Luigi Pintor: 18 settembre 1925 - 17 maggio 2003
Di famiglia sarda antifascista, aveva partecipato giovanissimo alla Guerra di Liberazione. Era entrato nella Resistenza dopo aver ricevuto, da Napoli, una "lettera testamento" del fratello maggiore Giaime, datata 28 novembre 1943. Due giorni dopo Giaime sarebbe saltato su una mina, mentre tentava di raggiungere gruppi partigiani nel Lazio. Luigi Pintor aveva combattuto con i GAP romani sino al 14 maggio 1944 quando fu arrestato con Carlo Salinari, Franco Calamandrei e Silvio Serra per la delazione di Guglielmo Blasi. Con Serra, Pintor è portato alla pensione Iaccarino, base della "banda Koch"; interrogati e torturati per otto giorni vengono rinchiusi a Regina Coeli in attesa della condanna a morte, ma quando la sentenza sta per essere eseguita un intervento del Vaticano ne determina un rinvio. L'arrivo degli americani a Roma rappresenta la salvezza (ma Serra sarebbe caduto l'anno dopo combattendo nel Ravennate).
Nel dopoguerra Luigi Pintor è stato redattore e poi condirettore dell'Unità, membro del Comitato centrale del PCI. Deputato nel 1968 e nel 1987, fu radiato dal PCI nel 1969 con il gruppo del "Manifesto". A più riprese è stato direttore dell'omonimo giornale, sul quale ha continuato a scrivere (l'ultimo suo articolo è del 24 aprile 2003) pezzi di grande lucidità. Luigi Pintor ha scritto anche numerosi libri: Parole al vento (1990), Servabo: memoria di fine secolo (1991), La signora Kirchgessner (1998), Il nespolo (2001), Politicamente scorretto (2001). Proprio nei giorni della sua morte è uscito, presso Bollati Boringhieri, I luoghi del delitto. Nel maggio del 2007, a Roma gli è stato intitolato un viale di Villa Ada.
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“La Resistenza, – afferma in un’intervista a Nello Ajello – quel momento che vivemmo con naturalezza, con semplicità con fervore. Ora i posteri ne parlano spesso come di un lavoro di macelleria. Ciò mi comunica un odio violento non per la storia, che sarebbe insensato, ma per la storiografia. Che la memoria venga falsificata è forse fatale. Fatale ma non innocuo”.
Per il centenario della nascita il Manifesto gli dedica lo speciale "Essenzialmente Pintor"
Cento anni di Luigi: partigiano, comunista, scrittore e soprattutto giornalista. Asciutto, rigoroso e sarcastico, ha immaginato il manifesto prima di fondarlo, dirigerlo e lasciargli per sempre la sua impronta.
La prima volta facevo la terza media e lui era al terzo liceo, due edifici adiacenti del Tasso a Roma. L’ho intravisto solo da lontano, abbastanza bene comunque per capire subito, l’anno seguente, nonostante le precauzioni imposte dall’occupazione nazista, chi erano i due giovani che, conseguita la maturità, avevano lasciato la scuola e però vi erano tornati una mattina del gennaio 1944 per un’operazione sbalorditiva, accolti con affetto dal nostro portiere Paolo che li aveva visti crescere. Non sospettò nemmeno un momento che, saliti al primo piano dallo scalone, si sarebbero infilati senza nemmeno bussare nella stanza del preside, un professore fiero di avere i figli di Mussolini fra i suoi allievi. Tirarono fuori dalla tasca le pistole e ammonirono il prof. Amante che, se avesse denunciato gli studenti che si apprestavano a fare una manifestazione contro l’occupazione tedesca organizzata dal loro amico e compagno nei Gap romani Massimo Gizzio poi ucciso dai nazisti, sarebbero tornati per utilizzarle.
Tale fu lo spavento del preside che restò ammutolito e i due gappisti poterono andarsene via senza che lui lanciasse l’allarme, al portone nuovamente e affettuosamente salutati dal portiere Pietro. I due studenti erano Luigi Pintor e Alfredo Reichlin e quella era una delle prime azioni che i Gruppi partigiani gli avevano affidato (in seguito molto più pericolose, tant’è vero che Luigi, arrestato e condannato a morte nella tremenda pensione Jaccarino, sfuggì alla fucilazione solo per un pelo).
Nella foto: Luigi Pintor ritratto di Tullio Pericoli