01 febbraio 2025

1 febbraio 1944: arresto di Giorgio Labò e Gianfranco Mattei, gli artificieri dei GAP, a Via Giulia



Giorgio Labò

Gianfranco Mattei



Nei mesi di ottobre e novembre del 1943, la crescita politica e organizzativa dell'organizzazione militare clandestina del PCI romano si concretizzò nella costruzione delle due reti parallele dei GAP centrali, facenti capo rispettivamente a Carlo Salinari e Franco Calamandrei: è in questo contesto che fu scelta l'abitazione di via Giulia, 23A presa in affitto da Gino Mangiavacchi sotto lo pseudonimo di Giorgio Mancinelli, quale deposito di armi delle squadre operanti nel centro di Roma. Addestrato come sabotatore, artificiere e esperto di armamenti presso un centro alleato in Africa del Nord e successivamente sbarcato in territorio occupato, Mangiavacchi collabora alla modifica delle bombe di mortaio Brixia in bombe a mano e alla confezione di ordigni esplosivi assieme al valente chimico Gianfranco Mattei, in precedenza assistente di Giulio Natta e titolare della cattedra di Chimica analitica quantitativa al Politecnico di Milano, e all'architetto Giorgio Labò, già avvezzo all'uso del materiale esplosivo in quanto ex sergente del Genio Minatori. Nell'assidua opera di perfezionamento quantitativo e qualitativo degli esplosivi, Labò e Mattei confezionarono - tra gli altri - l'ordigno con cui Carla Capponi attaccò il 25 gennaio 1944 il posto di ristoro tedesco della Stazione Temini, in via Marsala, infliggendo gravi perdite alle forze occupanti, nel quadro di una generale intensificazione dell'attività delle formazioni armate a seguito dello sbarco alleato di Anzio.
Guidati dal delatore Giovanni Amidei (nome probabilmente falso), il pomeriggio del 1 febbraio 1944 gli agenti della Gestapo fecero irruzione nel laboratorio e trassero in arresto Labò e Mattei, che furono prontamente tradotti a via Tasso. Mattei, timoroso di rivelare sotto tortura i nomi dei propri compagni, si impiccò nella propria cella nella notte tra il 6 e il 7 febbraio; Labò non rivelò nulla e fu fucilato il 7 marzo a Forte Bravetta, sorretto a braccia in quanto incapace di reggersi in piedi a causa delle torture subite.



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