmo i principi ideali che sono ragione del nostro stesso essere II che porta ad anteporre, anche sfidando il giudizio popolare, l'etica, la nostra etica, ad ogni altro motivo, a costo di differenziarci da politologi e politici che stimiamo a cominciare dal Capo dello Stato che giustamente richiama al dovere di rispettare gli impegni internazionali che, nella strategia che responsabilizza la NATO, coinvolge la nostra aviazione nei bombardamenti in Libia anche con l'inevitabile probabilità di uccidere civili innocenti. Avrebbe Napolitano potuto assumere altra posizione, dirsi contrario alle nostre azioni belliche? La situazione di discredito internazionali dell' Italia, causata da Berlusconi anche per sfuggire alle sanzioni giudiziarie e al discusto popolare per la scandalosa vita privata, e per le carnevalate da operetta con Gheddafi, ci ha portati all'isolamento politico internazionale che sarebbe aumentato con gravi conseguenze sulla nostra stessa economia oltre che sul prestigio che occorre riottenere tra le nazioni maggiormente responsabili del destino del mondo, Questa è la lettura da dare al pensiero del Capo dello Stato il quale a fatica ha dovuto arrivare a compromessi con la sua natura di pacifista e severo interprete della Costituzione, per salvaguardare gli interessi della nazione. Da parte nostra rispetto per la decisione sofferta ma non condivisione. Le stesse considerazioni hanno guidato il Partito Democratico che ha però auspicato che la logica delle armi ceda a quella della politica, delle pressioni e sanzioni per allontanare il dittatore libico dal potere esercitato con tanta ferocia contro il suo popolo. Nella maggioranza si è andata consumando, tra furbizie, dichiarazioni contraddittorie, una serie di giochi di prestigio che nulla avevano che fare col dovere morale, laico o religioso, di evitare le stragi di vite umane. Preoccupazione della Lega era quella di assicurare l'elettorato che non ci sarebbe stato aumento dei profughi dall' Africa conseguenza delle bombe degli aerei italiani, timore nel Popolo delle Libertà che la crisi di governo minacciata da Bossi si producesse davvero. Il risultato? Altra manifestazione di ambiguità da parte governativa, incomprensibile nella richiesta di fissare un termine alle operazioni aeree in Libia, immediatamente respinta dalla NATO perché impossibile da programmare, come anche l'essere più sprovveduto avrebbe immaginare prima di esporsi al ridicolo.
Gli argomenti indicati, cui dovremmo aggiungere altri, impediti da ragioni spazio, creano un clima di attesa che forse sarà superato con le elezioni amministrative. come c'è da augurarsi, avviando un nuovo corso della politica italiana. Attesa che si produca al più presto un largo movimento popolare a difesa e promozione della democrazia, minacciata dal sovvertimento della Costituzione specialmente là dove lo stato di diritto si identifica con lo stato sociale, dalla volontà della maggioranza di asservire la magistratura al potere politico, dai suoi espedienti per rendere immune Berlusconi non solo dai processi ma anche da ogni tipo di controllo sul suo operato. Da ciò l'urgenza della formazione di un fronte unitario di rigenerazione democratica cui l'ANPI concorrerà rispondendo al mandato storico ed etico che le deriva dall' Antifascismo e dalla Guerra di Liberazione.
Noi partigiani sempre più ridotti di numero per l'età e quanti sempre più numerosi, appartenenti alle generazioni successive si iscrivono alla nostra associazione, avvertiamo che 1' involuzione democratica che la maggioranza produce nel Paese si avvale del revisionismo storico strumentale ben conscia che i principi della nostra democrazia parlamentare sono tratti dalla Resistenza. Da ciò 1' intenzione di formare ad esempio una commissione che prona alle direttive del ministro dell' Istruzione, Gelmini, provochi nei libri di testo scolastici la riabilitazione del Fascismo in sintonia con le iniziative parlamentari per mettere insieme in una nuova categoria ex combattenti partigiani e repubblichini, seguendo il proposito falsificante di riconoscerne l'uguale merito patriottico. Non si tratta di iniziative casuali. Rispondono ad un disegno preciso - ha ragione Asor Rosa- che incoraggia tra l'altro i movimenti fascisti di vario tipo, sino a quelli squadristici dei pestaggi e uccisioni, elementi non secondari della destra internazionale esemplarmente rappresentata in Italia dal berlusconismo sostenuto anche dal qualunquismo populista e razzista della Lega.
Quando Napolitano afferma che bisogna riassumere lo spirito dei Costituenti ci invita a prendere coscienza del vuoto pauroso nelle coscienze, nel quale hanno preso posto l'immoralità privata e pubblica di governanti e pubblici amministratori in dimensioni e diffusione persino maggiori di quella di Tangentopoli, il sistema politico clientelare, lo scadimento della cultura specie nella comunicazione di massa involgarita in modo vergognoso e fautrice di una realtà fittizia fatta passare per veritiera, enorme macchina della teatralità impressa sul vivere comune e artefice del consumismo. A ciò l'ANPI contrappone la Resistenza, per vocazione e compito, accogliendo il monito del Capo dello Stato, la Resistenza non solo per la memoria storica di cui è custode ma anche per il magistero di moralità e, mediante gli indirizzi della Costituzione, di convivenza democratica e solidale.
Dovremmo infine, facendo seguito a quanto mi sono ripromesso all' inizio, meditare anche sulla giornata del 9 maggio dedicata alla memoria delle vittime del terrorismo, con particolare riguardo ai magistrati uccisi dagli estremisti di sinistra e di destra, oggetto di analisi e meditazione per volontà di Napolitano nel giorno in cui trentatre anni fa Aldo Moro venne ucciso dalle Brigate Rosse. L'idea di mettere in relazione la sanguinaria avventura brigatista con la Resistenza, come se derivasse ideologicamente dai partigiani trattenuti e impediti dal compiere la rivoluzione proletaria leninista, si è dissolta da tempo, vanificata dalla verità storica, ma ogni tanto torna fuori appunto per via di un revisionismo servile cui non vale la pena di ribattere mentre appare suggestivo far seguire 1' incontro che dedicammo tempo fa ad Aldo Moro, da un seminario di studi sulla sua figura di politico lungimirante, i cui scritti sono da riconsiderare con rinnovato interesse. Lo giudichiamo indispensabile per riproporre, adattandola al presente, la linea politica che Moro tracciava riconoscendo la molteplicità crescente dei gruppi sociali, ciascuno con la possibilità di contribuire al bene comune mediante il confronto sistematico delle proposte, senza preconcetti ideologici e rigidità di contrapposizioni. Alternativa al compromesso storico volendo mantenere in prospettiva, superata l'intesa governativa momentanea richiesta dall'emergenza, la piena autonomia dei movimenti di massa cattolico e comunista. L' attualità del pensiero di Moro, per quanto ci riguarda direttamente è anche nel suo giudizio della Resistenza, patriottica e polare, inducendo a parteciparvi subito dopo 1' 8 settembre, molti giovani che avevano attraversato il fronte e studenti meridionali ma anche riconoscendole, dopo il 25 aprile, ripercorrendo la storia del Risorgimento, il merito di aver completato l'unità della nazione che non era riuscita del tutto mancando l'adesione convinta e diffusa delle popolazioni meridionali.
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