05 febbraio 2025

Il 5 febbraio 1944, Leone Ginzburg moriva nel carcere di Regina Coeli per le percosse subite dalle SS durante un interrogatorio.

Il 5 febbraio 1944, Leone Ginzburg moriva nel carcere romano di Regina Coeli dopo essere stato brutalmente pestato dalle SS durante un interrogatorio.
Nato a Odessa nel 1909 da una famiglia ebraica, figlio di Fëdor Nikolaevic e Vera Griliches, Leone era nato da una breve relazione tra Vera e l'italiano Renzo Segré ma era stato successivamente riconosciuto dal marito della madre, il quale gli aveva trasmesso il proprio cognome. Dopo un'infanzia trascorsa tra Roma e Viareggio, eccettuata due brevi parentesi negli anni dell'adolescenza in cui la famiglia Ginzburg aveva vissuto prima a Torino e poi a Berlino, Leone si stabilì definitivamente con il padre, la madre e i propri fratelli maggiori, Marussa e Nicola, a Torino, dove frequentò il liceo classico "Massimo D'Azeglio" tra il 1924 e il 1927, dove ebbe quali compagni di studi Giorgio Agosti, Norberto Bobbio e Sion Segre. Sono questi gli anni in cui il giovane Ginzburg diede prova della propria vivacità intellettuale, dedicandosi alla traduzione di alcuni classici della letteratura russa e alla stesura di saggi di argomento letterario. Decisivo fu per la maturazione di una salda coscienza antifascista l'incontro con i docenti Umberto Cosmo, Zino Zini e Franco Antonicelli.
Iscrittosi a Giurisprudenza ma successivamente passato a Lettere, si laureò nel 1931 con una tesi su Maupassant e ottenne nel 1932 la libera docenza in letteratura russa presso l'ateneo torinese; negli stessi anni si avvicinò a vari intellettuali antifascisti riuniti attorno all'editore Giulio Einaudi, tra cui Cesare Pavese, Vittorio Foa, il compagno di scuola Norberto Bobbio e Carlo Levi, e fu attivo nel movimento di Giustizia e Libertà. Nel 1934, il proprio rifiuto di prestare il giuramento di fedeltà al regime fascista richiesto ai docenti universitari lo privò della cattedra; nello stesso anno, fu arrestato dall'OVRA e condannato al carcere, venendo liberato nel 1936 e proseguendo la propria attività intellettuale e l'impegno politico antifascista. Si unì in matrimonio nel 1938 con Natalia Levi, dalla quale ebbe quattro figli, Carlo, Andrea e Alessandra.
Nuovamente arrestato nel 1940, fu inviato al confino nella località abruzzese di Pizzoli, ove rimase sino al 25 luglio 1943 per poi trasferirsi a Roma. Dopo l'8 settembre fu tra i principali animatori del movimento resistenziale clandestino del Partito d'Azione, divenendo direttore dell'edizione romana del quotidiano clandestino "Italia libera". Arrestato il 19 novembre 1943 assieme ad altri redattori nella sede della tipografia clandestina di via Basento, 55 a seguito di una retata della polizia fascista, venne recluso a Regina Coeli e duramente torturato dalle SS, le quali cercarono di estorcergli informazioni circa l'organizzazione clandestina del Partito d'Azione nella capitale, ma non parlò. Morì di arresto cardiaco a seguito delle violenze subite, ad appena 35 anni, il 5 febbraio 1944.



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