Richiesta di non autorizzare l’intitolazione di una piazza a
Giorgio Almirante nel Comune di Ladispoli: lettera dell’ANPI Provinciale di
Roma e della sezione di Ladispoli-Cerveteri al Prefetto di Roma
Il comitato provinciale di Roma, unitamente alla sezione
ANPI di Ladispoli – Cerveteri hanno scritto al Prefetto di Roma
chiedendo che non sia autorizzata l’intitolazione di una piazza a Ladispoli
dedicata a Giorgio Almirante. Di seguito il testo della missiva:
Al Prefetto di Roma – dott.ssa Paola Basilone
E p.c. Al Dirigente Area Dott.sa Sabrina ORICCHIO - Ufficio
Territoriale del Governo di Roma - TOPONOMASTICA
In data 17 Luglio 2018 l’Amministrazione di Ladispoli
guidata dal Sindaco Alessandro Grando, ha votato a maggioranza in Consiglio
comunale una propria mozione per intitolare una piazza della città a Giorgio
Almirante. A questa mozione farà seguito l’iter procedurale con atto
deliberativo nonostante la forte contrarietà di parte della cittadinanza e di
realtà associative di vario genere e anche delle forze politiche di opposizione
che hanno espresso voto contrario a questa delibera. La contrarietà a tale intitolazione
deriva da molteplici motivi, tra i quali il fatto che Ladispoli è una città
storicamente pacifica e multietnica, quindi in netto contrasto con le teorie
razziali espresse da Almirante durante il regime fascista, di cui era
esponente, e mai sconfessate nell’arco della sua successiva vita politica nella
Repubblica Italiana. E’ stato anche chiesto, invano, al Sindaco Alessandro
Grando di soprassedere a tale intitolazione sull’esempio della Sindaca di Roma
Virginia Raggi.
STANTE QUANTO PRECEDE
Il Comitato Provinciale dell’ANPI di Roma e la Sezione ANPI
di Ladispoli-Cerveteri, chiedono alla Prefettura di non autorizzare la
intitolazione con queste motivazioni:
Scriveva Almirante, "
Il razzismo ha da essere cibo
di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in
tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del
sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere,
analizzare e confrontare col sangue degli altri. Il razzismo nostro deve essere
quello della carne e dei muscoli [...]. Altrimenti finiremo per fare il gioco
dei meticci e degli ebrei [...]. Non c'è che un attestato col quale si possa
imporre l'altolà al meticciato e all'ebraismo: l'attestato del sangue. La
Difesa
della razza, 5 maggio 1942”.
Se esistono vie e piazze dedicate ad esponenti politici
democristiani, comunisti, socialisti e di altri partiti politici perché non una
ad un esponente della destra? Hanno replicato gli interessati. In realtà è un
falso pretestuoso: A Ladispoli da tempo, esistono, accanto a strade e scuole
dedicate a Gramsci, Berlinguer, Moro, Pertini, strade e giardini dedicati ad
esponenti locali della destra. Ma nessuno di questi aveva avuto problemi con la
giustizia (e con la storia) come ne ha avuti Almirante: “dalla prima ora
fanatico fascista ed ammiratore di Mussolini, fu tra i firmatari nel 1938 del
Manifesto in difesa della Razza e collaborò dal 1938 al 1942, con un ruolo
importante alla rivista La Difesa della Razza che spianò la
strada alle famigerate leggi razziali che permisero la persecuzione, l’arresto,
la deportazione e lo sterminio di migliaia di italiani di religione ebraica, di
testimoni di Geova, di rom e sinti, di omosessuali, oltre a prigionieri
politici. Dopo l’otto settembre del 1943, aderì alla Guardia Nazionale
Repubblicana Fascista dove ebbe il grado di Generale e ricoprì l’incarico di
capo gabinetto del Ministero della Cultura Popolare del governo fantoccio della
Repubblica Sociale Italiana alleata dei nazisti tedeschi e combatté al loro
fianco contro le brigate partigiane italiane e le forze alleate
anglo-americane. Nel dopoguerra fu tra i fondatori e più volte segretario del
Movimento Sociale Italiano che nel nome volle ricordare la RSI di Mussolini e
per stemma adottò una fiamma tricolore che usciva da una simbolica bara di
Mussolini. Anche dopo la guerra e fino alla sua morte, avvenuta nel 1978,
continuò a collezionare denunce, rinvii a giudizio e condanne. Nel 1947 fu
condannato a 12 mesi di confino a Salerno per Apologia di Fascismo, condanna
poi sospesa dal Questore di Roma. Nella nota della Questura si fa risaltare
Almirante come elemento pericoloso per la democrazia e la libertà ed acceso
fanatico fascista, soprattutto nel periodo repubblichino. Il 5 maggio del 1958,
dopo un comizio tenuto a Trieste, Almirante fu denunciato per Vilipendio alle
Istituzioni. Nel 1969 tornato alla guida del MSI, fece rientrare nel partito,
parecchi esponenti dell’organizzazione Ordine Nuovo fondata da Pino Rauti, un
ramo della quale si macchierà in seguito di diversi attentati stragisti ai
danni di cittadini, giudici e di militari delle forze dell’ordine. Nel 1971 il
Procuratore di Spoleto chiese ed ottenne dalla Camera l’autorizzazione a
procedere contro Almirante, per l’accusa di Pubblica Istigazione ad attentato
contro la Costituzione ed Insurrezione armata contro lo Stato, avendo
Almirante, durante il congresso nazionale del MSI invitato i giovani italiani a
prepararsi all’attacco e fare come si era fatto in Grecia, Portogallo e Spagna
allora dominati da regimi fascisti. Sempre nello stesso anno il quotidiano
L’Unità pubblicò un manifesto del maggio 1944, rinvenuto negli archivi di Massa
Marittima, a firma dello stesso Almirante, nel quale si obbligavano gli
“sbandati” ad arruolarsi nelle fila dell’esercito nazifascista, pena la
fucilazione alla schiena. Almirante querelò il giornale, ma perse la causa in
virtù dei numerosi documenti ritrovati e presentati, che dimostravano la sua
schiacciante responsabilità personale. Nel 1982 il terrorista neofascista
Vinciguerra, reo confesso della strage di Peteano (dove 10 anni prima, furono
attirati in una trappola ed uccisi 3 militi dell’Arma dei Carabinieri e feriti
gravemente altri due). Fu comprovato il finanziamento diretto di 35000 dollari
da parte di Almirante al segretario del MSI friulano Cicuttini, coautore della
strage. Cicuttini e Vinciguerra furono condannati per la strage. Almirante si
fece più volte scudo dell’immunità parlamentare (allora pressoché totale) anche
per sottrarsi agli interrogatori della Magistratura inquirente, Approfittò in
seguito di una amnistia. Almirante fu pure accusato senza seguito da suoi
stessi ex sodali di partito di aver partecipato a momenti oscuri della vita del
paese. Secondo De Marzio, nel 1970, si mise a disposizione di Junio Valerio
Borghese (autore di un tentato golpe), secondo Birindelli il MSI aveva rapporti
ambigui con elementi del terrorismo nero e coprì gli assassini dell’agente di
PS Marino a Milano e secondo Giulio Caradonna, Almirante in persona aveva
sollecitato finanziamenti al partito da parte della P2 di Licio Gelli.” Sembra
effettivamente ben altro da quello che si può considerare come uno specchiato
esponente politico, pur rappresentante di idee non condivisibili. Almirante nel
corso della sua intera vita non ha mai pronunciato una sola parola di condanna
o di ripensamento per i crimini di guerra, per l’odio razzista, per le vicende
giudiziarie che lo vedevano protagonista. Non c’è stata mai alcuna autocritica
o testimonianza di solidarietà per le vittime delle azioni nazifasciste.
Appare quindi assolutamente ingiustificabile la forzatura
intrapresa da Sindaco ed Amministrazione. Tale intitolazione, sarebbe una
ferita vera e profonda alla vita democratica di una città multietnica e
multiculturale fin dalla sua fondazione. Sarebbe una offesa ed un oltraggio a
tutti e tutte coloro che hanno combattuto per dare alla città quei principi e
quelle basi democratiche che hanno finora garantito il rispetto reciproco e la
convivenza civile.
Ringraziamo per la cortese attenzione e in attesa di una
sollecito riscontro porgiamo distinti saluti.
La presidenza dell’ANPI Provinciale di Roma
Il direttivo della Sezione ANPI Ladispoli-Cerveteri Domenico
Santi