All'indomani dell'armistizio, fuggito da Milano, si unì alle formazione partigiane operanti nella zona di Lecco e della Valfurva, trasferendosi infine a Roma, dove prese contatto con i GAP centrali. Assieme allo studente di architettura Giorgio Labò, fu incaricato dai dirigenti dell'organizzazione comunista clandestina di confezionare gli ordigni esplosivi da utilizzare nelle azioni di guerriglia nella capitale: i due, assieme ad altri addetti alla "santabarbara" dei GAP, risiedevano nell'appartamento situato al secondo piano del palazzetto al civico 25A di Via Giulia, protetti da una falsa identità. Arrestati il 1° febbraio 1944 a seguito dell'irruzione della polizia tedesca nello stabili, furono rinchiusi a Via Tasso.
«Questo comunista Mattei è terribile, terribilmente silenzioso» - diceva di lui Kappler, secondo la testimonianza della gappista Maria Teresa Regard - «ma ora useremo il tenente Priebke, che saprà farlo parlare con mezzi chimici e fisici». Per timore di rivelare informazioni sull'organizzazione clandestina ed esporre al pericolo i propri compagni, nella notte tra il 6 e il 7 febbraio si impiccò con la cintura dei pantaloni nella propria cella, dopo aver lasciato un ultimo messaggio alla famiglia sul retro di un assegno bancario.