Tema del film è la storia del Partito comunista italiano, a cento anni dalla sua fondazione, riletta attraverso il prisma del suo radicamento nel Paese e del suo ruolo nella storia d’Italia. Il film, che si avvale quasi integralmente di materiali del patrimonio AAMOD, segue l’evoluzione storica del PCI dal 1921 allo scioglimento, con particolare attenzione verso il partito nuovo delineato da Togliatti e ulteriormente sviluppato da Longo e Berlinguer. La vicenda del partito di massa – con i suoi militanti, la presenza capillare delle sezioni, il giornale diffuso in decine di migliaia di copie, le feste dell’Unità, il lavoro politico tra gli emigrati – viene dunque riletta, evidenziandone il ruolo nelle occupazioni delle terre, nelle mobilitazioni operaie e nelle lotte per la democrazia e la pace, ma anche nel confronto col ’68 studentesco e col movimento femminista. Ne emerge il radicamento crescente del PCI nella società italiana, che culmina nei successi elettorali del 1975-76, scontrandosi però con forti controspinte reazionarie ed eversive e coi processi di ristrutturazione degli anni Ottanta, che contribuiscono a determinare la crisi del partito.
28 ottobre 2021
28 ottobre 1943 - così la Resistenza romana celebra la marcia su Roma: attaccando i fascisti per ogni dove
28 ottobre 1943: così la Resistenza romana celebra la marcia su Roma:
"Nell’anniversario della marcia su Roma vengono attaccate caserme fasciste. (...).
I GAP, 6 partigiani, lanciano bombe a mano e sparano con le pistole contro un corteo fascista in piazza Sant’Andrea della Valle. Feriti 12 fascisti. Gino Bardi, fino a quel momento alla testa della colonna fascista, fugge vigliaccamente, gridando che gli coprano le spalle.
In via Brenta due bombe a mano vengono lanciate contro un piccolo corteo di fascisti che riparano a precipizio nella caserma.
Davanti alla scuola “Gelasi Gaetani” lancio di bombe a mano su di un gruppo di militi fascisti che a squarciagola cantano inni del fascio.
Un milite fascista viene ucciso all’odierno Ponte Matteotti.
Scontri anche a Trastevere, in piazza Sonnino, dove a difendere i militi M intervengono i tedeschi con tre blindati, in viale Mazzini, al Flaminio e a Testaccio.
I fascisti iniziano un’operazione di propaganda, distribuendo nelle cassette delle lettere volantini che invitano gli italiani a sostenere la RSI e i camerati tedeschi.
A Tor di Quinto attacco ai fascisti che si erano riuniti al poligono di tiro. Viene catturato il partigiano Carlo Bracco, torturato poi a Regina Coeli.
Cesare Disaldi con le sue squadre attacca il deposito di benzina tedesco allo stabilimento Bagni Traversa.
Marcello Guarcini, della Guardia di Finanza, aderente alle formazioni socialiste, attacca il Forte Prenestino, impossessandosi di armi e munizioni.
Scontri a fuoco al Quadraro".
Da "Cronologia della Resistenza Romana" a cura di Aldo Pavia
http://www.storiaxxisecolo.it/cronologia/cronoresroma/RESISTENZA%20A%20ROMA%20di%20Aldo%20Pavia.doc
23 ottobre 2021
Ci ha lasciati il grande M° Massimo Pradella. Staffetta partigiana, Volontario della Libertà, presidente onorario della sezione ANPI Esquilino "Don Pappagallo", grande musicista e direttore d'orchestra.
Nato ad Ancona il 5 Dicembre 1924 Massimo Pradella, 96 anni, già direttore dell’orchestra RAI, violinista e pianista, arruolatosi Volontario della Libertà nel neonato Esercito di Liberazione. «Il mio 8 settembre era cominciato ben prima, con l’approvazione delle leggi razziali – ha detto il maestro –. Avevo 14 anni, vivevo ad Ancona, il mio parroco aveva organizzato un concerto e su “La Voce Adriatica” comparve un articolo violento, in cui venivo definito “mezzo sangue” per parte di madre, di cognome Senigaglia. Continuava con accenti provocatori rivolti non solo a me ma agli ebrei in generale. La mia famiglia, preoccupata, si trasferì a Roma. Amo questa città anche perché mi ha salvato. E oggi nonostante gli echi nostalgici, i rigurgiti di quella cupa stagione, temo soprattutto gli indifferenti».
Il maestro Massimo Pradela racconta “il mio 25 aprile”
https://caragarbatella.it/il-maestro-massimo-pradella-racconta-il-mio-25-aprile/
intervista di Carolina Zincone
La casa di Piazza Vittorio è piena di quadri e di libri, di ricordi e vecchie fotografie.
Massimo Pradella, noto direttore d’orchestra, si è svegliato tardi perché nella notte c’è stato il terremoto e ha dormito poco. Però si è preparato per il nostro incontro. Sa cosa dire e cosa mi voglio sentir dire. Ha anche preparato due vassoi diversi, uno nel caso io voglia un tè e uno nel caso preferisca il caffè. Optiamo per il caffè, co-protagonista dell’intervista.
Figlio d’arte, nato da madre pianista e padre pittore, Pradella un tempo si chiamava Padella, ma ad un certo punto gli è stato suggerito di cambiare cognome perché quello originale non era abbastanza artistico per la RAI ( per la RAI è stato direttore stabile dell’orchestra di Torino e dell’Alessandro Scarlatti di Napoli).
In un paio d’ore mi snocciola la sua vita, segnalandomi quali possono essere i punti più interessanti. Si vede che è abituato a dirigere. Ha 84 anni ma (suggerisce) ne dimostra di meno e fa subito una premessa: “Non voglio essere l’ultimo garibaldino”.
“L’ultimo garibaldino” è il titolo di uno dei racconti che andranno a comporre le sue memorie. Quello che mi vuol dire ricordando questo personaggio della sua infanzia ad Ancona è che se l’unità d’Italia ha congelato (osannandoli) i valori garibaldini, con il risultato di segnare per sempre la storia italiana, lo stesso non deve accadere con il 25 aprile, che ha bisogno di pensiero, non di celebrazioni.
Perché si celebra quello che non c’è più, mentre il 25 aprile deve restare vivo.
Ecco allora che il pensiero di Pradella ci riporta agli anni delle leggi razziali durante i quali lui, nato da una madre ebrea che caratterizza la famiglia, deve cercare di rendersi invisibile anche se non vuole e non sempre ci riesce. I giornali di Ancona descrivono il giovane musicista come un “bastardo” e una volta viene preso seriamente a bastonate.
Curato in un albergo vicino alla stazione da un amico poi morto a Mauthausen, non lo dice ai suoi per non impensierirli. La famiglia si salva trasferendosi tra il ’39 (il padre) e il ’41 (il resto della famiglia) da Ancona alla Garbatella, dove nessuno conosce i Padella né tanto meno il cognome sospetto della mamma, Senigaglia.
Massimo doveva partire in guerra con l’ultimo scaglione, ma grazie alla balbuzie (ora passata) e ad un amico dottore che vive nel suo stesso lotto finisce in “segregazione” con i cosiddetti malati di mente.
Esperienza, questa, a quanto pare non meno dura.
Vive in un grande appartamento in Piazza Oderico da Pordenone che si pente di non aver mai comprato e che lascerà nel ’57, quando si sposa.
Sono le case dell’INCIS (poi IACP e ora ATER), quelle con la grande finestra centrale da cui Mussolini le inaugurò e che videro sventolare la bandiera di Massimo il 25 luglio del ’43. E’ così che il ragazzo diventa un vero abitante del quartiere, un quartiere che lo protegge e per il quale combatte.
E’ molto emozionato nel ricordare tutto, ma menziona molto volentieri e con profonda riconoscenza i nomi di tutte quelle famiglie del lotto numero 1 che hanno aiutato la sua: la famiglia Jatosti, con il padre della scrittrice Maria, comunista perseguitato, che ha molto contribuito alla sua formazione politica e culturale (“tanto per fare un esempio mi ha dato da leggere Il tallone di ferro di Jack London, famoso libro di iniziazione”); il colonnello Pirro, che prestava servizio presso il tribunale militare fascista ma faceva parte della Resistenza e lo salva dalla soffiata di una signora fascista che viveva nello stesso lotto e al mercato l’aveva sentito parlar male dei tedeschi; Antonio Carcaterra, il professore di diritto romano che faceva la Resistenza con la Democrazia Cristiana. Così come ricorda i Floris, che lo tengono nascosto in Via Giustino De Jacobis quando smette di fare il finto attendente.
Chiedo a Pradella come reagisse la sua famiglia di fronte a tutte queste sue peripezie solitarie e mi risponde che “in una situazione di continua emergenza, la paura non esisteva, eravamo pronti a tutto”. E anche un po’ incoscienti, come lo zio Giorgio, che avrebbe fatto una brutta fine, incappato in un rastrellamento e portato a Regina Coeli se non fosse stato fatto uscire dal carcere da un vicino di casa, Giusto Amato (nomen omen), che Pradella chiama “Il Giusto”: un cancelliere del tribunale, cattolicissimo, che durante i bombardamenti faceva il rosario.
La casa dei Padella, d’altra parte, è divenuta un punto di raccolta, se non altro perché molti figli dei vicini vanno a studiare pianoforte dalla mamma, “grande pedagoga”. Da parte sua, il giovane Padella si impegna in numerose azioni, distribuendo tra l’altro i giornali clandestini in compagnia di giovani coraggiosi come Richi Possamai. Sono gli anni di una Resistenza molto nascosta: il piccolo gruppo della Garbatella è coordinato da un giovane anarchico che Pradella ricorda benissimo: voleva dare un’ultima mitragliata a dei carri di cavalli pieni di tedeschi feriti che ripiegavano verso San Paolo mentre loro osservavano acquattati sotto gli archi di Sant’ Eurosia. Massimo decise di scongiurare l’attacco impossessandosi dell’arma, ma è ancora arrabbiato con l’amico che poco dopo si rifiuta di partecipare alla Guerra di Liberazione al grido di “io non combatto al fianco dei badogliani!”.
In nessun modo condivide questo estremismo, lui che si definisce “un militante tranquillo” e che estremista non è mai stato.
La Guerra di Liberazione porta così allo spartiacque del 1944, “sì, perché c’è un prima e c’è un dopo: il 4 giugno viene liberata Roma e il 5 mi iscrivo al PCI”.
Il PCI, la Villetta, Garbatella. E’ questo il contesto in cui Pradella colloca il 25 aprile dell’anno successivo. Volontario, lui sì, nell’esercito di liberazione, viene ricoverato al Celio con una pleuropolmonite fino a pochi giorni prima della Liberazione, ma non ha diritto ad essere curato con la penicillina perché non viene dal fronte. Questo particolare poco eroico lo fa ancora sorridere, come lo fanno sorridere i ricordi dei compagni di sezione che gli allietano la convalescenza quando esce.
E’ qui che nasce l’amicizia con Cosmo Barbato – quel “bellissimo ragazzo dall’entusiasmo quasi esagerato” che diviene ben presto la sua guida politica – e con Alfredo Bartoli (operaio del gas ai forni e poi geometra dalle scuole serali) a cui ricorda di aver voluto un gran bene. Questo momento di stasi obbligatoria, richiesto dalla recente malattia, comporta un calo di tensione, dopo gli anni terribili da cui escono lui e la sua famiglia, e in questo stato di languore si lascia accogliere e indirizzare all’azione politica, ricambiando le attenzioni con la musica che studia al Conservatorio di Santa Cecilia. Ecco allora il concerto che si doveva tenere presso la scuola Cesare Battisti e che si svolge invece proprio alla Villetta, il 23 settembre del 1945.
In quegli anni la Villetta (“questo ci tengo a dirlo”) è stata per il giovane Pradella tutto quello che la sua vita di musicista gli aveva impedito di avere: le amicizie di scuola e dell’università con cui andare al bar la sera o fare il ragazzaccio. La Villetta come momento di riscatto, anche simbolico, dei rapporti sociali e di vita quotidiana.
Nel 1953, però, poco dopo la morte di Stalin scoppia il caso Beria. L’ex capo della polizia segreta viene “liquidato” durante una riunione del comitato centrale del PCUS e l’annuncio della sua morte viene dato alla fine dell’anno. E’ allora che Pradella comincia a mettere in discussione la natura del regime sovietico. In occasione di un congresso di sezione sostiene che “se Beria andava male anche Stalin va male”, e fa così quello che definisce “un mio XX Congresso tre anni prima”. In quel momento però certe cose non si potevano ancora dire, non si era preparati.
Per questo Pradella decide di non iscriversi più al PCI.
Cosa di cui si accorgono in pochi, “visto che ho fatto sempre il comunista, anche se da non iscritto e con un’anima critica, perché era difficile riaggrapparsi ad un’esperienza così negativamente…finita”. Tant’è che nel ’71 rientra nel partito, presentato da Giorgio Napolitano alla sezione di Monteverde, per non uscirne più e seguirne le varie trasformazioni fino al PD di oggi.
Adesso che sente di poter fare un bilancio della sua esperienza politica si dice convinto del fatto che la politica sia “l’arte del possibile” e non uno strumento per discettare sul sesso degli angeli. Per questo teme più di ogni altra cosa l’oltranzismo, soprattutto quello dettato dalla buona fede. Non a caso quando veniva rincorso dalle SS pregava che gli inseguitori fossero in cattiva fede e quindi facilmente “corrompibili”.
Il fascismo, poi, è “una filosofia pericolosa”. I suoi aspetti apparentemente innocui, il conformismo, il qualunquismo, il “me ne frego”, vanno monitorati e bloccati sul nascere, perché costituiscono il brodo di coltura di pericolose derive e sciagurate alleanze. Quando, nel ’54, per motivi di lavoro gli fu chiesto di cambiare cognome, Pradella considerò spontaneamente l’ipotesi di prendere il nome della madre. Fu lei, in ginocchio, a supplicarlo di non farlo, “perché tutto può tornare”.
E qualcosa sta già tornando, “qualcosa che per certi aspetti assomiglia più al nazismo che al fascismo, per l’odio razziale che alimenta contro gli “extracomunitari”. Sul come reagire, come difendersi e cosa proporre Pradella è scettico: “la globalizzazione che in qualche modo abbassa i cervelli, allo stesso tempo allarga la sfida, dovendo persuadere chi storicamente andava a rimorchio.
Ma il mondo borghese non è pronto. Tradizionalmente elitario, non è ancora in grado di pensare a tutti – e un nuovo ordine economico veramente socialista attende un nuovo Carlo Marx.
Vedi anche:
https://www.noipartigiani.it/massimo-pradella/
21 ottobre 2021
Ordine del giorno approvato all’unanimità dal Direttivo del Comitato Provinciale dell’ANPI di Roma nella seduta del 19 ottobre 2021
Il comitato provinciale dell'ANPI di Roma riunito il 19.10.2021, augura al nuovo primo cittadino della capitale, il Sindaco di Roma on. Roberto Gualtieri, buon lavoro per affrontare le tante impegnative sfide che l'attendono.
L'affermazione di Gualtieri a Roma si produce nel quadro di una forte sconfitta della destra di Salvini e Meloni, a Torino, Latina, Varese, Frascati, Bracciano e al primo turno tra le altre a Milano, Bologna, Napoli e Salerno, con un risultato politico di importanza nazionale, che si pone a sbarramento della destra nei suoi propositi di occupazione del potere nazionale.
Il quadro politico esce tuttavia dalle elezioni amministrative fragilizzato dalla forte astensione popolare al voto. In oltre trent'anni dalla promulgazione delle nuove leggi elettorali amministrative, a Roma la partecipazione è calata di circa il 30%. Ai ballottaggi, come di consueto, la partecipazione non aumenta ma diminuisce. Lo sgretolamento dei cinque stelle lascia in libera uscita il voto di protesta che cinque anni fa aveva in parte canalizzato. L'astensione è sempre più forte soprattutto nelle periferie. Il sistema politico ne esce indebolito, con la maggioranza degli elettori che non riconosce più nel voto qualcosa di fondamentale per migliorare la propria vita, con forti incertezze sul futuro e sulle possibili fluttuazioni dell'opinione pubblica.
Non bastano i buoni propositi, per evitare che il malcontento popolare si saldi a questa destra estrema, parlamentare e non, è necessario recuperare alla partecipazione la maggioranza della popolazione, cominciando da un lato col rivedere sistemi maggioritari di selezione della rappresentanza che escludono troppi cittadini; dall'altro mettendo mano a tutte quelle riforme necessarie alla piena attuazione dei principi costituzionali di libertà, democrazia, e giustizia sociale. La riforma fiscale che si appresta ad esaminare il parlamento è in questi tempi decisiva per risollevare tutto il paese dalla crisi economica. Crisi che i numeri aggregati nazionali ci danno per superata ma che non lo è affatto per milioni di disoccupati e di lavoratori e lavoratrici poveri, per centinaia di migliaia di cassaintegrati.
L'ANPI provinciale di Roma condanna nuovamente e con forza l'assalto fascista di sabato 9 ottobre alla sede nazionale CGIL, considerando gravissime le responsabilità governative per quanto successo, ascrivibili appunto anzitutto all'azione di governo, tenuto a garantire la sicurezza dei cittadini e delle organizzazioni politiche e sindacali, affinché possano svolgere liberamente le loro funzioni.
Invita la presidenza provinciale e tutte le sezioni a riunire urgentemente tutte le forze antifasciste del territorio e dei luoghi di lavoro e di studio per rilanciare forme e modi della vigilanza e della mobilitazione unitaria contro la violenza fascista; a prendere contatto con le nuove amministrazioni; a chiedere l'approvazione di delibere che vietino la concessione di spazi pubblici a formazioni che si dichiarino fasciste e non si riconoscano nei principi di libertà della Costituzione repubblicana nata dall'antifascismo e dalla Resistenza; invita le stesse sezioni ad avviare, ove non sia cominciato, il lavoro di raccolta e dossieraggio dell'attività e della violenza fascista.
Il comitato provinciale ANPI Roma invita infine tutte le iscritte e tutti gli iscritti a partecipare in massa il prossimo 26 ottobre alle 17,30 al Teatro Argentina, all’iniziativa che si terrà in ricordo della nostra cara presidente nazionale Carla Nespolo, scomparsa un anno fa. L'intervento conclusivo della manifestazione sarà tenuto dall'attuale presidente nazionale, compagno Gianfranco Pagliarulo.
19 ottobre 2021
Il 19 ottobre 1920 nasceva il partigiano combattente e sindacalista Piero Boni
Piero Boni
Giovane di idee socialiste si era battuto, durante la Resistenza, alla testa di una delle Brigate "Matteotti". Dopo dieci mesi di scontri con i nazifascisti, per i quali è stato decorato al valor militare, "Piero Coletti" (questo il suo nome di battaglia), aveva partecipato alla liberazione di Parma.
Membro dell'Ufficio sindacale del PSI, nel primo dopoguerra Piero Boni entrò a far parte della Segreteria della CGIL. Nominato membro del CNEL nel 1958, in rappresentanza della Confederazione, sarà confermato in quel ruolo sino al 1995. Nella primavera del 1960, Boni è eletto, a fianco di Luciano Lama, segretario generale aggiunto della FIOM e membro dell'Esecutivo della CGIL, incarico che gli verrà confermato nel 1962 e nel 1964, a fianco di Bruno Trentin.
Segretario generale aggiunto del sindacato sino al 1977, anno in cui si dimetterà dalla Segreteria per assumere la presidenza della "Fondazione Giacomo Brodolini" Piero Boni è stato anche, per alcuni anni, membro del Comitato economico della Unione Europea. Da molti anni faceva parte della presidenza onoraria dell'ANPI.
Vedi anche:
https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/1943-gli-operai-incrociano-le-braccia/
16 ottobre 2021
15 ottobre 2021
16 ottobre 1943: La deportazione degli ebrei di Roma
La "soluzione finale" per gli ebrei romani arriva il 24 settembre 1943 con l'ordine da Berlino di "trasferire in Germania" e "liquidare" tutti gli ebrei "mediante un'azione di sorpresa". Il telegramma riservatissimo è indirizzato al tenente colonnello Herbert Kappler, comandante delle SS a Roma. Nonostante il colpo delle leggi razziali, gli ebrei a Roma non si aspettano quello che sta per accadere: Roma è "città aperta", e poi c'è il Papa, sotto l'ombra della cupola di San Pietro i tedeschi non oserebbero ricorrere alla violenza. Le notizie sul destino degli ebrei in Germania e nell'Europa dell'Est sono ancora scarse e imprecise. Inoltre, la richiesta fatta il 26 settembre da Kappler alla comunità ebraica di consegnare 50 chili d'oro, pena la deportazione di 200 persone, illude gli ebrei romani che tutto quello che i tedeschi vogliono sia un riscatto in oro. Oro che con enormi difficoltà la comunità riesce a mettere insieme e consegnare due giorni dopo in Via Tasso, nella certezza che i tedeschi saranno di parola e che nessun atto di violenza verrà compiuto. Nelle stesse ore le SS, con l'ausilio degli elenchi dei nominativi degli ebrei forniti dall'Ufficio Demografia e Razza del Ministero dell'Interno, stanno già organizzando il blitz del 16 ottobre.
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Le persone rastrellate vengono caricate su camion |
C'è una lapide sulla facciata della Biblioteca di Archeologia e Storia dell'Arte a Via del Portico d'Ottavia, quasi di fronte alla Sinagoga. Ricorda che "qui ebbe inizio la spietata caccia agli ebrei". Qui, in un'alba di 56 anni fa, si radunarono i camion e i soldati addetti alla "Judenoperation" nell'area del ghetto, dove ancora abitavano molti ebrei romani. Il centro della storia e della cultura ebraiche a Roma stava per vivere il suo giorno più atroce. «Era sabato mattina, festa del Succot, il cielo era di piombo. I nazisti bussarono alle porte, portavano un bigliettino dattiloscritto. Un ordine per tutti gli ebrei del Ghetto: dovete essere pronti in 20 minuti, portare cibo per 8 giorni, soldi e preziosi, via anche i malati, nel campo dove vi porteranno c’è un’infermeria», così Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, ha ricordato quella mattina del 16 ottobre 1943.
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Rapporto di Kappler sull'arresto e la deportazione degli ebrei romani |
Il 15 ottobre del 1924 nasceva a Roma il partigiano combattente Ferdinando De Leoni.
Partigiano combattente sulla linea gotica, già presidente dell'ANPI provinciale di Roma fino al 2001 e membro della presidenza nazionale ANPI.
Ferdinando dei Leoni nato a Roma il 15 ottobre 1924, studente del liceo Tasso a Roma entra nel Partito d'Azione clandestino appena costituitosi nel luglio del 1942.
Dopo l'8 settembre a Porta San Paolo, arrestato a Roma dalla Polizia Africa Italiana (P.A.I.) alla fine del novembre 1943 e rinchiuso verso la metà di dicembre al Forte Pietralata a Roma, con l'accusa di renitenza alla leva, ribellione e cospirazione. E ‘condannato a morte. Evaso il 23 gennaio del 1944 in concomitanza con lo sbarco di truppe alleate ad Anzio. In clandestinità fino al 19 marzo dello stesso anno, quando in corso di trasferimento di alloggio viene fermato da una pattuglia tedesca. È condotto a Firenze. Da quella località (caserma di Scandicci) centinaia di giovani lì concentrati, moltissimi romani, vengono tradotti in Germania per costruire l'esercito repubblichino.Invece, insieme ad altri venti, venticinque romani viene condotto a La Spezia per formare un presidio dell’esercito. Alloggiato nell'ex Ospedale militare marittimo in Via dell’Arsenale, vuoto ed abbandonato dall'8 settembre del 1943.
Il presidio è costituito da: due ufficiali Alberto Maurizio e Gaetano Falciola, il sergente Sante Ruggeri; 20 25 giovani romani. Ferdinando prende contatto con la Resistenza a Bolano, (incontra Vero del Carpio “Boia”, segretario provinciale del partito d'azione di La Spezia) si fa riconoscere ed è incaricato di organizzare la diserzione del reparto dei soldati ufficiali dell'esercito della Repubblica Sociale Italiana, dov'era stato forzatamente inserito, impossessarsi delle armi e delle munizioni e della cassaforte del reparto stesso.
Si confida con Alberto Moizo, sottotenente nel reparto militare, lo convince, diventano amici e lo resteranno per sempre.
Svolge opera di propaganda tra gli altri componenti del reparto militare.
Tutto è pronto per la fine di maggio. Si ammala viene ricoverato per più di un mese al senatorio di Filettino, ospedale di La Spezia fuori della città. Esce ai primi di luglio, Alberto Moizo gli dà carta bianca, lui penserà solo a convincere l'altro ufficiale Gaetano Falciola. Prende contatto con una cellula del P.C.I. della Spezia la guida un certo Orazio Montefiore, prendono un appuntamento presso la stazione ferroviaria di La Spezia, avvisa il distaccamento composto da 10 uomini a Levanto. Si reca al carcere di Migliarina a La Spezia e convince altri 10 uomini custodi di servizio, libera tutti i detenuti (tutti politici e quasi tutti jugoslavi e ucraini due russi due jugoslavi). L'evasione si concretizza con l'adesione di due ufficiali, un sergente 25 uomini e le forniture costituite da armi e munizioni. Dalla Spezia guidati da un componente della cellula del partito comunista sono portati in prossimità di Ponzanello di Fosdinovo, sul lato orientale di Monte Grosso nella formazione Garibaldi comandata da Bruno Caleo detto “Fiume” e successivamente nella Brigata “Falco” di Giustizia e Libertà, comandata da Alfredo Contri, nella Bassa Lunigiana ai Campacci sopra Tenerano.
Poi, dopo il rastrellamento nazi-fascista del 24 Agosto 1944, si inserisce nella ricostituita Brigata “II Carrara”, sempre comandata da Alfredo Contri con la sede del comando di Brigata a Castelpoggio di Carrara e che lungo il crinale della “Spolverina” copriva il territorio fino a Pulica di Fosdinovo e alla Valle della Pesciola.
Dopo il rastrellamento nazi-fascista del 29 e 30 novembre 1944 passa il fronte alla metà del mese di Dicembre e dopo un periodo di detenzione a Napoli nei campi Americani torna a Roma.
A Roma svolge un’intensa attività politica e di organizzazione dell’ANPI romana, diventando Presidente del Comitato provinciale di Roma.
Continua, per tutta la vita, una costante, tenace ed appassionata militanza in tutta Italia per i diritti umani e per i valori della resistenza, nell’ANPI ed in ogni ambito della sua vita. Si prodiga per i giovani e per la trasmissione della Memoria, un maestro amato da moltissimi giovani. Ci ha lasciato il 14 novembre 2011
Accolto nel Giardino dei giusti nel 2012
10 ottobre 2021
Solidarietà al personale sanitario, agli agenti di pubblica sicurezza e ai giornalisti vittime della violenza fascista
Il comitato provinciale dell’ANPI di Roma esprime
solidarietà al personale sanitario e agli agenti di pubblica sicurezza rimasti
feriti dagli assalitori dell’ospedale Umberto I di Roma, che volevano “liberare”
un loro sodale lì ricoverato in stato di fermo dopo i disordini che hanno
caratterizzato la bruttissima giornata di ieri. Condanna l’accaduto in quanto
atto di estrema gravità, che colpisce un luogo pubblico destinato a garantire la
salute delle persone e devastato senza riguardo alcuno.
Esprime altresì la più grande solidarietà ai giornalisti
minacciati con un badile in Via del Corso da violenti che lì stavano erigendo
barricate.
Abbiamo più volte denunciato come le manifestazioni novax fossero pericolosamente infiltrate dai fascisti, ieri anche i più “scettici” hanno dovuto ricredersi. Apprendiamo che sono stati operati 12 arresti, tra i quali figurano i dirigenti di Forza Nuova Fiore e Castellino. Siano individuati tutti i responsabili di reati contro le persone, le cose, le Istituzioni, le strutture sindacali e ospedaliere e, non ci stancheremo mai di ribadire, siano sciolte tutte le organizzazioni fasciste.
Enrico Michetti sulla Shoah. L'ANPI provinciale di Roma condanna le indegne frasi pronunciate dal candidato sindaco di Roma
09 ottobre 2021
Assalto fascista alla sede della CGIL Nazionale. Dura condanna dell'ANPI provinciale di Roma e solidarietà alla CGIL
Già abbiamo visto in tempi non troppo remoti gli assalti fascisti alle sedi dei partiti, dei sindacati, dei giornali democratici ed è assolutamente intollerabile che tali efferate azioni si ripetano come se nulla fosse.
Nell’esprimere la più totale solidarietà alla CGIL, alla quale ci stringiamo, chiediamo che vengano immediatamente sciolte, senza se e senza ma, tutte le organizzazioni che si rifanno al fascismo che è, se ancora non fosse chiaro, un crimine!
03 ottobre 2021
4 ottobre 2021: Roma con Mimmo Lucano. Presidio in solidarietà
Lunedì 4 ottobre 2021 - ore 17.00
ROMA CON MIMMO LUCANO! PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ A PIAZZALE ALDO MORO
La condanna in primo grado dell’ex Sindaco di Riace, Mimmo Lucano, a 13 anni e 2 mesi, quasi il doppio della pena richiesta dell’accusa, è incomprensibile.
Una sentenza inaudita, senza equilibrio, di cui vorremo leggere nel dettaglio le motivazioni.
Consideriamo, di fatto, questa pronuncia come un preoccupante tentativo di intimidazione contro una persona e contro quelle Amministrazioni locali
che con più coraggio si cimentano nell'accoglienza e, soprattutto, nell'integrazione reale delle persone, perché hanno interpretato a vantaggio dei richiedenti asilo e dei più sfortunatati i limiti di leggi sbagliate ed ingiuste.
Questa appare la "colpa" di Lucano.
Ed è innanzitutto l'umanità, il sentimento di aiuto e vicinanza e fiducia verso il prossimo, che rischiano di essere profondamente feriti da questa sentenza.
Vogliamo ribadire la nostra solidarietà e vicinanza umana e politica a Mimmo Lucano, un uomo giusto che ha sempre agito per il bene degli altri.
Ci mobilitiamo a Roma a Piazzale Aldo Moro lunedi 4 ottobre dalle ore 17 per rendere visibile la voce di quella parte d'Italia che non si arrende alla criminalizzazione della solidarietà, dell'accoglienza e dell'umanità.
A Piazzale Aldo Moro ci incroceremo con il presidio lanciato nella stessa piazza dalle reti studentesche
https://www.facebook.com/events/399201794914564
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L'evento è aperto a tutti/e i cittadini e le cittadine, le associazioni, organizzazioni, collettivi, comitati che si riconoscono nei valori dell'antirazzismo, dell'anticolonialismo e della solidarietà.
Per aderire e essere inseriti tra gli organizzatori è possibile scrivere a
romaxmimmolucano@gmail.com
o segnalate adesione con post su questo evento
Promuovono:
ANPI Roma
ARCI Roma
CGIL Roma e Lazio
FORUM TERZO SETTORE Lazio
Adesioni:
LIBERA Roma
Nonna Roma
ANPI Colleferro
Csa Astra
Lab Puzzle
Csa Brancaleone
Csoa la Strada
Villetta social Lab
Casetta Rossa
Cara Garbatella
Action
Spin time labs
Mediterranea Roma
Csoa Spartaco
Cinecittà Bene Comune
Solid Roma
Ass. Enrico Berlinguer
Collettivo politico Galeano
Scomodo
Focus - Casa dei diritti sociali
Avo
Nessun luogo è lontano
Associazione Genitori Di Donato
Corviale domani
Associazione Aurora
Associazione Parsec
Parsec agricolture
Cooperativa Magliana 80
Fonte di Ismaele
Federconsumatori Roma-Lazio
Calcio Sociale
Confederazione delle Sinistre Italiane
Comitato Possibile Roma
Sinistra Civica Ecologista
Roma Futura
K_alma Falegnameria sociale
Roma Best Practices Award
Mamma Roma e i suoi figli minori
Conferenza Regionale del Volontariato Lazio
Gruppo Palade
Centro Interculturale Cielo Azzurro
ANPPIA Roma
NIBI: Neri Italiani - Black Italians
Giuristi Democratici - Sezione di Roma "Gianni Ferrara"
Animali Celesti Teatro d'Arte civile
Progetto Amunì
Ultimi 2 non di Roma
Suq Genova Festival e Teatro
Bianco e nero e a colori
Probono onlus
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Ripudia intolleranza, razzismo e antisemitismo.
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