28 maggio 2014

Affile: le motivazioni della sentenza di assoluzione per i tre ragazzi accusati di aver danneggiato il mausoleo intitolato a Graziani

Erano stati assolti il 1 aprile scorso i tre ragazzi accusati di aver imbrattato il mausoleo intitolato a Rodolfo Graziani ad Affile. Secondo il Tribunale Ordinario di Tivoli – sezione penale monocratica, non si deve procedere nei loro confronti perché il fatto non sussiste.
Vedi Comunicato Stampa del del 1 aprile.

L'Anpi Provinciale di Roma è soddisfatta delle motivazioni che qui riportiamo.

Nella motivazione della sentenza di assoluzione si legge come il fabbricato oggetto dell’attività imputata avesse mutato caratteristiche e finalità a seguito della decisione della Giunta Comunale di Affile del 21 luglio 2012, che deliberava di intestare il sacrario non al soldato in senso ampio, ma bensì al Generale M.llo d’Italia Rodolfo Graziani. Dalla scelta della Giunta derivano una serie di rilevanti polemiche politiche, sociali e contestazioni che riguardavano non solo il nostro paese, ma anche l'ambito internazionale, in considerazione del profilo storico e personale di Graziani e al suo evidente coinvolgimento ed identificazione per le attività svolte e i ruoli ricoperti con il regime fascista.

La scelta della Giunta Comunale di Affile, la violazione della destinazione del fabbricato in questione in modo unilaterale senza alcun rispetto dell’originario progetto così come finanziato e valutato positivamente dalla Regione Lazio, determinava l’intervento del Presidente della Regione Lazio per contrastare la intenzione dichiarata del Sindaco di Affile di rendere quel paese un luogo equivalente a Predappio nella celebrazione del M.llo d’Italia Rodolfo Graziani.

Quanto all’accusa di danneggiamento, nella sentenza si legge che dalla documentazione acquisita non emerge alcuna modificazione strutturale o funzionale della cosa e d’altra parte le caratteristiche del bene, la sua impropria destinazione e il contrasto anche a livello amministrativo circa la destinazione del bene, valgono ad escludere senza alcun dubbio la ricorrenza dell’aggravante di aver commesso il fatto su beni pubblici. Dagli accertamenti è emerso che a causa delle scritte non vi sia stata nessuna dispersione, distruzione, o deterioramento definitivo del bene tanto da renderlo inservibile, con la conseguenza che è esclusa la sussistenza del fatto contestato.

Occorre evidenziare, si legge nella sentenza, che la originaria funzione e destinazione del bene era stata identificata in un sacrario volto a celebrare la memoria di tutti quei cittadini e soldati che hanno perso la loro vita in eventi bellici nella difesa del loro paese. Memoria che all’evidenza ricopre carattere e interesse generale e appare rivolta a tutelare un bene riferibile alla intera comunità pubblica. Al contrario, la scelta della delibera comunale del 21/07/2012 è stata quella di mutare tale contesto, intitolando il sacrario al Generale Rodolfo Graziani, e dunque ad una singola persona che non ha perso la propria vita in eventi bellici, la cui celebrazione non riveste carattere di interesse generale, mostrandosi al contrario foriera di contrasti o contestazioni in relazione alla discussa azione bellica dello stesso Graziani realizzata, che hanno portato a polemiche e contestazioni e sul suo passato e sul suo ruolo mai sopite. Non ricorre dunque nel caso in esame quella caratteristica che vale a connotare la evidente pubblica utilità di un bene, ovvero la riferibilità della celebrazione a sentimenti complessivi, condivisi e universalmente riconosciuti come quello del sacrificio e della morte in eventi bellici di cittadini o soldati nella difesa del proprio paese, mentre emerge senza alcun dubbio la volontà di esaltare una singola personalità.

E ancora: non può essere ritenuta la pubblica utilità del bene che per le sua caratteristiche, per l’uso pubblico al quale voleva essere destinato dal Comune di Affile appare in evidente contrasto con la disposizione dell’art. 11 della Costituzione, secondo il quale “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” Noto e condiviso dai padri costituenti lo spirito informatore dell’articolo 11 della Costituzione, in tal senso occorre considerare come il termine ripudio (non risultando utilizzato il termine ‘rinuncia’) alla guerra implica, inoltre, la  condanna di ogni propaganda bellicistica, di dottrine che esaltino o giustifichino la guerra, e la condanna della guerra, in particolare di aggressione, ovunque ciò avvenga.

Ebbene, riferire ed intitolare il sacrario in questione ad un rappresentante di diversi governi, tra i quali il governo fascista, che ha materialmente realizzato con costanza proprio le condotte aggressive ripudiate dalla nostra Costituzione, anche con organizzate attività di sterminio ed eliminazione di popoli da conquistare, esclude a parere del tribunale la ricorrenza di quella pubblica utilità che avrebbe dovuto originariamente caratterizzare il sacrario oggetto di accertamento, volto a celebrare la memoria dei cittadini impegnati nella difesa del paese e nella cura dell’interesse pubblico generale.

Tivoli, 1 aprile 2014, depositato in cancelleria il 6 maggio 2014.

Queste le frasi che furono scritte sul monumento: “no al fascismo”, “libertà”, “macellaio”, “vile onore e patria assassina”, “ne spazio ne luoghi per un massacratore”, “chiamate eroe un assasino”, “per i tuoi massacri compiuti un monumento per le vittime”.

 

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