Non era la prima volta che Koch e i suoi sgherri compivano retate all'interno di sedi prottette dallo status di extraterritorialità: il 12 dicembre era riuscito a scovare il generale Mario Caracciolo di Feroleto, nascosto nel convento francescano situato nelle vicinanze delle Catacombe di San Sebastiano, sull'Appia Antica, mentre il 21 dicembre 1943 un'analoga operazione condotta all'interno dell'isolato comprendente il Pontificio Seminario Lombardo, Il Pontificio Istituto di Studi Orientali e il Collegium Russicum aveva portato all'arresto di 18 tra ebrei e antifascisti ivi rifugiatisi, compreso il dirigente sindacale comunista Giovanni Roveda.
Attiva a Roma a partire dal dicembre del 1943 con la denominazione ufficiale di "Reparto Speciale di Polizia Repubblicana" e guidata dall'ex ufficiale dei granatieri Pietro Koch, la banda agì alle dirette dipendenze della Questura e del comando SS di Roma, pur godendo nel proprio operato di ampio margine di autonomia. I circa settanta membri della formazione, tra cui alcune donne, si resero responsabili di violenze e torture efferatissime a danno di ebrei, antifascisti e partigiani da loro trattenuti in stato di arresto prima nei locali della pensione Oltremare in Via Principe Amedeo, 1 e successivamente in quelli della pensione Jaccarino, in Via Romagna, 38; molti di essi finiranno nei lager o alle Fosse Ardeatine. La banda Koch seguì poi le sorti del proprio capo, proseguendo la propria attività a Milano sino al termine del conflitto, quando Pietro Koch fu arrestato, processato e condannato alla pena capitale, sentenza eseguita mediante fucilazione sugli spalti di Forte Bravetta il 4 giugno 1945. Altri componenti della banda, scampati alle violenze dei giorni immediatamente successivi al 25 aprile, furono condannati a pene detentive e progressivamente scarcerati a seguito dei vari provvedimenti di amnistia del dopoguerra.