31 gennaio 2021

31 gennaio 1944 - 31 gennaio 2021: Ricordiamo i Martiri fucilati dai nazisti a Forte Bravetta

 

L'eccidio di Forte Bravetta e quei martiri della Resistenza







CLAUDIO RENDINA
ROMA è sotto il controllo militare dell'esercito tedesco, agli ordini di Albert Kesserling, e della Gestapo, guidata da Herbert Kappler e dal comandante delle SS Karl Wolff, quando il 31 gennaio 1944 vengono arrestati dieci cittadini, accusati di tramare contro il "governo tedesco". 

Sono:
 
Giovanni Andreozzi, nato a Roma il 2 agosto 1912, iscritto al PCI di Monte Sacro- Val Melaina; 
Mariano Buratti, nato a Bassano di Sutri il 25 gennaio 1902, professore di filosofia, iscritto al Partito d'Azione; 
Mario Capecci, nato a Roma il 25.11.1925, iscritto a Bandiera Rossa Roma; 
Enrico De Simone, nato a Napoli il 15.7.1901, ufficiale di cavalleria; 
Augusto Latini, nato a Roma il 6 novembre 1897, del poligono di tiro per l'esercito, luogo iscritto a Bandiera Rossa Roma nel periodo fascista; 
Vittorio Mallozzi, nato ad Anzio nel 1909, fornaciaio, iscritto al Partito Comunista Italiano; Paolantonio Renzi, nato a Montebono Sabino il 6 marzo 1894, muratore, iscritto al Partito d'Azione; 
Raffaele Riva, nato a Sant'Agata Bolognese il 29 dicembre 1896, operaio del Movimento dei cattolici comunisti; 
Franco Sardone, nato a Tornarella il 22 gennaio 1893, insegnante, iscritto al Partito d'Azione; 
Renato Traversi, nato a Velletri il 6 marzo 1899.

Sottoposti a torture i dieci cittadini vengono condotti a Forte Bravetta, una costruzione fortificata progettata da Durand de la Penne tra il 1877 e il 1883. L'edificio sorge nella periferia occidentale della capitale, al terzo chilometro della via omonima verso la metà circa della via di Bravetta, dalla quale si diparte la via Portuense, nella Riserva naturale della Valle dei Casali, estesa per più di 10 ettari; gli uomini sono stati condannati alla fucilazione «perché preparavano atti di sabotaggio contro le forze armate germaniche e capeggiavano altri attentati contro l'ordine pubblico della città di Roma».
Si saprà poi che uno dei partigiani, Raffaele Riva, ha rifiutato la benda, dopo aver fumato l'ultima sigaretta; l'altro comunista Vittorio Mallozzi sarà ricordato in un volantino dalla sezione romana del Partito Comunista. A questa esecuzione faranno seguito nei mesi successivi, fino alla liberazione della capitale nel giugno '44, le uccisioni di altre 111 persone.
Dopo le fucilazioni di Forte Bravetta, i familiari delle vittime con l'aiuto di alcuni cittadini membri della Resistenza e di alcuni dipendenti del cimitero del Verano, riescono a entrare di notte nel cimitero e riesumare le salme sepolte anonimamente in fosse comuni, ma riconosciute da documenti o indumenti che hanno addosso. Pochi mesi dopo però i familiari delle vittime delle Fosse Ardeatine eseguiranno, alla luce del sole e con l'aiuto di un medico legale, la stessa operazione di riconoscimento, che vanifica il tentativo dei nazisti di nascondere l'azione criminale. Nel film di Roberto Rossellini "Roma città aperta" è narrata la vicenda della fucilazione di don Giuseppe Morosini, interpretato da Aldo Fabrizi, eseguita nel forte il 3 aprile 1944; era assistente spirituale dei partigiani, ma impegnato anche nel procurare loro armi e vettovaglie. E di quel film è rimasta famosa anche la corsa e l'uccisione di Pina (Anna Magnani) dietro al camion che porta via il marito catturato dai tedeschi. 
Oggi il forte è un'area adibita a verde pubblico, denominato "Parco dei martiri di Forte Bravetta", essendo diventato proprietà del Comune di Roma dal 29 aprile 2009, con tanto di cerimonia di inaugurazione alla presenza del sindaco Alemanno. E' quanto ha ottenuto la figlia di uno dei martiri, Eugenia Latini, che nel 2005 avanzò richiesta al governo perché il forte potesse diventare "un centro della memoria" aperto al pubblico, con lo scopo di raccontare agli studenti una delle pagine più sofferte della Resistenza.


30 gennaio 2021

Il sindaco di Nettuno non celebra il Giorno della Memoria ma una delegazione ufficiale omaggia i repubblichini di Salò

La Repubblica e la democrazia italiana, disciplinata dalla carta costituzionale, sono nate da una scelta, quella di chi decise di stare dalla parte della Resistenza, di combattere i nazisti e i fascisti, di impegnarsi nella Guerra di Liberazione nazionale per la libertà e l’indipendenza dell’Italia. 

Queste informazioni dovrebbero essere assodate per una Amministrazione comunale, che al momento dell’insediamento giura sulla Costituzione. Giura di servire la Repubblica e di applicarne le leggi, i diritti ad esse connessi ed i doveri cui è chiamata. 

Apprendiamo con sdegno che pochi fa una rappresentanza ufficiale si è recata presso il Campo della Memoria, dove sono sepolti i soldati alleati dei nazisti, che invece di scegliere la Resistenza, preferirono collaborare con l’invasore e portare avanti la dittatura fascista rendendosi protagonisti delle persecuzioni razziali, delle deportazioni, delle stragi che solo in Italia hanno causato oltre 25mila vittime. 

Come se non bastasse abbiamo poi appreso che il 27 gennaio - Giorno della Memoria in cui tutto il mondo ricorda la deportazione, l’internamento e lo sterminio di ebrei, rom, sinti, disabili, omosessuali, Testimoni di Geova, deportati politici, e di altre categorie e popoli ritenuti dai nazisti e dai fascisti “inferiori” – il Sindaco non si è recato al parco intitolato a Giovanni Palatucci, inviando sul posto una corona deposta dal fioraio cui era stata commissionata piuttosto che dal Sindaco stesso o da un picchetto cerimoniale come è giusto che sia nelle ricorrenze istituzionali. Oltre a ciò il primo cittadino ha dichiarato che l'olocausto è "il crimine più atroce di cui si è macchiata l’umanità nella sua storia". Questa frase la riteniamo gravissima. In quel momento storico l'umanità ha subito le conseguenze di un crimine chiamato fascismo, le cui politiche hanno portato al razzismo e allo sterminio in tutta Europa e ad una guerra mondiale che ha mietuto oltre 50 milioni di vittime. Ricordiamo pertanto al Sindaco che il crimine in questione non è stato commesso dall'umanità nel suo complesso, ma dai fascisti italiani e tedeschi e di questi, solo di questi, è la responsabilità di quanto accaduto. 

Questo comportamento da parte dell'Amministrazione vuol dire che il Comune di Nettuno preferisce onorare i soldati nazifascisti piuttosto che le vittime? Vuol forse dire che la fascia tricolore, la quale rappresenta la lotta dei partigiani e dei militari caduti, internati nei lager, condannati al carcere e al confino, trucidati nelle stragi, a Nettuno viene usata per rendere omaggio a chi ha combattuto per tenere in piedi la dittatura fascista e sostenere l’occupazione nazista? Vuol dire che Nettuno, città che annovera tra i suoi figli illustri figure della storia d’Italia come Mario Abruzzese e Remo Comanducci, rende omaggio ai carnefici e non alle vittime? Vuol dire che il Sindaco mette sullo stesso piano l’IMI Enrico Conte (per il quale propone – e ne condividiamo la proposta - la cittadinanza benemerita) e coloro che l’hanno spedito nei campi di concentramento? Ci auguriamo che non sia così e che al più presto l’Amministrazione chiarisca ai cittadini riguardo le gravissime mancanze e gli inaccettabili omaggi ai nazifascisti. 

La sezione ANPI “M. Abruzzese e V. Mallozzi” Anzio-Nettuno

Il Comitato Provinciale dell'ANPI di Roma




2 febbraio 2021: presentazione libro "L'antifascismo non serve più a niente"


In questi ultimi anni si sono moltiplicate un po’ ovunque le avvisaglie di un ritorno agli anni venti del secolo scorso. In Europa e nel mondo sono fioriti i cosiddetti partiti “sovranisti” che si ispirano, più o meno apertamente, all’ideologia nazionalista che ha condotto il Vecchio continente sull’orlo dell’abisso negli anni ’40 del XX secolo. I cavalli di battaglia di questi movimenti, alcuni dei quali al governo di alcuni Paesi dell’Unione, sono il rifiuto dell’immigrazione, la difesa dei confini e della nazione, la centralità della famiglia tradizionale e il nazionalismo economico.

Nel frattempo, sono in aumento nel nostro Paese le aggressioni ascrivibili alla galassia dell’estrema destra: raid contro attivisti politici di sinistra, incursioni contro neri e rom, pestaggi di esponenti delle comunità LGBT o anche solo di semplici cittadini che vogliono passare una serata con il proprio partner.

Nonostante questo si continua a parlare di “casi isolati” e buona parte degli storici è concorde: il fascismo non può tornare, è un residuo storico del passato, è improprio tirare in ballo la creatura di Mussolini per descrivere fenomeni completamente diversi.

Ha ancora senso parlare di fascismo e soprattutto di antifascismo negli anni venti del XXI secolo? Sono due categorie attuali oppure solamente due contenitori vuoti specchio di un periodo storico che oramai ci siamo lasciati alle spalle? E che senso ha fare gli antifascisti in assenza di fascismo?

Per approfondire e riflettere sull’attualità della Resistenza, martedì 2 febbraio, alle ore 18.15 il circolo Anpi “Ragazze della Resistenza” di Roma organizza la presentazione del libro “L’Antifascismo non serve più a niente” dello storico Carlo Greppi.

Il libro decostruisce quel nucleo concettuale che dipinge la memoria storica e l’antifascismo come concetti sorpassati e divisivi. Attraverso un rigoroso ragionamento storico, il testo di Carlo Greppi fornisce degli strumenti utili per smascherare fake news e falsi miti che circolano sul fascismo – in primis quella che, in fondo, il regime non fosse nemmeno una dittatura, “anzi, ha fatto pure qualcosa di buono”. Il testo dello storico smonta la narrazione che vede l’antifascismo come un qualcosa di inutile e obsoleto, se non dannoso, ribadendone l’attualità.

Nel testo, l’autore ripercorre attraverso grandi figure di donne e uomini, la parabola ventennale dell’antifascismo storico, partendo dagli anni venti sino alla fine del secondo conflitto mondiale. E raccontandoci l’autentica testimonianza di coloro – Matteotti, Gramsci, Parri, Concetto Marchesi, per citarne alcuni – che dedicarono anni della propria vita a combattere un regime sanguinario e criminale che portò il Paese alla rovina.

L'evento si terrà in modalità online sulla pagina Facebook Anpi Ragazze della Resistenza (@ANPIRagazzedellaResistenza)

27 gennaio 2021

Il 27 gennaio 1945 i soldati sovietici liberavano il campo di concentramento di Auschwitz

 




Nei lager nazisti sono morte almeno 15 milioni di persone, di cui tra i 5 e i 6 milioni erano ebrei, 500mila rom e sinti, almeno 200mila disabili, 10mila omosessuali. Avversari politici, prigionieri di guerra, civili rastrellati, preti cattolici, testimoni di Geova ... È l’Olocausto, la strage che ha travolto milioni di persone di nazionalità e religioni diverse.

Nei regimi fascisti il terrore e il genocidio furono funzionali ad un modello di società senza conflitti e senza diversi, e in cui il razzismo e la disuguaglianza costituivano il fondamento dell’ordine interno, dell’imperialismo, della sottomissione e dell’annientamento di altri popoli sul piano internazionale.
I campi di concentramento sorsero sul territorio tedesco dopo poche settimane dalla presa del potere da parte di Hitler e la costruzione dell’universo concentrazionario seguì i successivi sviluppi della politica nazista di esclusione e persecuzione che investì prima gli oppositori politici (quando non furono ammazzati subito), poi i portatori di handicap, i devianti e gli “asociali”, e infine gli ebrei.
Portatori di handicap e malati incurabili furono i primi ad essere uccisi in camere a gas e poi cremati, pratica che verrà utilizzata su vasta scala a partire dal 1942 nei campi di sterminio, nell'ambito della “soluzione finale” contro gli ebrei.

La repressione contro tutte le minoranze non assimilabili fu sempre più violenta: i Testimoni di Geova furono deportati in massa perché la loro fede non consentiva il servizio militare; nei Lager finirono anche molti esponenti cristiani e sacerdoti cattolici. Intere categorie di individui, “asociali” – alcolizzati, vagabondi, mendicanti, rom, prostitute, omosessuali, delinquenti abituali - erano ritenuti dal Terzo Reich irrecuperabili, portatori di tare sociali ereditarie e quindi destinati al lavoro forzato nei Lager e all’eliminazione fisica immediata, come per i portatori di handicap.

In Italia Mussolini, conquistato il pieno controllo e il consenso nel paese attraverso l’uso massiccio della violenza, il monopolio sui mezzi di informazione e una martellante propaganda politica, ottenuto anche il riconoscimento della Chiesa cattolica, nel 1935 decide la conquista dell’Etiopia, conclusasi nel 1936. La guerra di Etiopia fu affiancata dalla diffusione di una cultura razzista, sostenuta dal concetto della superiorità della razza e dalla missione civilizzatrice che spettava all’Italia. Furono varate quindi le prime norme antiebraiche. La persecuzione degli ebrei si protrasse fino al 1945 e riguardò tutti gli ambiti della vita sociale: esclusione dall’insegnamento, divieto di iscrizione a scuole statali, espulsione dalle Accademie, Istituti Scientifici, ecc.
A partire dal 1943, con la costituzione della Repubblica di Salò, iniziò anche in Italia la deportazione di massa verso i Lager degli ebrei italiani, ormai sottoposti alle leggi del Terzo Reich.

Furono circa 40mila i deportati dall’Italia, di cui solo 4.000 tornarono per testimoniare. Di questi circa 12mila erano operai accusati di boicottaggio della produzione bellica, di collaborazione con la Resistenza e di aver partecipato a scioperi. Gli ebrei deportati dall’Italia furono circa 8.000; soltanto pochi di loro fecero ritorno.

Ci furono poi gli internati militari italiani, cioè i militari rastrellati e arrestati dai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43. I circa 600mila militari italiani catturati dai tedeschi furono messi di fronte ad una scelta: o aderire alla Repubblica Sociale di Salò e continuare a combattere o essere inviati al lavoro coatto. Solo un’esigua minoranza aderì alla RSI; gli altri furono privati della dignità militare e furono considerati “schiavi militari”. Almeno 70mila di loro morirono per le condizioni disumane di vita, le angherie e le violenze.

23 gennaio 2021

13 febbraio 2021: Il Lavoro nella Costituzione Italiana


 

9 febbraio 2021: Italia e Jugoslavia 1941-45. Dall'occupazione fascista alle foibe


 

27 gennaio: Giorno della Memoria - per non dimenticare


Letture da:
Primo Levi, Martin Niemoller, Michele Sarfatti, Vehuda Amichai, Joyce Lussu, Pavel Friedman, Eva Pickova, Liliana Segre, Bertold Brecht

 

25 gennaio 2021: Teresa Noce: la lotta antifascista, la Resistenza, la deportazione politica, la Costituente.


 Nata a Torino il 29 luglio 1900, deceduta a Bologna il 22 gennaio 1980, organizzatrice politica e sindacale.

19 gennaio 2021

Solidarietà alla Casa delle Donne Lucha y Siesta. Comunicato dell'ANPI di Roma e del Coordinamento Donne provinciale dell'ANPI


Il Comitato Provinciale dell'ANPI di Roma, insieme al Coordinamento Donne provinciale esprime piena solidarietà alla Casa delle Donne Lucha y Siesta e alle residenti. Ieri agenti del commissariato Tuscolano sono entrati nella Casa senza preavviso e hanno identificato le donne vittime di violenza ospiti nella Casa. Non hanno risposto alla richiesta di conoscere i motivi dell'irruzione e non hanno aspettato l'arrivo delle avvocate chiamate prontamente. Cosa cercavano in un luogo dove le donne sono protette, lo ripetiamo, perché vittime di violenza? Per quali motivi far loro subire anche questa violenza da chi rappresenta quelle Istituzioni che dovrebbero invece sentire sempre al loro fianco? Quanto accaduto non va sottovalutato, in una fase in cui violenze domestiche e femminicidi sono aumentati spaventosamente. Luoghi come "Lucha y Siesta" vanno sostenuti dalle Istituzioni e non intimiditi: sono un esempio di quanto si possa fare per aiutare concretamente le donne in difficoltà.

14 gennaio 2021

Clemente Scifoni, partigiano combattente, gappista dell'VIIIª zona, non è più qui con noi. Onore ad un grande uomo.

Apprendiamo con estremo dolore che ci ha lasciato il partigiano combattente Clemente Scifoni, gappista dell’VIIIª zona al comando del commissario politico Nino Franchellucci e del comandante Luigi Forcella. Iscritto alla sezione "Giordano Sangalli" di Centocelle.

Sfuggì all’arresto a Piazza Bologna mentre le SS con un’imboscata catturarono i compagni Valerio Fiorentini, Paolo Angelici, Carlo Camisotti e Luciano Sbrolli; tradotti a via Tasso, dopo alcuni giorni i primi tre furono uccisi alle Cave Ardeatine. "Col fatto che andavamo all'appuntamento arrivavamo da più parti mi salvai, sennò pure io, forse, sarei finito alle Cave".

Fu autore di numerose azioni nell’VIIIª zona, tra cui l’operazione contro il commissario Stampacchia, amico dei nazisti, nominato commissario al Quadraro dal questore Caruso proprio per organizzare la repressione in quel quartiere considerato "covo" di antifascisti.

Dopo l’azione, poiché sulla sua testa pesava una grossissima taglia (200 mila lire) con una quindicina di compagni di Torpignattara e l’amico Giordano Sangalli, si rifugiò sul Monte Tancia, dove proseguì a combattere i nazifascisti nella formazione garibaldina "Giuseppe Stalin" (partecipò tra l'altro alla Battaglia del Monte Tancia*).

Tornato a Roma, a causa di una delazione fu arrestato e tradotto a Via Tasso, quindi trasferito a Regina Coeli fino alla Liberazione di Roma.

“La cosa più bella mi è arrivata il 9 ottobre del 1946, la qualifica di partigiano e di patriota, rilasciata dalla Commissione laziale ai sensi del decreto legge 518. E le deposizioni rese alla stessa da Luigi e Nino, che dichiarano che facevamo parte dell'organizzazione militare, anzi ne eravamo l'avanguardia in quanto facevamo parte delle formazioni gappiste, di aver partecipato ad assalti a colonne motorizzate tedesche sulla via Tuscolana, allo spargimento di chiodi sulle strade provinciali e ad altri atti di sabotaggio. E insieme al compagno Aldo Ferri alla uccisione di un tedesco che terrorizzava la popolazione in piazza dei Mirti. Poi le dichiarazioni di Giorgio Amendola e Luigi Longo, il quale affermò, nella qualità di comandante generale delle Brigate Garibaldi e di vice comandante del Corpo Volontari della Libertà che le azioni da me eseguite (la soppressione di Armando Stampacchia) erano decise dal Centro Militare Cittadino di Roma del Partito Comunista Italiano. Sta tutto agli atti, su carta intestata dell'Assemblea Costituente".

Ci stringiamo con affetto alla famiglia e ai compagni.

Clemente, la terra ti sia lieve, R.i.P. Bella Ciao.

Il comitato provinciale dell’ANPI di Roma


I funerali si svolgeranno domani, 15 gennaio alle ore 15,00 al Tempietto Egizio del cimitero monumentale del Verano







 Paolo Morettini, Eugenio Meneghino e Clemente Scifoni al monte Tancia. Clemente e Paolo erano gappisti de l'VIII Zona Eugenio della prov di Rieti. Tutti e tre inquadrati nella formazione garibaldina "Giuseppe Stalin"





La battaglia del monte Tancia, cui parteciparano i Gap di Torpignattara, è una delle piu importanti della storia partigiana. Nel marzo 1944, poiché le operazioni delle tre formazioni partigiane (Banda D’Ercole, Banda Strale e Brigata Stalin) diventano sempre più frequenti, il Capo della Provincia di Rieti, Ermanno Di Marsciano, già Federale fascista della città, chiede l’intervento dei tedeschi per “ripulire” la zona dai partigiani. Così, all’alba del 7 aprile (Venerdì Santo di Pasqua) un forte reparto di tedeschi della Divisione Paracadutisti SS Hermann Goering e della Divisione di fanteria Sardinia (circa mille soldati), con il supporto di un battaglione di militi fascisti (le camicie nere), scalano il Monte Tancia da tutte le vie di accesso. Le sentinelle della Brigata Stalin, danno immediatamente l’allarme e viene predisposta la difesa. Si costituiscono varie squadre dislocate in modo da bloccare le varie vie di accesso al Monte. Così, la squadra di Poggio Mirteto si piazza in località Crocetta per bloccare l’accesso dall’omonimo paese, la squadra di Gavignano va a bloccare l’accesso da Poggio Catino e la squadra di Roma (cosiddetta perché costituita da giovani romani, alcuni dei quali già militanti nei GAP-Gruppi di Azione Patriottica) si attesta a bloccare l’accesso da Salisano. Lo scontro a fuoco inizia ben presto e dura molte ore. Si decide quindi la ritirata verso la posizione tenuta dalla squadra di Roma, in modo da attaccare in forze in quella direzione e rompere l’accerchiamento. Così la formazione partigiana, costituita da circa 80 elementi, attacca in forze in località Arcucciola e riesce a sfondare le posizioni nemiche. L’operazione di sganciamento, attraverso uno stretto canalone che tutti conoscono bene, è coperta dalla squadra di Roma, guidata dal maggiore dei due fratelli Bruni, Bruno, che ha 21 anni ed ha prestato il servizio militare nei Paracadutisti Guastatori come Caporale Maggiore. Quando questa squadra riceve l’ordine di ripiegare uno dei membri viene ferito. Gli altri compagni lo soccorrono e cercano di portarlo via, per non lasciarlo nelle mani dei tedeschi. Questi momenti di ritardo sono fatali per l’intero gruppo che viene circondato dai nazisti, che concentrano il fuoco sulla loro posizione, che diventa ben presto un inferno. Tutti e 7 i patrioti cadono ma riescono a rallentare ancora l’avanzata nemica. I martiri sono: i fratelli Bruno e Franco Bruni, studenti di 21 e 18 anni, Giordano Sangalli, di 16 anni, Nello Donini, di 18 anni, Domenico Del Bufalo,di 20 anni, Alberto Di Battista,di 22 anni, e Giacomo Donati,di 36 anni, Il loro sacrificio consente agli altri 70 partigiani di mettersi in salvo. Nelle ore seguenti, 2 partigiani vengono presi e fucilati dai tedeschi a Castel S. Pietro ed un altro all’Osteria del Tancia. I corpi dei patrioti caduti sul Monte Tancia sono lasciati insepolti per un mese, per disposizione dei tedeschi, che vogliono attuare in questo modo una macabra ritorsione. Finalmente, il 5 maggio Don Igino Guidi, parroco di Bocchignano, ottiene il permesso di recarsi sul posto. Il giorno seguente accompagnato da alcuni Carabinieri, raccoglie i poveri resti e dà loro una sommaria sepoltura. Per il valoroso episodio dell’Arcucciola viene concessa la Medaglia d’Argento al Valore Militare alla Brigata D’Ercole-Stalin. Sangalli ed i fratelli Bruni vivevano a Torpignattara.

A Bruno Bruni comandante di quel manipolo di ragazzi fu concessa la medaglia d’oro al valor militare. Al marinaio Giordano Sangalli d’anni sedici, giovane di Torpignattara, renitente alla leva coercitiva e poi diventato partigiano, gli fu intitolato, nel dopoguerra, un campo di calcio in Viale dell’Acquedotto Alessandrino che ora è stato demolito e, più recentemente, un giardino pubblico. (nella foto la visita dei gappisti Paolo Morettini, Eugenio Meneghino e Clemente Scifoni al monte Tancia. Clemente e Paolo erano gappisti de l'VIII Zona Eugenio della prov di Rieti. Tutti e tre inquadrati nella formazione garibaldina "Giuseppe Stalin", come emerge dai documenti che portarono all'assegnazione di una medaglia di guerra alla formazione e al titolo di partigiani combattenti)


13 gennaio 2021

Solidarietà a Lia Tagliacozzo dall'ANPI di Roma e dal Coordinamento donne dell'ANPI provinciale: presenteremo al più presto il suo libro

Domenica mentre si stava svolgendo la presentazione del nuovo libro di Lia Tagliacozzo, organizzato da Gruppo di Sudi ebraici - Istoreto di Torino, attraverso la piattaforma Zoom, c'è stata una vera e propria incursione squadrista  che ha cominciato a ricoprire di insulti antisemiti la scrittrice. Non abbiamo intenzione di ripeterli. Sì, si tratta di squadrismo nel mondo dei social e dei nuovi strumenti per stare insieme e fare iniziative ai tempi della pandemia. Il tentativo gravissimo d'interruzione è stato bloccato e la presentazione è continuata. Il libro presentato "La generazione del deserto. Storie di famiglie, di giusti e di infami durante le persecuzioni razziali in Italia" (Manni) è un libro particolarmente interessante. E' un libro che parla dei figli e dei figli dei figli di quanti hanno vissuto l'orrore della Shoah, dei silenzi e delle paure che sono passati da una generazione all'altra. Un libro nato da interrogativi importanti. Scrive l'autrice "Nella mia famiglia le storie della guerra sono sempre state taciute. Per tutta la mia infanzia e la prima età adulta la loro ricostruzione ha richiesto anni di scoperte occasionali, di orecchie tese a cogliere indizio e esplorazioni clandestine nelle carte di casa. Questa dunque è la storia della mia famiglia". Un libro da leggere e presentare. Esprimiamo la nostra nostra solidarietà a Lia Tagliacozzo e condividiamo la sua determinazione ad andare avanti sulla strada della memoria e dell'antifascismo e la condanna più secca a tali atti indegni. Come scrive Lia Tagliacozzo su il Manifesto "è una questione di asticella: quella che non si deve superare. Non possiamo continuare a spostarla di volta in volta e rischiare di fare la fine della rana bollita che non si era accorta che l’acqua si stava scaldando. Il clima si va appesantendo, la storia e la memoria sospinte in un passato che si sostiene non abbia niente da dirci, il linguaggio dell’odio – antisemita, razzista, omofobo – avallato dal sentire comune e da parte della politica. Domenica ci hanno provato e non ci sono riusciti. Sono stati denunciati. Questo è quanto abbiamo da dire." 

Speriamo di avere quanto prima Lia Tagliacozzo come nostra ospite e presentare il suo libro.

Il Comitato provinciale ANPI di Roma

il Coordinamento Donne ANPI Provinciale Roma





03 gennaio 2021

3 gennaio 2021: il partigiano combattente Nando Cavaterra compie 92 anni

3 gennaio 2021: il partigiano combattente Nando Cavaterra compie 92 anni. Gli auguri più sentiti dall'ANPI provinciale di Roma.




"L'ANPI non morirà mai": intervista al partigiano Nando Cavaterra su Il Fatto Quotidiano del 24 aprile 2017




01 gennaio 2021

Auguri di inizio anno di Fabrizio De Sanctis, presidente dell'ANPI provinciale di Roma

Carissime compagne e carissimi compagni dell’ANPI,

l’anno che va terminando è stato veramente duro per tutti e la nostra Associazione non fa eccezione.

Quest’anno abbiamo perso tante compagne e tanti compagni preziosi, a cominciare dalla nostra presidente nazionale, l’on. Carla Nespolo e con lei tanti partigiani, da ultime le compagne Lidia Menapace e Gianna Radiconcini. Purtroppo quella contro il tempo che passa è l’unica battaglia che l’ANPI non può combattere e i partigiani iscritti non sono ormai molti più di duemila in tutta Italia.

Eppure di fronte a qualsiasi dolore il nostro lavoro deve continuare e così non posso che ringraziarvi per il tanto lavoro svolto e i tanti risultati conseguiti nelle difficili condizioni del 2020.

L’anno che passa ci consegna ad un bivio che è anche un’occasione storica. O la pandemia da covid 19 ci porterà in un domani fatto di diritti e di giustizia sociale, alla realizzazione del disegno di giustizia sociale portato dai principi della Costituzione repubblicana, oppure quello che abbiamo davanti a noi è un disastro sociale di proporzioni storiche, sul quale pascoleranno i parassiti dell’estrema destra italiana e del fascismo internazionale.

I nostri compiti si fanno pertanto più stringenti, nelle scuole e nelle università come nelle piazze e nel web. È in gioco infatti la stessa sopravvivenza delle Istituzioni repubblicane come le abbiamo conosciute per decenni. Non potrà semplicemente tornarsi indietro e riprendere la vita di prima della pandemia. Questa gravissima crisi sanitaria, economica e sociale ha messo a nudo tutte le falle del nostro sistema, tutti i ritardi nell’attuazione dei principi costituzionali, aggravando le povertà, le ingiustizie, le difficoltà del lavoro, della condizione femminile e di quella giovanile.

Eppure è proprio ora che necessita il nostro intervento culturale e politico per un profondo cambiamento del nostro paese e dell’Europa unita nell’UE.

La nostra Associazione venne fondata il 6 giugno 1944, nel pieno dei combattimenti della Seconda Guerra Mondiale e si è portata nel terzo millennio grazie alla lungimiranza dei partigiani che hanno voluto che essa non morisse ma continuasse la sua opera per un’Italia diversa da quella del regime fascista e diversa dall’attuale. Per questo aprirono l’Associazione al contributo dei non partigiani, perché la sua lotta per le libertà nel nostro paese non cessasse e per questo si sono dedicati negli ultimi 30 anni anche al futuro dell’Associazione, il cui destino è ormai nelle mani dei giovani.

Portiamo quindi tutti insieme la responsabilità non solo della vita dell’Associazione ma del perseguimento dei suoi scopi, che proponiamo a tutti mentre lottiamo per essi.

L’anno che verrà sarà un altro anno molto duro, abbiamo le armi contro la pandemia sanitaria e dovremo vigilare che siano per tutti, ma non abbiamo ancora impugnato quelle contro la crisi economica che il covid ha aggravato. Esse armi sono ancora negli ideali della Resistenza, nei principi che Essa consacrò nella Costituzione.

Parafrasando ciò che amava dire la nostra cara compagna Tina Costa, che quest’anno non abbiamo potuto onorare come avremmo voluto, abbiamo il futuro dalla nostra parte, perché siamo tanti e non abbiamo torto.

Vi auguro un nuovo anno pieno di felicità e di soddisfazioni, come donne e uomini dell’ANPI lo meritate, senza riserve, perché un altro anno è passato e con la testimonianza e l’opera collettiva che l’Associazione rappresenta, avete rafforzato l’antifascismo.

Buon anno!

Il Presidente dell’ANPI provinciale di Roma Fabrizio De Sanctis



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