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01 agosto 2025
1° agosto 1922: le barricate dell'Oltretorrente a Parma
31 luglio 2025
L'ANPI provinciale di Roma: due parole su un'entità fascista del VI Municipio
Spendiamo due parole sugli atti provocatori da parte di un'entità di fascistucci del VI municipio che si autodefiniscono "azione frontale" e che si richiamano apertamente al fascismo, non solo quello repubblichino, ma proprio quello della prim'ora, e che vedono nel criminale, vile, Benito Mussolini ancora la loro guida per un "rinnovamento" (sic!) della società italiana. E hanno come simbolo proprio un bel fascio, proprio per evitare ogni malinteso. E fra le varie attività che svolgono, fanno "passeggiate" serali nel quartiere per spaventare e minacciare presunti spacciatori, violentatori, criminali assortiti e "parassiti" di vario genere, i quali sapendo che per le strade si aggirano tali indomiti cavalieri, dormono ormai sonni agitati.
Altre attività che compiono sono quelle di attaccare e infangare la memoria dei partigiani e delle partigiane accusandoli dei peggiori crimini mai commessi dall'umanità (a parte quelli perpetrati dai fascisti, dal primo dopoguerra fino ai giorni nostri, in Italia, in Africa, Albania, Jugoslavia, Grecia, Unione Sovietica, ecc. e i vari attentati, stragi, tentativi di golpe, omicidi, pestaggi ecc. ecc. ecc. compiuti nel dopoguerra per vari decenni). Proiettano cioè sui partigiani le malefatte storiche dei fascisti. Attaccano poi striscioni inneggiando al duce e pubblicano tranquillamente le foto di queste gesta sui canali e pagine social, blog e quant'altro che fanno direttamente loro riferimento, con tanto di indirizzo fisico del proprio covo.
Ora sarebbe gioco facile deridere cotanta crassa ignoranza storica: idolatrare un personaggio come Mussolini che NON FECE MAI alcuna marcia su Roma perché rimasto a Milano con un biglietto per la Svizzera, pronto alla fuga se le cose si fossero messe male. E che non si fece problema alcuno nell'abbandonare al proprio destino i pochi fedelissimi rimastigli, per tentare, un ventennio dopo, nuovamente la fuga travestito da occupante tedesco. Ecc. ecc. ecc. Se frequentassero librerie e biblioteche troverebbero migliaia di volumi storici da studiare.
Sta di fatto però, che la ricostituzione del partito fascista sotto ogni forma, l'esaltazione e la propaganda delle "idee" fasciste e razziste, l'aggirarsi in gruppo a mo' di ronde costituendo un pericolo per l'ordine pubblico e l'incolumità delle persone (loro stessi in primis), sono reati perseguibili d'ufficio. Siamo certi che le forze dell'ordine conoscono vita morte e miracoli di questi supereroi, e le prove dei vari reati commessi sono comunque visibili a tutti sui loro stessi canali web. Pretendiamo che le Autorità giudiziarie competenti si attivino come previsto dall'ordinamento e che, svolti i debiti accertamenti sulle singole reali responsabilità, agiscano penalmente nei loro confronti.
28 luglio 2025
28 luglio 1943: l'eccidio delle Reggiane
28 luglio 1943: eccidio di Bari (eccidio di via Nicolò dell'Arca)
A pochi giorni dalla caduta del fascismo, si diffonde nella città di Bari la notizia dell'imminente liberazione dei prigionieri politici. Il 28 luglio, un corteo di circa 200 persone, in maggioranza studenti, raggiunge la sede della federazione fascista in Via Niccolò dell'Arca, presidiata da un folto nugolo di soldati del Regio Esercito, Carabinieri e membri della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, non ancora disarmata e inquadrata nel Regio Esercito al comando del generale Armellini.
Dopo aver intavolato una trattativa per la rimozione dei simboli fascisti, improvvisamente dalle finestre dell'edificio il presidio apre il fuoco contro i manifestanti. In 20 cadranno sotto i colpi dei militari, moltissimi rimarranno feriti e non potranno ricevere i primi soccorsi se non dopo molte ore.
Per approfondire:
25 luglio 2025
25 luglio 1943: la caduta del fascismo
24 luglio 2025
Luglio 2025: le pastasciutte antifasciste delle sezioni ANPI di Roma e provincia
Ecco l'elenco delle locandine, in continuo aggiornamento:
19 luglio sezione San Lorenzo
25 luglio Sezione ANPI Fiano Romano "T. Noce"
21 luglio 2025
Distrutta una delle lapidi dedicate a Giacomo Matteotti sul lungotevere Arnaldo da Brescia: comunicato dell'ANPI provinciale di Roma
Appresa da fonti di stampa la notizia, il comitato provinciale dell'ANPI di Roma condanna con forza l'accaduto in attesa che le indagini delle forze dell'ordine chiariscano la dinamica e individuino gli autori del gesto che, come al solito, agiscono nel buio. Non è la prima volta che viene profanata la memoria di Giacomo Matteotti. Evidentemente il suo fiero coraggio, la sua granitica fede democratica e antifascista, la sua immensa statura politica e la specchiata integrità morale gettano nel panico e nel discredito ancor oggi il fascistume abietto. E non è un caso che abbiano preso di mira la lapide che riporta la sua frase: ”Uccidete pure me, ma l’idea che è in me non l’ucciderete mai”, che Matteotti pronunciò nel discorso del 30 maggio 1924 - pochi giorni prima di essere rapito - alla Camera dei Deputati, per denunciare brogli e violenze fasciste.
Siamo per il resto fiduciosi nel rapido ripristino della lapide.
20 luglio 2025
20 luglio 1926 - 20 luglio 2025: buon compleanno, "Biondino"!
20 luglio 2001: Carlo Giuliani è assassinato da un colpo di pistola durante le manifestazioni del G8 di Genova
19 luglio 2025
19 luglio 1992: la strage di via D'Amelio
19 luglio 1992: la strage di via D'Amelio. Un attentato mafioso - terroristico in cui morirono il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto fu l'agente Antonino Vullo, che al momento dell'esplosione stava parcheggiando una delle auto della scorta.
Già componente del pool Antimafia e procuratore di Marsala, da aggiunto a Palermo raccoglie il testimone dell'amico Giovanni Falcone. Due giorni prima della strage di Capaci rilascia un'intervista a due giornalisti francesi in cui vengono fatti i nomi di Vittorio Mangano, Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi. Dopo la morte di Falcone, la vita di Borsellino cambia: “Devo fare presto, non ho più tempo”, dice più volte, durante gli ultimi 57 giorni di vita. Anche se non ne ha formalmente il potere, Borsellino si dedica completamente alle indagini su Capaci. Interroga collaboratori di giustizia come Gaspare Mutolo che accuserà Bruno Contrada, all'epoca numero 3 del Sisde, di essere colluso con Cosa Nostra; incontra investigatori come Mario Mori e Giuseppe De Donno all'interno della caserma Carini di Palermo: secondo i carabinieri il magistrato voleva parlare del dossier investigativo su Mafia e appalti. Nello stesso periodo Borsellino partecipa a riunioni di coordinamento con magistrati di Caltanissetta per discutere delle indagini su Capaci e valutare le dichiarazioni di confidenti come Alberto Lo Cicero, che anni dopo riferirà della presenza del neofascista Stefano Delle Chiaie in Sicilia nei giorni della strage. Sempre Lo Cicero spiega di aver incontrato Guido Lo Porto, a casa del suo capo, Mariano Tullio Troia, boss e simpatizzante dell'estrema destra. Parlamentare del Msi e futuro sottosegretario del primo governo Berlusconi, Lo Porto è un vecchio amico e compagno di scuola di Borsellino.
In quei giorni il magistrato annota ogni spunto, riflessione e ipotesi investigativa su un'agenda di pelle rossa dei carabinieri: nelle ultime fasi della sua vita non se ne separerà mai. Quell’agenda scompare subito dopo la strage di via d’Amelio. Il 25 giugno, Borsellino tiene quello che sarà ricordato come il suo ultimo discorso pubblico: “In questo momento oltre che magistrato, io sono testimone. Sono testimone perché, avendo vissuto a lungo la mia esperienza di lavoro accanto a Giovanni Falcone, avendo raccolto tante sue confidenze, questi elementi che io porto dentro di me, devo per prima cosa riassemblarli all’autorità giudiziaria, che è l’unica in grado di valutare quanto queste cose che io so possono essere utili”, dice alla biblioteca comunale del capoluogo siciliano. È in quei giorni che, parlando con due giovani colleghi, si sfoga arrivando alle lacrime: “Non posso credere che un amico mi abbia tradito”. Due settimane dopo, invece, crolla con la moglie: ”Mi disse testualmente: ho visto la mafia in diretta, perché mi hanno detto che il generale Subranni è punciutu”, ha raccontato Agnese Piraino Leto. Subranni era all'epoca al vertice del Ros dei carabinieri e punciuto vuol dire affiliato a Cosa nostra: l’indagine per concorso esterno a suo carico sarà poi archiviata nel 2012. Il 30 giugno del 1992, invece, Borsellino incontra il giornalista Gianluca Di Feo, che è arrivato da Milano per chiedere informazione su un giro di riciclaggio legato a Tangentopoli. “Sono tanti gli imprenditori in grado di riciclare 10 milioni di lire, ma se devi riciclare 10 miliardi di lire gli imprenditori che possono farlo si contano sulle dita di una mano e uno di quelli che avrebbe questa capacità è Silvio Berlusconi. Bisogna guardare a figure come Berlusconi, che avrebbe le capacità economiche per fare questo tipo di operazioni”, dice il magistrato.Domenica 19 luglio Borsellino si sveglia all'alba, deve sentire la figlia Fiammetta che è in vacanza con amici di famiglia in Thailandia. Poi alle 7 del mattino squilla il telefono. “No, la partita è aperta”, urla Borsellino, prima di sbattere la cornetta del telefono. Alla moglie spiega che era Pietro Giammanco, il suo capo: gli ha telefonato per annunciargli che vuole finalmente assegnargli la delega per indagare sui fatti di mafia della provincia di Palermo. “Ma perché tanta fretta?” dice Agnese, consapevole che il marito chiede quell'incarico da mesi. “Lo sai che mi ha detto? Così la partita è chiusa”, continua Borsellino. Poi la famiglia si sposterà nella casa di Villagrazia di Carini per una domenica in riva al mare: un bagno, un pranzo con gli amici, il Tour de France in tv, poi il riposo. Ma Borsellino non chiude occhio: la moglie troverà ben cinque sigarette nel posacenere della camera da letto. “Devo andare a prendere mia madre e portarla dal dottore”, spiega ai presenti, salutandoli con molto trasporto. Tre auto blindate si avviano verso via Mariano d'Amelio, dove abita la madre di Borsellino. Manca un minuto alle 17 quando una Fiat 126 imbottita di esplosivo uccide il magistrato e i poliziotti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Sopravvive solo Antonio Vullo.
https://www.onuitalia.it/perche-e-attuale-il-pensiero-di-paolo-borsellino/
https://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/anniversari/borsellino-25-anni-fa/
I giorni di Giuda. L'ultimo intervento di Paolo Borsellino
Il 25 giugno 1992 Paolo Borsellino interviene ad un dibattito organizzato dalla rivista MicroMega presso l'atrio della Biblioteca Comunale di Palermo;sarà il suo ultimo intervento pubblico. Il video è frutto del lavoro del giornalista Pippo Ardini, scomparso l'8 dicembre 2009.
19 luglio 1943: il bombardamento di San Lorenzo
14 luglio 2025
Tina Costa - Una Vita Ribelle e Partigiana - presentazione progetto per la realizzazione di un documentario e di un fumetto per i 100 anni dalla nascita - 16 luglio alle 19 agli Orti Urbani di Garbatella
16 luglio alle 19 agli Orti Urbani di Garbatella per parlare di Tina, una donna Ribelle e Partigiana e della sua vita di lotta per i diritti, per la pace, per un mondo più giusto e più umano.
16 luglio 2025 ore 19:00 Orti Urbani di Garbatella - Via Rosa Raimondi Garibaldi, 14
Comitato provinciale ANPI Roma con le sezioni ANPI Renato Biagetti , ANPI Garbatella Ostiense San Paolo, ANPI Martiri delle Fosse Ardeatine, ANPI Trullo-Magliana Franco Bartolini
Tina Costa - Una vita ribelle e Partigiana
Tina Costa una vita ribelle e partigiana - il progetto su facebook
14 luglio 1944: la strage di San Polo (AR) - furono trucidati dai nazisti 65 tra partigiani e civili, tra cui 8 donne, 8 anziani e un neonato
È stato il giornalista tedesco e studioso Udo Gümpel, a partire dal 1999, tra i primi ad indagare sulle stragi nazifasciste con l’intento di dimostrare al suo Paese quanto fosse ancora lontano da una vera presa di coscienza sui fatti avvenuti durante l’occupazione in Italia e a chiederne conto ai diretti responsabili in Germania. Come il sottotenente Klaus Konrad, incontrato nel 2004. Ex parlamentare, esponete dell’Spd, aveva affiancato come consigliere il cancelliere socialdemocratico Willy Brandt, che nel 1970 fece scalpore perché si inginocchiò davanti al monumento in memoria della distruzione del Ghetto di Varsavia. Konrad ammise di aver assistito ai violenti interrogatori, che la dinamite servì a camuffare le tracce delle torture e le esecuzioni dei prigionieri e che non era pentito. Dopo l’intervista fu indagato dal Tribunale militare di La Spezia ma morì prima della sentenza. Si era dichiarato non colpevole.
Ewert invece era morto nel 1994, prima che partissero le indagini. Nel 1972 la Germania aveva chiuso il caso San Polo perché era impossibile attribuire le precise responsabilità esecutive tra Konrad, Ewert e un terzo ufficiale. Come ricostruisce Gümpel, il colonnello Ewert era stato raggiunto da alcuni colpi di fucile che gli presero il berretto mentre viaggiava a bordo di una decappottabile e decise di reagire. I militari tedeschi catturano un disertore per avere informazioni e in base alle sue confessioni, partì l’operazione. Furono incendiate fattorie e abitazioni e rastrellate le aree intorno al comando: Molin dei Falchi, Pietramala Vezzano, Castellaccio e Villa Mancini.
Durante la marcia dei prigionieri verso la villa dove si trovavano gli ufficiali, alcune donne, anziani e bambini vennero uccisi perché incapaci di tenere il passo. Venne uccisa anche una donna incinta e il garzone di bottega che la mattina stessa aveva portato pane e prosciutto ai soldati tedeschi. Gli altri vennero interrogati e torturati fino a che non si decise per l’uccisione di tutti perché tra loro si riteneva ci fossero alcuni partigiani. Allineati sulle fosse, chi le aveva scavate venne fucilato con un colpo alla nuca.
Poi le buche vennero fatte esplodere. Il giorno dopo le truppe tedesche lasciarono San Polo. Le testimonianze sono raccapriccianti: la popolazione si accorse dell’accaduto dopo due giorni. Alla villa c’erano sangue e parti umane sugli alberi. Molti erano morti per asfissia. Dissotterrati i resti dei cadaveri, li trasportarono sui carri fino al cimitero. Gli alleati girarono le immagini di quel drammatico ufficio.
12 luglio 2025
12 luglio 1944: la strage di Fossoli
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Ripudia intolleranza, razzismo e antisemitismo.
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