16 gennaio 2013
Intervista a Carlo Smuraglia, presidente Anpi: «Antifascismo e democrazia sono la stessa cosa...».
"In questo paese spesso si tenta di negare il fascismo come esperienza terribile. Purtroppo il comico è in buona compagnia"
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Di Toni Jop
«I casi sono due: o Grillo non coglie che antifascismo e democrazia sono la stessa cosa, oppure vuole solo guadagnare voti e quindi la sua scelta non è commendevole»: Carlo Smuraglia - sue queste parole -, presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, è uno dei più tenaci pontieri che stanno cercando di traghettare nel prossimo futuro un Paese dalle mille anime ma solidale attorno ad alcuni principi fondanti per tutti. E l’antifascismo è, per diritto costituzionale tra l’altro, uno di questi principi. Il fatto è che il leader dei 5 Stelle si è in questi giorni meritato l’attenzione allarmata dei democratici italiani, e non solo, per un paio di scivoloni sventurati.
Di cui il secondo «allestito» per sdrammatizzare il primo. In un video registrato davanti al Viminale, si vede e si sente Grillo argomentare con i ragazzi di Casa Pound. Qualcuno gli chiede se sia antifascista e lui risponde, pensandoci, «Non mi compete». E poi, offre ospitalità a quei ragazzi nel suo movimento, ché tanto - afferma - si fa fatica a distinguerli dai Cinque Stelle. Il giorno dopo, sempre Grillo, assediato dalla rabbia di molti dei suoi, tenta di correggere il tiro; precisa di non essere fascista e di non avere simpatie per il fascismo, e tuttavia non cancella il rifiuto dell’ombrello antifascista. Così è andata, male.
In quel rifiuto di Grillo, alla testa di un movimento che si presenta orgogliosamente non ideologico, si può leggere una interpretazione dell’antifascismo che sembra sconfinare nell’ideologismo, da qui quella presa di distanze. Forse.
«Allora sarà il caso di mettere sotto accusa la Costituzione, la nostra democrazia, la nostra quota di libertà. Perché la Costituzione è antifascista nella sua concezione, la democrazia è figlia della liberazione dal nazi-fascismo, la libertà relativa di cui godiamo ce l’hanno conquistata gli alleati, antifascisti, e i partigiani. Non si può non cogliere come la democrazia si sovrapponga nella nostra storia all’antifascismo, collimando perfettamente. Vede, il fatto è che non si può che essere antifascisti se si amano libertà e democrazia. Non se ne esce».
Converrà fare i conti con una realtà indesiderata ma incontestabile: davanti alla platea nazionale, in tempo di elezioni, il capo assoluto di un grande movimento rigetta l’ombrello dell’antifascismo...
«Purtroppo sì. Sta concorrendo per entrare in Parlamento qualcuno che pensa e dice così. Qualcuno che si pone con forza al di fuori di una concezione unitaria del nostro paese, al di là delle differenze ideologiche e programmatiche, appunto».
Un problema di memoria o, di nuovo, a dispetto delle migliori intenzioni, ideologico?
«In questo Paese spesso si tenta di negare il fascismo come esperienza terribile. Questo avviene anche indirettamente, per esempio nei confronti di alcune festività che sembrano di rito solo a chi non ne condivide il ruolo identitario, unificante, non ideologico. Ricordiamo di quando si disse che del 25 Aprile si poteva fare a meno? Ecco che rendere indiscutibile il 25 Aprile significa essere d’accordo che l’atrocità dell’esperienza nazi-fascista non si ripeta. Ecco allora che rifiutare di riconoscersi nell’antifascismo appare una scelta, questa sì, ideologica».
Sotto questa luce, cosa si vede del leader dei Cinque Stelle?
«Non si riesce a definirlo compiutamente. Perché alcuni suoi richiami sono corretti, condivisibili. Ma conta lo sfondo su cui si manifestano. E quello sfondo racconta altro. Per esempio, si intravvede un preoccupante rifiuto della politica al pari di un contatto problematico con la democrazia ai cui principi non sembra ispirato quando risolve a colpi d’accetta i problemi interni alla sua parte. E’ sui “fondamentali” che appare debole e proprio questi contano più di una proposta programmatica».
Dobbiamo arrenderci alla frattura? Già Berlusconi alla domanda se si sentiva antifascista aveva risposto che aveva altro a cui pensare... «Nemmeno il governo tecnico ha pronunciato le parole che avremmo voluto sentire. Un suo ministro ha provato a cancellare il 25 Aprile per motivi, giurava, economici. Quale cultura promuove una pulsione contabile di questo tipo?»
Almeno non siamo soli: non c’è molta attenzione in Europa a quel che sta accadendo in Ungheria e in altre realtà dove razzismo, totalitarismo, antisemitismo cercano di riaffiorare e ci riescono...
«Due cose. Nei prossimi giorni, come Anpi pubblicheremo un manifesto che richiama tutti i competitori elettorali alla necessità di inaugurare un nuovo Parlamento senza pregiudicati ma ricco di etica, di buona politica e saldamente ancorato all’antifascismo. Per quanto riguarda l’Europa, e le sue disattenzioni, intendiamo promuovere incontri tra antifascisti. Una Europa unita e qualificata, finalmente autorevole nel confronto con banche e finanza, non può che passare da qui».
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