09 maggio 2025

9 maggio 1978: l'assassinio di Peppino Impastato

Nella notte tra l'8 e il 9 maggio 1978, il giovane giornalista e attivista politico Peppino Impastato venne assassinato a Cinisi dietro mandato del boss della locale cosca mafiosa Gaetano Badalamenti. Il suo cadavere, posizionato sui binari ferroviari della linea Palermo-Trapani, venne fatto esplodere con una carica di tritolo per simulare un falso attentato e sviare le indagini negli ambienti della sinistra da lui frequentati.

Nato a Cinisi nel 1948 da una famiglia fortemente legata alla mafia locale, iscrittosi al Partito Socialista di Unità Proletaria nel 1965 e successivamente passato a Lotta Continua, aveva fondato nel 1977 l'emittente radiofinanziata Radio Aut, dai cui microfoni aveva condotto un'importante campagna di controinformazione volta a colpire i potentati mafiosi della zona, denunciando fenomeni di corruzione, abusivismo, soprusi, clientelismi e scempi ambientali.

«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante nel davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione a rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore».

8-9 maggio: la capitolazione della Germania nazista

Il 7 maggio 1945, alle ore 2:41, dopo aver ricevuto precise istruzioni in merito da parte dell'ammiraglio Karl Dönitz, divenuto Presidente del Reich in attuazione delle volontà testamentarie dello stesso Hitler, venne firmata a Reims dal generale Alfred Jodl, capo di stato maggiore della Wehrmacht, la resa incondizionata della Germania alle forze alleate: a partire dalle ore 23:01 del successivo 8 maggio, le forze armate tedesche avrebbero dovuto cessare ogni atto di ostilità contro le armate alleate in tutto il teatro di operazioni europeo.

Su pressione dei sovietici, che intendevano far sì che la capitolazione tedesca avvenisse nella capitale del Reich ormai ridotta in maceria, il comandante supremo delle forze alleate in Europa, il generale Eisenhower, acconsentì ad un atto di resa più formale e completo: il testo presentato a Reims venne perciò sottoposto a delle modifiche che sancirono l'obbligo per i tedeschi di deporre le armi e consegnarsi agli Alleati, permettendo tuttavia ai rappresentanti di ciascuna delle forze armate tedesche di firmare l'atto di resa. Fu così che, poco dopo la mezzanotte del 9 maggio, il feldmaresciallo Wilhelm Keitel in rappresentanza della Wehrmacht, l'ammiraglio Hans-Georg von Friedeburg in rappresentanza della Kriegsmarine e il generale Hans-Jürgen Stumpff in rappresentanza della Luftwaffe firmarono la resa della Germania al cospetto del maresciallo sovietico Georgy Zhukov, del maresciallo capo dell'aeronautica Sir Arthur William Tedder, britannico, del comandante delle forze aeree strategiche Carl Spaatz, statunitense, e del generale francese Jean de Lattre de Tassigny.

Seppur siglata alle prime ore del 9 maggio, la firma della capitolazione fu retrodatata alle 23:01 del precedente 8 maggio al fine di allinearla con l'orario inizialmente previsto dalla resa incondizionata di Reims, quando a Mosca era però già passata la mezzanotte: è questo il motivo per cui vari Paesi occidentali (Francia, Regno Unito, Slovacchia, Repubblica Ceca) e l'Ucraina festeggiano il Giorno della Vittoria l'8 maggio, mentre in Russia e in altri Stati dell'Europa orientale lo si festeggia il 9.

04 maggio 2025

Il 4 maggio del 1945 cadeva il partigiano Giorgio Marincola, nella Val di Fiemme, nei giorni dell'ultima strage nazista sul suolo italiano.



Giorgio Marincola nacque in Somalia a Mahaddei Uen da un sottufficiale italiano, Giuseppe Marincola e da una donna somala Aschirò Hassan.
A Roma Giorgio Marincola fu allievo del professor Pilo Albertelli, comandante del Partito d’Azione assassinato dai nazifascisti alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944.
La sua formazione culturale all’antifascismo si intrecciò con la sua vicenda personale, facendo di Marincola non solo un partigiano italiano dalla pelle nera ma un esempio «visivo» dei valori di libertà, uguaglianza, emancipazione sociale e democrazia che la Resistenza oppose irriducibilmente, come idea alternativa di società, contro la barbarie nazifascista.
Entrato in clandestinità nel 1943 nelle fila del Partito d’Azione, Giorgio Marincola divenne uno dei protagonisti della Resistenza a Roma proseguendo poi la lotta antifascista sia nel viterbese sia nelle fila dell’intelligence militare britannica, lo Special Operations Executive.
Aviolanciato nell’agosto 1944 nella zona di Biella per alimentare la guerriglia partigiana in Piemonte venne catturato dai nazisti nel gennaio 1945 e successivamente deportato a Bolzano da dove venne liberato il 30 aprile 1945.
Aggregatosi ad una banda partigiana della Val di Fiemme venne ucciso il 4 maggio del 1945 a Stramezzino nel corso di uno scontro a fuoco contro un’autocolonna di SS in ritirata.

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03 maggio 2025

3 maggio 1944: l'assassinio di Caterina Martinelli: "una madre che non poteva - sentir piangere dalla fame - tutti insieme - i suoi figli


    
A seguito della riduzione a 100 grammi della razione giornaliera di pane per ogni abitante di Roma decretata dal generale Malzer, comandante della piazza di Roma, il 26 aprile del 1944, tra aprile e maggio di quell'anno si susseguirono sempre più numerosi gli assalti ai forni della capitale da parte delle donne romane, spesso protette in queste rischiose azioni da nuclei armati delle locali formazioni partigiane.
    Il 3 maggio 1944, dopo aver dato l'assalto ad un forno della borgata di Pietralata, Caterina Martinelli e altre donne furono bloccate all'altezza di Via del Badile da un plotone della Polizia dell'Africa Italiana mentre tentavano la fuga. Al rifiuto di restituire quanto avevano preso per poter sfamare i propri figli, uno dei militi esplode una raffica di mitra che uccide sul colpo Caterina, che stringeva al petto una pagnotta e la figlia appena nata, ferita gravemente. 
    Il giorno dopo, il partigiano e poeta Mario Socrate appose sul luogo dell'eccidio un cartello che così recitava: «Qui i fascisti hanno ammazzato / Caterina Martinelli / una madre che non poteva / sentir piangere dalla fame / tutti insieme / i suoi figli». Prontamente rimosso dalle autorità occupanti, il testo venne ripreso nella lapide che ancora oggi ne ricorda l'assassinio per mano fascista, in Via del Badile, 16.

02 maggio 2025

2 maggio 2014: la strage di Odessa


Il 2 maggio del 2014, elementi neonazisti ucraini appiccarono il fuoco alla Casa dei Sindacati di Odessa, dove si erano rifugiati diverse decine di manifestanti filorussi a seguito degli scontri avuti in precedenza con i sostenitori della rivoluzione di Maidan. Le cifre ufficiali parlando di almeno quarantadue vittime arse vive e massacrate a colpi di spranghe, bastoni e coltelli, anche se il bilancio potrebbe essere stato assai maggiore.

01 maggio 2025

1° maggio 1947: la strage di Portella della Ginestra



La mattina del 1° maggio 1947, circa duemila lavoratori, in prevalenza uomini con donne e bambini al seguito, muovono dai paesi di Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e San Cipirello verso la piana di Portella della Ginestra per festeggiare il 1° maggio. La località montana, circoscritta dalle alture rocciose dei monti Pelavet, Maja e Kumeta, si riempie rapidamente di più di duemila persone, desiderose di ascoltare il comizio tenuto da Giacomo Schirò, calzolaio di San Giuseppe Jato, e di festeggiare il grande risultato conseguito alle precedenti elezioni dell'Assemblea regionale siciliana dal Blocco del Popolo, coalizione formata da candidati del Partito Socialista e del Partito Comunista. È la prima volta dall'avvento del fascismo che la Festa dei lavoratori torna ad essere festeggiata il 1° maggio: sotto il fascismo era infatti stata spostata al 21 aprile perché coincidesse con l'anniversario della fondazione di Roma.

Poco dopo che l'oratore ha cominciato il suo discorso, dal vicino monte Pelavet vengono esplose numerose raffiche di mitra, fucili e mitragliatrici che colpiscono la folla mietendo undici vittime, tra cui quattro bambini, mentre altre ventisette rimangono ferite. A sparare sulla folla inerme sono gli uomini di Salvatore Giuliano, i quali avevano tenuto in ostaggio quattro cacciatori incontrati per caso nella zona della strage al fine di evitare che potessero dare l'allarme, per poi uccidere sulla via del ritorno il campiere Emanuele Busellini, noto per essere un informatore delle forze dell'ordine. Inoltre, elle settimane successive, altre sei persone moriranno a causa delle ferite riportate.

Sebbene i vari processi susseguitisi negli anni immediatamente successivi non siano riusciti a far luce sui mandanti, appare evidente la matrice reazionaria e anticomunista della strage, cui seguirono attacchi contro le sedi delle Camere del Lavoro e del PCI in varie località delle province di Trapani e Palermo: le istanze della mafia e degli agrari si scontrano con le rivendicazioni di contadini e braccianti, che con la vittoria della coalizione social-comunista avevano cominciato a sperare in un moto di rinnovamento politico e sociale. In questo contesto la figura del bandito Giuliano, già militante del Movimento Indipendentista Siciliano e fervente anticomunista, divenne il braccio armato di chi voleva difendere ad ogni costo il mantenimento dello status quo.

La strage di Portella della Ginestra fu la prima delle molte stragi di matrice politica che insanguinarono l'Italia nel secondo dopoguerra.

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