Convegno con l'Anpi sulla Guerra di Liberazione alla Scuola di Fanteria di Cesano
Oggi a Cesano, dalle ore 9.30 alle ore 12, presso la Scuola di Fanteria dell'Esercito, si è tenuto un convegno sulla Guerra di Liberazione con la partecipazione del presidente e del vicepresidente del comitato provinciale dell'Anpi Roma, Vito Francesco Polcaro e Ernesto Nassi, in occasione del 70° anniversario della Resistenza.
I due relatori hanno affrontato il tema della Resistenza al nazifascismo, del forte legame tra il movimento partigiano, le bande militari autonome e il Corpo Italiano di Liberazione e dello spirito unitario e patriottico che caratterizzò tutti gli italiani che parteciparono alla guerra di liberazione dall'occupazione tedesca e la lotta contro la restaurazione del fascismo nel periodo settembre 1943-aprile 1945.
Comunicato stampa dell'11 novembre 2012Comunicato Stampa del 3 maggio 2013
Di seguito gli interventi di Polcaro e Nassi
Intervento di Vito
Francesco Polcaro
Presidente
del Comitato Provinciale ANPI di Roma
alla Scuola di Fanteria dell’Esercito
5 luglio
2013.
L’esposizione
di Ernesto Nassi ha ben spiegato il contributo dato da decine di migliaia di
militari fedeli alla Patria alla liberazione dell’Italia.
Resta solo
da capire perché questi militari e i Partigiani che hanno combattuto con loro,
appoggiati dalla larga maggioranza del popolo italiano, abbiano deciso di subire
patimenti inenarrabili, rischiare la vita e spesso perderla per combattere il
nazifascismo. Per capirlo
bisogna in primo luogo capire cosa è stato il fascismo.
Qual è
l’essenza del fascismo e del nazismo? La definizione è il connubio tra il volere
perseguire alcuni obiettivi politici senza alcuna mediazione e l’uso di una
violenza smisurata per raggiungere quegli obiettivi. Non è facile
capire questa essenza per noi che viviamo in uno Stato democratico, ma forse un
paragone può aiutare.
Qui
certamente non c’è, ma certamente avete sentito parlare da qualcuno del
fenomeno del “nonnismo”: un gruppo si attribuisce da solo un riconoscimento di
superiorità su tutti e usa la violenza fisica e morale sugli altri per farsi
riconoscere questa superiorità. Ai “nonni” è permesso tutto. Agli altri non è
permesso nulla, tranne l’obbedire senza discutere ad ogni prepotenza, senza
alcuna possibilità di opporsi. Così è stato durante il ventennio fascista: ai
fascisti era permesso tutto, a chiunque altro era permesso solo di obbedire,
senza poter contare su nessuna autorità che ripristinasse la giustizia e
proteggesse dai soprusi.
L’essenza
del fascismo è quindi uno Stato forte, nelle mani di un solo gruppo, capace e
disposto a mostrare la sua forza, anche nella forma della pena di morte. Questo
vuol dire un monopolio assoluto del potere, anche quello che non viene dalle
armi. Vuol dire una profonda contrapposizione con un nemico onnipresente, come
gli ariani contro i non ariani, glorificando i primi e demonizzando i secondi. E
vuol dire una visione della guerra come un’attività ordinaria dello Stato,
rendendola normale, eterna addirittura.
Si
è diffusa la falsa idea di un fascismo “buono” e “mite”, contro la verità e la
realtà, a fronte dei tremila morti del primo periodo del fascismo, delle persecuzioni
di chi non era fascista, delle guerre di aggressione, anche con l’uso di gas
asfissianti, a popoli che non ci avevano fatto nulla, delle leggi razziali e infine
della guerra mondiale in cui sono state mandate al massacro centinaia di
migliaia di giovani, si sono causate stragi di decine di migliaia di civili
coinvolti contro il loro volere nella guerra e si è rovinato e distrutto il
Paese.
Parole come “Patria” e “Nazione” erano divenute
pressoché impronunciabili, tanto erano collegate ad una concezione autoritaria
in cui la patria non poteva essere senza aggettivi, ma doveva essere la patria
fascista, mentre il concetto di appartenenza, che è alla base della nozione di
“Nazione”, veniva frantumato dalle leggi razziali e dalle persecuzioni degli
oppositori.
La lotta partigiana in Italia fu perciò caratterizzata
dall’impegno unitario di tutto il fronte delle opposizioni che il fascismo con
la violenza e la persecuzione aveva tentato di stroncare con ogni mezzo.
Cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici, anarchici, persone
che non avevano fatto alcuna esplicita scelta politica ma che volevano la
libertà, donne ed uomini che fino a quel momento non avrebbero mai supposto di
dovere impugnare un’arma, militari e suore, giovani e vecchi, ebrei e
sacerdoti, studenti ed operai, contadini ed impiegati, docenti universitari ed
analfabeti trovarono intesa ideale e organizzativa sotto il comune obiettivo della
democrazia.
È in quella scelta che si trovano le radici
dell’Italia repubblicana.
E’ stato il Presidente Napolitano ad esprimere bene
questo concetto, con una frase che merita di essere integralmente richiamata del
suo discorso di apertura nelle celebrazioni per il 150esimo dell’unità d’Italia
nel 2011:
“L’Italia poté
nel 1945 ricongiungersi come Paese libero e indipendente nei confini stabiliti
dal Trattato di pace grazie a tre fattori decisivi: quel moto di riscossa
partigiana e popolare che fu la Resistenza, di cui nessuna ricostruzione storica
attenta a coglierne limiti e zone d’ombra può giungere a negare l’inestimabile
valore e merito nazionale; il senso dell’onore e la fedeltà all’Italia delle
nostre unità militari che seppero reagire ai soprusi tedeschi e impegnarsi
nella guerra di Liberazione fino alla vittoria sul nazismo; la sapienza delle
forze politiche antifasciste, che trovarono la strada di un impegno comune per
gettare le basi di una nuova Italia democratica”.
È grazie alla scelta di chi volle combattere per la
libertà, infatti, che venne a costituirsi il Comitato di Liberazione Nazionale
che dopo la cacciata dei nazisti e del fascisti fu la culla per il primo
parlamento democratico e la fucina feconda della nostra Costituzione, che
ha permesso a tutto il Paese di godere della libertà e della democrazia, cioè
di un sistema
in cui si perseguono obiettivi politici attraverso mezzi nonviolenti, in
particolare attraverso l’ottenimento della maggioranza da parte di un soggetto
politico, in elezioni libere e giuste. Un sistema nel quale
non è permesso a nessuno, nemmeno alla maggioranza, di chiedere agli altri
“obbedienza pronta, cieca ed assoluta”, un sistema nel quale poteri distinti ed
indipendenti garantiscono che non ci siano soprusi contro i quali non si può
chiedere difesa e giustizia.
È questo quello che è scritto nella
nostra Costituzione nata dalla Resistenza, quella Costituzione che voi avete
giurato di difendere e per questo vi ringraziamo.
Intervento d Ernesto
Nassi (intervento a “braccio”)
Il Comandante della Scuola di Fanteria, Generale Giovanni
Manione, ha aperto, con il suo intervento il convegno sulla Guerra di
Liberazione e partecipazione militare alla Resistenza, invitandomi a prendere
la parola.
“L’8 settembre 1943,
Badoglio, alle ore 19.45, alla radio dell’Eiar, su disco precedentemente
registrato, diede l’annuncio che l’Italia aveva firmato l’Armistizio con gli
alleati. Appresa la notizia i tedeschi calano in Italia
per occuparla, anche favoriti dalla presenza nel nostro Paese di diverse divisioni frammischiate ai nostri
militari, a seguito del “Patto d’Acciaio” tra l’Italia fascista, la Germania
nazista e il Giappone imperialista. Tra marzo ed aprile del 1940, Mussolini maturò
la decisione di entrare in guerra, cedendo alle offerte tedesche di forniture
di armi e carbone, abbandonando l’idea di rimanere paese neutrale, entrando in
guerra a fianco di Hitler. Mussolini ed il fascismo erano convinti che la
guerra durasse pochi mesi e quindi “qualche
migliaio di morti” sarebbero stati sufficienti per accomodarsi al tavolo
della pace. Le cose non andarono così! All’alleanza con i tedeschi l’Italia ha
pagato un prezzo altissimo, sia economico che di vite umane. Il fascismo ha
portato il Paese in tre guerre: Guerra coloniale, Guerra di Spagna e Seconda
Guerra Mondiale, facendo gravare sulle spalle degli italiani ben tre “Economie
di Guerra” con conseguenze facilmente intuibili.
La
Germania accusò gli italiani di tradimento, per aver firmato l’armistizio, dimenticando
che Hitler, nel mese di aprile 1943, aveva chiamato i suoi generali invitandoli
a studiare un piano d’invasione militare dell’Italia, denominato “Piano
Alarico”.
E la Germania nazista era alleata dell’Italia fascista! La fuga del re e del Governo Badoglio, ha
lasciato i nostri soldati nella confusione più totale, privi di ordini atti a
fronteggiare i tedeschi e grazie al coraggio di militari e civili, i tedeschi
sono stati affrontati e fermati. Il
primo scontro è stato al ponte della Magliana, dove con un atto di
vigliaccheria i tedeschi hanno ucciso dei granatieri che erano d’avamposto; si
sono presentati con la bandiera bianca e a pochi metri dai nostri soldati si
sono gettati tra gli arbusti e dietro di loro c’erano dei paracadutisti che
hanno sparato contro i granatieri. I due giorni di combattimenti hanno causato
tra gli italiani, oltre 400 morti tra i militari e oltre 200 tra i civili; con
27 donne di cui una suora che curava i feriti di ambo gli schieramenti, morta
in seguito per le ferite. I militari italiani all’estero hanno pagato il prezzo
più alto, in Corsica, Francia, Albania, Grecia e specialmente nei Balcani. Nel
solo Montenegro, la Divisione Garibaldi,perse 14.000 uomini, il più grave e
drammatico fu l’eccidio di Cefalonia, dove sono stati uccisi migliaia di
militari italiani, disarmati. Anche in Italia i
tedeschi si sono macchiati di stragi di civili e distruzione di paesi, anche
assieme ai fascisti, come a Sant’Anna di Stazzema, dove con i tedeschi c’erano
dei fascisti versilliesi. Cosa sia stato il fascismo per
l’Italia forse, ancora oggi, non è stato profondamente studiato, non è stata
fatta una ricerca storica esaustiva, per molteplici ragioni, anche di parte, e rimane
una lacuna da colmare.
La Resistenza, grazie ai militari nelle sue file, ha usufruito della
conoscenza delle armi e della tattica di guerra, insegnata ai partigiani civili
dai partigiani militari. I combattenti per la libertà, anche se divisi
ideologicamente, erano uniti contro i nazifascisti, anche pagando con la vita
la loro scelta di campo, come la partigiana bolognese Irma Bandiera, torturata,
accecata e impiccata difronte le finestre di casa sua, davanti ai suoi
genitori.Molti episodi di micro resistenza a Roma, come a Centocelle, quando
Bentivegna la sera prendeva i mitra dei militi della PAI e al mattino li
riconsegnava, dopo aver fatto delle azioni contro i nazifascisti; Natalini,
quando qualche notte tornava alla Garbatella e c’erano la banda Koch e le SS
che lo cercavano, la portiera metteva un paio di calzini rossi alla finestra
per farlo allontanare. Roma ha pagato un prezzo altissimo in vite umane, nei
271 giorni di occupazione tedesca, circa 7.000 morti, compresi i morti dei
bombardamenti, perché la richiesta di Pio XII di considerare Roma “Città
Aperta” i tedeschi non l’hanno rispettata, portando uomini e mezzi militari
nella città, occupando le caserme di viale delle Milizie, istituendo il
Tribunale militare all’Hotel Flora e il comando delle SS a via Tasso; consentendo
così agli alleati di bombardare Roma.
Il 25 aprile,
l’Italia si è liberata dei nazifascisti, la Resistenza, anche grazie al popolo
italiano, ha concorso a riscattare l’onore del Paese, dopo ventanni di
dittatura. Però attenzione ai “partigiani
del 26 aprile” cioè quelli che dopo la Liberazione hanno avuto attestati di
partecipazione alla Guerra di Liberazione! I partigiani combattenti non sono
stati più di 200.000 e mio padre è stato uno di loro.
Il prossimo 8 settembre è il 70° anniversario dell’inizio
della Resistenza e ritengo che nelle celebrazioni di Porta San Paolo, sul
palco,assieme ai militari ci debba essere il rappresentante dell’ANPI, come è
auspicabile che al prossimo 25 aprile, sul palco, con i partigiani ci sia una
rappresentanza dei militari, avendo combattuto insieme, per liberare l’Italia. Però, proprio
in memoria dei tanti militari caduti nella Guerra di Liberazione, ritengo
scandaloso che ad Affile, da un anno, sia stato eretto un mausoleo in memoria
di Rodolfo Graziani, nonostante manifestazioni di protesta, denuncie alla
stampa italiana ed estera ed alla magistratura. Va ricordato che Graziani, fu
massacratore di etiopi, persecutore e fucilatore di partigiani, in quanto
ministro della guerra della RSI, che emanò i bandi per la cattura dei
partigiani e dei renitenti alla leva della RSI. Questo Mausoleo deve essere
abbattuto o riproposto come mausoleo dedicato ai caduti delle stragi
nazifasciste nella Valle dell’Aniene e del colonialismo italiano. I mausolei
dovrebbero essere fatti ai generali Gandin, Simoni e al colonnello Montezemolo a tanti e tanti altri,
ma no a chi non ha di certo onorato l’Italia.
Ernesto Nassi Vicepresidente
Vicario ANPI Roma