30 ottobre 2020

Gianfranco Pagliarulo è il nuovo Presidente nazionale ANPI

https://www.anpi.it/articoli/2371/gianfranco-pagliarulo-e-il-nuovo-presidente-nazionale-anpi 

30 Ottobre 2020

28 ottobre 2020

La libertà di manifestazione va garantita. I fascisti vanno fermati.

La libertà di manifestazione va garantita. I fascisti vanno fermati.

D’altra parte, che altro dovrebbero fare per essere fermati?

Fin dalla manifestazione del Circo Massimo del 6 giugno scorso abbiamo chiesto di non autorizzare gli assembramenti di organizzazioni neofasciste, i quali hanno ripetutamente violato tutte le disposizioni sanitarie di distanziamento e puntualmente, assembrandosi e apologizzando il fascismo, hanno provocato incidenti e disordini in un clima di violenza. Nuovamente ieri sera, in cui isolate frange eversive hanno svolto manifestazioni violente che il comitato provinciale dell’ANPI di Roma condanna fermamente esprimendo la massima solidarietà agli operatori di pubblica sicurezza che li hanno dovuti fronteggiare a rischio della propria incolumità anche per contagio. L’ANPI di Roma esprime vicinanza, condivisione e solidarietà ai cittadini che legittimamente intendono esercitare ed esercitano il diritto costituzionalmente garantito di manifestare, rivolgendo anche a loro l’invito ad isolare ogni preteso fantasma della passata dittatura.

È il momento che finisca ogni minima tolleranza nei confronti delle frange fasciste che tentano di strumentalizzare e delegittimare le sofferenze di tante persone. Esse continuamente provocano disordini, ora anche di piazza, dopo aver aggredito avversari, giornalisti, istituzioni, esaltando il fascismo nelle occupazioni abusive delle loro organizzazioni a Roma, città Medaglia d’Oro al Valore Militare per i fatti della Resistenza, all’Esquilino Casa Pound, a Via Amulio ora sotto l’egida del tifo violento, a Via Taranto Forza Nuova e recentemente a Ostia in Via delle Baleniere ancora con Casa Pound.

E’ arrivato il momento della piena attuazione del dettato costituzionale, da un lato del dovere inderogabile di solidarietà della Repubblica in questo momento di grave crisi sanitaria ed economica, che garantisca efficacemente la dignità di tutte le categorie del lavoro e di tutte le persone colpite dalla crisi, che sono la grande maggioranza; dall’altro lato si è già lasciato passare il segno  della applicazione delle leggi Scelba e Mancino contro fascismo e razzismo al quale è ormai doveroso ricorrere.

23 ottobre 2020

23 ottobre 1943 - Roma, quartiere Pietralata - prima strage nazista dopo l'occupazione della Capitale.


 

Il 22 ottobre 1943 un folto gruppo di partigiani e abitanti delle zone di Pietralata e San Basilio fecero irruzione presso il Forte Tiburtino (divenuto presidio militare tedesco) per reperire viveri, medicine e armi. Le SS,  avvertite dal corpo di guardia tedesco, intervennero catturando 22 partigiani, tre dei quali riuscirono a fuggire. Nel corso dello scontro rimasero uccisi un civile italiano ed un militare germanico. Il processo sommario istituito dal Tribunale militare tedesco condannò a morte dieci partigiani ed il 23 ottobre la sentenza venne eseguita dalla divisione paracadutisti "Hermann Goring" con la fucilazione di Orlando Accomasso, Lorenzo Ciocci, Mario De Marchis, Giuseppe Liberati, Angelo Salsa, Marco Santini, Mario Splendori, Vittorio Zini, (tutti appartenenti al Movimento Comunista d'Italia), Andrea Chialastri e Fausto Iannotti, un passante scambiato con il 14enne Guglielmo Mattiocci. Il crimine tedesco, compiuto con le modalità della controguerriglia collocata nella dimensione della guerra ai civili, non determinò l'arretramento della misura militare delle squadre partigiane e nella zona la lotta armata si andò disponendo in forme, tipologia d'azione e dimensioni diverse, a seconda del contesto sociale e del quartiere, ma significativamente ampie.



20 ottobre 2020

Stele dei "paracadutisti" a Nemi: comunicato dell'ANPI provinciale di Roma e della Sezione ANPI Nemi

 L’inaugurazione della stele avvenuta nel Comune di Nemi lo scorso 18 ottobre  è quanto di più lontano possa esserci dai principi su cui è fondata la Repubblica italiana, sia per il messaggio che lancia sia per le modalità e i contenuti che la manifestazione ha comunicato nei vari interventi che si sono susseguiti. Nei giorni scorsi già avevamo denunciato la simbologia presente nel materiale pubblicitario dell’evento che oggi ritroviamo ritratta nella stele che da il benvenuto alla città. Il logo del Nucleo Paracadutisti Colline Romane - seppur con l’applicazione di una saetta simbolo proprio dei reparti di paracadutisti – è inequivocabilmente un emblema nazionale del Terzo Reich che durante la Seconda Guerra Mondiale compariva negli elmetti dell’esercito germanico, responsabile nel nostro paese di stragi, eccidi, deportazioni compiute con la complicità e la collaborazione dei fascisti della RSI. Durante la cerimonia è stata poi costante la celebrazione e l’esaltazione della battaglia di El Alamein, parte della guerra di aggressione che l’Italia fascista e la Germania nazista svolsero in quegli anni. Le migliaia di ragazzi mandati dal fascismo a morire nel deserto per l’impresa coloniale non possono e non devono essere ricordati senza sottolineare che l’Italia in quel luogo era l’oppressore e che quella guerra era volta a realizzare nel mondo un ordine dittatoriale e razzista. Se il ricordo di quella tragedia tralascia quelle che erano le motivazioni politiche per le quali le truppe italiane si trovavano a combattere in quel contesto, non si può che trasmettere un messaggio sbagliato, veicolo di quelle idee e convinzioni sconfitte poi con la vittoria della democrazia. Questa stele non è a nostro avviso un monumento ai Caduti, il quale a Nemi già esiste, quanto piuttosto una costruzione di elogio ad un ideale di sopraffazione e sottomissione dei popoli. La presenza poi di esponenti che hanno condiviso percorsi ed iniziative con organizzazioni neofasciste come Forza Nuova, protagoniste negli anni di episodi di violenza e razzismo, i cui esponenti sono stati più volte condannati e ritenute dalla magistratura come organizzazioni di stampo nazista, disonora la città di Nemi e la memoria stessa dei Castelli Romani, territorio che ha combattuto per la libertà d’Italia con tenacia, determinazione e coraggio, e di cui alcuni cittadini riposano oggi anche alle Fosse Ardeatine.  È disonorevole inoltre per l’intero territorio vedere che l’Amministrazione comunale, rappresentante dei valori scritti nella Costituzione (mai citati durante la cerimonia del 18 ottobre), dia copertura istituzionale ad iniziative di gruppi che nei loro canali di comunicazione celebrano esponenti della RSI responsabili dei crimini compiuti durante l’occupazione tedesca dell’Italia. L’ANPI continuerà a mobilitarsi per tutelare la memoria della democrazia e della libertà e per diffondere tra le giovani generazioni e tra la cittadinanza tutta i valori di pace, solidarietà ed amicizia tra i popoli. 

Sez. ANPI “A. Gismondi” Nemi    

ANPI Comitato Provinciale di Roma


Locandina pubblicitaria dell'inaugurazione 
http://www.anpdiroma.it/images/nemi-2020.jp
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16 ottobre 2020

16 ottobre 1943 - 2020. Le sezioni ANPI di Roma e provincia rendono omaggio nei propri territori ai luoghi che ricordano i partigiani ebrei.


 

16 ottobre 1943: La deportazione degli ebrei di Roma

 La "soluzione finale" per gli ebrei romani arriva il 24 settembre 1943 con l'ordine da Berlino di "trasferire in Germania" e "liquidare" tutti gli ebrei "mediante un'azione di sorpresa". Il telegramma riservatissimo è indirizzato al tenente colonnello Herbert Kappler, comandante delle SS a Roma. Nonostante il colpo delle leggi razziali, gli ebrei a Roma non si aspettano quello che sta per accadere: Roma è "città aperta", e poi c'è il Papa, sotto l'ombra della cupola di San Pietro i tedeschi non oserebbero ricorrere alla violenza. Le notizie sul destino degli ebrei in Germania e nell'Europa dell'Est sono ancora scarse e imprecise. Inoltre, la richiesta fatta il 26 settembre da Kappler alla comunità ebraica di consegnare 50 chili d'oro, pena la deportazione di 200 persone, illude gli ebrei romani che tutto quello che i tedeschi vogliono sia un riscatto in oro. Oro che con enormi difficoltà la comunità riesce a mettere insieme e consegnare due giorni dopo in Via Tasso, nella certezza che i tedeschi saranno di parola e che nessun atto di violenza verrà compiuto. Nelle stesse ore le SS, con l'ausilio degli elenchi dei nominativi degli ebrei forniti dall'Ufficio Demografia e Razza del Ministero dell'Interno, stanno già organizzando il blitz del 16 ottobre.


Le persone rastrellate vengono caricate su camion

C'è una lapide sulla facciata della Biblioteca di Archeologia e Storia dell'Arte a Via del Portico d'Ottavia, quasi di fronte alla Sinagoga. Ricorda che "qui ebbe inizio la spietata caccia agli ebrei". Qui, in un'alba di 56 anni fa, si radunarono i camion e i soldati addetti alla "Judenoperation" nell'area del ghetto, dove ancora abitavano molti ebrei romani. Il centro della storia e della cultura ebraiche a Roma stava per vivere il suo giorno più atroce. «Era sabato mattina, festa del Succot, il cielo era di piombo. I nazisti bussarono alle porte, portavano un bigliettino dattiloscritto. Un ordine per tutti gli ebrei del Ghetto: dovete essere pronti in 20 minuti, portare cibo per 8 giorni, soldi e preziosi, via anche i malati, nel campo dove vi porteranno c’è un’infermeriao», così Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, ha ricordato  quella mattina del 16 ottobre 1943.

Rapporto di Kappler sull'arresto e la deportazione degli ebrei romani



Alle 5,30 del mattino di sabato 16 ottobre, provvisti degli elenchi con i nomi e gli indirizzi delle famiglie ebree, 300 soldati tedeschi iniziano in  contemporanea la caccia per i quartieri di Roma. L'azione è capillare: nessun ebreo deve sfuggire alla deportazione. Uomini, donne, bambini, anziani ammalati, perfino neonati: tutti vengono caricati a forza sui camion, verso una destinazione sconosciuta. Alla fine di quel sabato le SS registrano la cattura di 1024 ebrei romani.
"Quel 16 ottobre -racconta uno degli scampati alla deportazione- era un sabato, giorno di riposo per gli ebrei osservanti. E nel Ghetto i più lo erano. Inoltre era il terzo giorno della festa delle Capanne. Un sabato speciale, quasi una festa doppia... La grande razzia cominciò attorno alle 5.30. Vi presero parte un centinaio di quei 365 uomini che erano il totale delle forze impiegate per la "Judenoperation". Oltre duecento SS contemporaneamente si irradiavano nelle 26 zone in cui la città era stata divisa per catturare casa per casa gli ebrei che abitavano fuori del vecchio Ghetto. L'antico quartiere ebraico fu l'epicentro di tutta l'operazione... Le SS entrarono di casa in casa arrestando intere famiglie in gran parte sorprese ancora nel sonno... Tutte le persone prelevate vennero raccolte provvisoriamente in uno spiazzo che si trova poco più in là del Portico d'Ottavia attorno ai resti del Teatro di Marcello. La maggior parte degli arrestati erano adulti, spesso anziani e assai più spesso vecchi. Molte le donne, i ragazzi, i fanciulli. Non venne fatta nessuna eccezione, né per persone malate o impedite, né per le donne in stato interessante, né per quelle che avevano ancora i bambini al seno...".
"I tedeschi bussarono, poi non avendo ricevuto risposta sfondarono le porte. Dietro le quali, impietriti come se posassero per il più spaventosamente surreale dei gruppi di famiglia, stavano in esterrefatta attesa gli abitatori, con gli occhi da ipnotizzati e il cuore fermo in gola", ricorda Giacomo Debenedetti.
"Fummo ammassati davanti a S. Angelo in Pescheria: I camion grigi arrivavano, i tedeschi caricavano a spintoni o col calcio del fucile uomini, donne, bambini ... e anche vecchi e malati, e ripartivano. Quando toccò a noi mi accorsi che il camion imboccava il Lungotevere in direzione di Regina Coeli... Ma il camion andò avanti fino al Collegio Militare. Ci portarono in una grande aula: restammo lì per molte ore. Che cosa mi passava per la testa in quei momenti non riesco a ricordarlo con precisione; che cosa pensassero i miei compagni di sventura emergeva dalle loro confuse domande, spiegazioni, preghiere. Ci avrebbero portato a lavorare? E dove? Ci avrebbero internato in un campo di concentramento? "Campo di concentramento" allora non aveva il significato terribile che ha oggi. Era un posto dove ti portavano ad aspettare la fine della guerra; dove probabilmente avremmo sofferto freddo e fame, ma niente ci preparava a quello che sarebbe stato il Lager", ha scritto Settimia Spizzichino nel suolibro "Gli anni rubati".
Per la prima volta Roma era testimone di un'operazione di massa così violenta. Tra coloro che assistettero sgomenti ci fu una donna che piangendo si mise a pregare e ripeteva sommessamente: "povera carne innocente". Nessun quartiere della città fu risparmiato: il maggior numero di arresti si ebbe a Trastevere, Testaccio e Monteverde. Alcuni si salvarono per caso, molti scamparono alla razzia nascondendosi nelle case di vicini, di amici o trovando rifugio in case religiose, come gli ambienti attigui a S. Bartolomeo all'Isola Tiberina. Alle 14 la grande razzia era terminata. Tutti erano stati rinchiusi nel collegio Militare di via della Lungara, a pochi passi da qui. Le oltre 30 ore trascorse al Collegio Militare prima del trasferimento alla Stazione Tiburtina furono di grande sofferenza, anche perché gli arrestati non avevano ricevuto cibo. Tra di loro c'erano 207 bambini.
Due giorni dopo, lunedì 18 ottobre, i prigionieri vengono caricati su un convoglio composto da 18 carri bestiame in partenza dalla Stazione Tiburtina. Il 22 ottobre il treno arriva ad Auschwitz.
Dei 1024 ebrei catturati il 16 ottobre ne sono tornati solo 16, di cui una sola donna (Settimia Spizzichino). Nessuno degli oltre 200 bambini è sopravvissuto.
Dopo il 16 ottobre 1943, la polizia tedesca catturò altri ebrei: alla fine  scomparvero da Roma 2091 ebrei. Uno dei momenti più tragici fu il massacro delle Fosse Ardeatine; in queste cave di tufo abbandonate, fuori dalle porte della città e contigue alle vecchie catacombe, il 24 marzo 1944 furono trucidati 335 uomini di cui 75 ebrei.
Roma fu liberata il 4 giugno 1944 e la capitolazione finale di tedeschi e fascisti si ebbe il 2 maggio 1945. Nel 1946, le vittime accertate per deportazioni da tutta Italia furono settemilacinquecento e quelle per massacri mille; gli abbandoni per emigrazione, cinquemila. Dalla comunità di Roma, oltre ai 2091 deportati e morti, mancavano alla fine della guerra anche molti emigrati. Nel biennio 1943-1945 le perdite della popolazione ebraica in tutta Italia furono all'incirca 7750, pari al 22% del totale della popolazione ebraica nel nostro Paese.
http://www.storiaxxisecolo.it/Resistenza/resistenza2c6.html

altri contributi su Patria Indipendente
http://anpi.it/media/uploads/patria/2003/10/07_GHETTO_ROMA.pdf

http://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/servizi/16-ottobre-1943-la-lista-degli-ebrei-romani/

http://www.patriaindipendente.it/idee/lemail/deportazione-e-sterminio-degli-ebrei-di-roma/

06 ottobre 2020

Carla Nespolo, partigiana

 

"CIAO COMANDANTE"



5 Ottobre 2020

03 ottobre 2020

7 ottobre 1943 - deportazione di 2000 carabinieri romani nei lager. ANPI Roma e ANEI Roma rendono loro omaggio

 




Trasferiti dai nazisti nei campi di prigionia dopo un ordine di disarmo dell'allora ministro della difesa repubblichino, criminale di guerra Rodolfo Graziani

Il 7 ottobre 1943, a seguito di ordine di disarmo firmato da Rodolfo Graziani (Ministro della difesa della repubblichina fascista) l’Obersturmbannfuhrer colonnello Kappler, il boia di via Tasso, procedeva al rastrellamento e alla deportazione verso i campi di prigionia di oltre 2000 Carabinieri di Roma, prologo alla più nota deportazione di oltre 1000 ebrei avvenuta nove giorni dopo.


Sono migliaia i carabinieri che hanno combattuto nelle file della Resistenza o sono morti nei campi di prigionia, dopo aver rifiutato l’adesione alla repubblica di Mussolini. Di loro si è sempre parlato troppo poco, anche se si trovano carabinieri in tutte le grandi formazioni partigiane in Italia e all'estero. Come non si ricordano mai abbastanza i carabinieri che presero parte alle Quattro giornate di Napoli o i giovani “allievi” che a Porta San Paolo, a Roma, con i soldati e la popolazione, opposero una eroica resistenza armata all'invasione nazista della Capitale. E come non ricordare Salvo D’Acquisto, gli eroici carabinieri di Fiesole (Firenze) massacrati dai fascisti e dai nazisti, o gli ufficiali e militari uccisi alle Ardeatine? C’è un episodio poco noto, ma dolorosissimo, che si svolse a Roma, durante l’occupazione nazista: la deportazione di oltre duemila carabinieri poi trasferiti nei lager e sottoposti ad ogni tipo di tortura, soprusi, al lavoro forzato, alla fame, al freddo e alla morte.


02 ottobre 2020

9 ottobre 2020: Il cuore nero della città. Viaggio nel neofascismo bresciano. Presentazione libro con l'autore


 venerdì 9 ottobre 2020, ore 18,15 - coworking Millepiani, via Nicolò Odero 13, Roma Garbatella - presentazione del libro IL CUORE NERO DELLA CITTA', viaggio nel neofascismo bresciano 

- saluti iniziali di Amedeo Ciaccheri, presidente VIII Municipio di Roma 

-intervengono: 

- Fabrizio De Sanctis, presidente ANPI provinciale di Roma 

- Marino Bisso, Rete #NoBavaglio , giornalista de La Repubblica

- Cesare Antetomaso, esecutivo nazionale Giuristi Democratici 

- Federico Gervasoni, autore del libro. 

L'incontro sarà l'occasione per discutere ed analizzare il fenomeno del neofascismo a Roma e in Italia.

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Ripudia intolleranza, razzismo e antisemitismo.
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