Il comitato provinciale dell'ANPI di Roma saluta con gratitudine il prof. Adiano Ossicini, morto stamattina 15 febbraio.
Militante nella sinistra cattolica, partigiano, psichiatra, senatore nel PCI, ministro per la famiglia e la solidarietà sociale nel governo Dini.
La Camera Ardente al Senato dalle 17,00 di oggi 15 febbraio a domani fino alle ore 13,00.
I funerali si terranno Lunedì 18 febbraio presso la Basilica di Santa Sabina all'Aventino in orario ancora non definito.
Medaglia d'argento al valor militare; questa la motivazione del riconoscimento:
Il suo libro: Un Isola sul Tevere. Il fascismo al di là del ponte
Ora, Ossicini sente la responsabilità di essere uno dei pochi e, per alcuni aspetti, anche l’unico testimone autorevole di avvenimenti fondamentali che, dal ’37 al ’47, impegnarono una minoranza, all’inizio molto esigua – specialmente quella di orientamento cattolico –, in una lotta sistematica, coraggiosa e con duri pedaggi, contro il fascismo e contro il nazismo. Documenti legati a un’esperienza personale (che iniziò nel 1937), attraverso i quali è possibile percorrere dieci anni decisivi della nostra vita nazionale, sono proposti in modo organico e permettono di formulare giudizi abbastanza precisi su problematiche spesso discusse e controverse. Quando recentemente al professor Giovanni Borromeo, primario del Fatebenefratelli, al quale è dedicato questo libro, è stato dato in modo ufficiale, in una solenne cerimonia, il riconoscimento di “uomo giusto” dall’ambasciata di Israele in Italia, è stato chiamato proprio Ossicini a testimoniare ciò che nel libro viene ampiamente documentato: che cosa significò, cioè, l’invenzione della “sindrome K”. Per riconoscere gli ebrei ricoverati, per salvarli dai nazisti, si metteva sulle cartelle un “K” che significava sindrome di… Kesselring! Le pagine nelle quali viene raccontato come Ossicini e i suoi amici del Fatebenefratelli fanno fuggire gli ebrei al momento della razzia sono drammatiche, ma straordinarie. È importante la documentazione attraverso cui è possibile rendersi conto dell’ampiezza e del valore della Resistenza a Roma, con la testimonianza dell’ultimo rimasto dei membri del comando militare che la guidò e che, appunto per questo, essendo testimone dei combattimenti di Porta San Paolo, è stato chiamato proprio a Porta San Paolo dal presidente della Repubblica a ricordare quell’avvenimento. Di indubbio interesse è la documentazione di una serie di incontri politici: nel 1938 con De Gasperi e poi con Moro, e in particolare con Andreotti nella Fuci; il sodalizio con Guido Calogero e i rapporti precoci con i comunisti nella Resistenza, in particolare con Giorgio Amendola e con Pietro Ingrao; e poi, ancora, gli incontri con Riccardo Bauer, con la medaglia d’oro Cordero di Montezemolo e con don Morosini! C’è anche il racconto della prima e sistematica esperienza di un gruppo di cristiani organizzati in una formazione antifascista; furono rinchiusi nel carcere di Regina Coeli a disposizione del Tribunale speciale, e Pio XII intervenne presso Mussolini per la concessione a Ossicini della “grazia” che lui, ovviamente, rifiutò. In sostanza, l’autore ha completato la parte narrativa su avvenimenti di carattere storico con documenti di carattere specifico. Questo è importante per due ragioni. Innanzitutto per testimoniare ancora la qualità e il valore di un certo tipo di esperienze nell’antifascismo e nella Resistenza, che non fu una guerra civile, ma una vera guerra di liberazione. In secondo luogo per documentare il tipo di partecipazione di una limitata ma singolare parte del laicato cristiano alla Resistenza e alla lotta contro il nazismo e il fascismo, in un periodo storico in cui purtroppo la collusione fra Vaticano e fascismo era stata molto ampia. Paolo Emilio Taviani, quando volle che nel museo di via Tasso fosse posta in un quadro la foto segnaletica della polizia fascista che poneva una taglia su Adriano Ossicini «sovversivo, latitante, responsabile di omonima banda armata», disse che era giusto che quella foto fosse conservata lì, non solo perché raffigurava uno dei responsabili della Resistenza a Roma, ma perché era anche un modo per testimoniare come la Resistenza non sia stata una specie di guerra civile fra comunisti e fascisti, ma un largo moto popolare nel quale si erano impegnati in modo significativo anche giovani e non giovani di formazione cristiana. Per tutto questo pensiamo che la nuova edizione del libro di Ossicini riaprirà un ampio dibattito su tali temi.
http://www.30giorni.it/articoli_id_8835_l1.htm