29 gennaio 2025

29 gennaio 1944: il giovane partigiano Massimo Gizzio viene ferito gravemente dai fascisti. Morirà dopo tre giorni di agonia il 1 febbraio





Nato in una famiglia dell'agiata borghesia romana, sin da giovane Massimo maturò in quell'ambiente familiare cosmopolita e particolarmente ricettivo nei confronti degli stimoli culturali europei (la madre, tra le poche donne laureate nell'Italia di allora, aveva frequentato un liceo tedesco) la propria passione per la musica, il teatro, le arti e soprattutto lo studio: fu proprio a scuola che diede prova dei propri già radicati sentimenti antifascisti, contestanto apertamente i professori che si facevano portavoce della propaganda di regime. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Roma con un anno di anticipo, aderì al PCI clandestino. Fu arrestato e detenuto nel carcere minorile di Via dei Sabelli, a San Lorenzo, venendo poi liberato a seguito degli eventi del 25 luglio 1943: quell'estate conobbe Enrica Ferrari Conti, detta "Chiccò", con cui intrattenne un'intensa relazione e un fitto scambio epistolare.

Dopo l'8 settembre, Massimo aderì alla Resistenza e diede vita, assieme a Carlo Lizzani e Vincenzo Lapiccirella, al Comitato studentesco di agitazione, nato dalla convergenza tra i vari movimenti antifascisti attivi nelle scuole e nell'università della capitale. Il 29 gennaio1944, mentre camminava lungo Via Ennio Quirino Visconti diretto al Liceo "Dante Alighieri", ove si stava svolgendo uno sciopero studentesco contro l'occupazione nazifascista, fu sorpreso da una squadra della formazione repubblichina "Onore e combattimento" composta da Massimo Uffreduzzi, Sergio Bertolani, Giorgio De Michele e Carlo Alberto Guida. Il primo dei quattro, scorto Massimo che tentava di scappare lungo Via Federico Cesi, lo colpì alle spalle con quattro colpì di pistola. Trasportato all'Ospedale Santo Spirito su un carretto, Massimo morì tre giorni dopo per le conseguenze della setticemia dovuta alla ferita.

Nel 1947 Uffreduzzi, Bertolani e Guida, condannati a 20 anni e 8 mesi di carcere, e De Michele, condannato a 14 anni, dopo aver usufruito di un condono della pena, verranno assolti in blocco dalla Corte d'Assise di Napoli, che pure ne aveva accertato le responsabilità. Di Uffreduzzi, che si era vantato di aver sparato a bruciapelo sul ragazzo, si dirà che "risentiva del clima arroventato della guerra".


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