Il comitato provinciale dell’ANPI di Roma, in merito agli
sgomberi effettuati in data odierna di un’occupazione fascista a Maccarese e
dell’ex manicomio del S.M. della Pietà a Primavalle:
nuovamente si procede effettuando contemporaneamente
operazioni di sgombero di realtà opposte e non assimilabili, con l’intento
fuorviante di mostrare una “equità” di facciata e affiancamenti inaccettabili,
che tradiscono una visione di sacralità della proprietà privata del tutto
estranea alla lettera ed allo spirito della Costituzione.
Nel caso dell’occupazione fascista di un antico casale a
Maccarese trattasi di un locale della Regione Lazio occupato circa 15 anni fa e
nel quale gli occupanti non praticavano alcuna attività se non l’occupazione
stessa (e per fortuna, aggiungiamo).
Nel caso dell’occupazione del S.M. della Pietà l’occupazione
era invece mirata a riconquistare spazi sociali, culturali e ambientali in un
luogo altrimenti in stato di abbandono.
Come già in occasione degli sgomberi effettuati in
contemporanea dell’occupazione fascista di Via Taranto e quella del Nuovo
Cinema Palazzo, l’ANPI provinciale di Roma, esprime sconcerto e grande
disappunto: i fascisti vanno sgomberati e le loro organizzazioni vanno sciolte
in quanto lo prescrive la Costituzione e leggi dello Stato e le occupazioni di
spazi abbandonati e destinati al degrado fatte a fini sociali, culturali e
ambientali non sono in nessun modo assimilabili con le prime.
Umbro di nascita, romano di adozione, Sante Giovannetti è stato un giovanissimo partigiano, il più giovane tra i partigiani della “Gramsci”. Unico per simpatia e vivacità è sempre stato attivo militante dell'ANPI. Attualmente era presidente onorario della sezione "Leonardi - Spunticcia" all'Appio.
E' stato insignito di numerosi riconoscimenti, tra i quali la croce al Merito di Guerra, la stella delle Brigate Garibaldi (1947, con diploma firmato da Secchia e Longo), la croce di Cavaliere della Repubblica italiana (1982), il Diploma del Combattente per la libertà d’Italia (1985, firmato da Spadolini e Pertini), la medaglia del cinquantenario dell’ANPPIA (1993). L’8 Settembre 2016, assieme agli altri partigiani di Roma, è stato insignito della Medaglia della Liberazione.
La terra ti sia lieve, R.i.P. Sante, Merenna, starai sempre nei nostri cuori e nelle nostre lotte, che erano le tue.
La parola ai testimoni: Sante Giovannetti al Seminario di Studio "Lavoro obbligatorio in Umbria (1942-1943): il caso del campo per prigionieri di guerra di Ruscio" - 19 luglio 2013, Teatro Comunale di Monteleone di Spoleto
A Monteleone di Spoleto, remoto antico borgo dell’Umbria situato a poca distanza dal massiccio laziale del Terminillo, l’8 novembre del 1926 nasce Sante Giovannetti. Figlio del postino del paese, Santino ancora giovanissimo trova da lavorare, tra l’altro, nella miniera di lignite della frazione di Ruscio, dove viene impegnato anche nel montaggio delle baracche per i prigionieri di guerra stranieri – soprattutto montenegrini – che erano lì assegnati ai lavori forzati (Nardelli 2013). Dopo l'8 Settembre 1943, per oltre sei mesi svolge attività partigiana nel territorio, dapprima nel gruppo comandato dal tenente Parigino Marchi, con base a Colle del Capitano:
Il 14 settembre 1943 alle ore 14,30 ci incontrammo in località “Madonna della Cerqua”. Eravamo circa trenta uomini; proseguimmo verso la Fonte dell’Asola, dove trovammo un altro gruppo di circa quindici elementi e insieme raggiungemmo la Miniera di lignite […] Sapevamo che tutto il materiale bellico e il vettovagliamento del presidio militare era nascosto nelle gallerie della miniera; […] Allorché decidemmo di impadronirci delle armi nascoste nella miniera, il tenente Marchi parlò a tutti noi mettendo in evidenza l’impegno che stavamo assumendo e i rischi e i pericoli che dovevamo affrontare, dicendo quindi che chi non intendeva proseguire poteva tornare indietro. Ma tutti uniti e decisi, continuammo la marcia verso la miniera per prelevare armi e materiale bellico. Arrivammo alla miniera verso le ore 17; […] Io che avevo allora 17 anni, ero l’unico dei presenti a essere in possesso di un’arma, cioè una rivoltella a tamburo che avevo rubato a mio padre due ore prima di andare all’appuntamento con i miei compagni per portare a termine tale azione. Conoscevo bene la miniera in quanto vi avevo lavorato per circa due anni come apprendista. Quando il capo cantiere vide che avevo in mano il revolver si decise ad indicarci dove erano le armi nascoste. A questo punto intervenne il caporale della miniera, un vecchio compagno antifascista di Papigno di nome Ascani che ci condusse alle gallerie e portammo in superficie tutte le armi: fucili modello 91, un mitragliatore con tutte le munizioni e tutto il vettovagliamento. Ci armammo tutti e ci avviammo alla frazione Trivio di Monteleone dove occupammo la scuola elementare per trascorrere la notte. Il 15 settembre ci spostammo al casale di Stranaccia dove ebbe inizio l’organizzazione in modo impegnativo e disciplinato. Alcuni giorni dopo cominciarono a nascere le prime difficoltà, come organizzazione, vettovagliamento, viveri ecc.; alcuni decisero di ritirarsi e ritornare a casa. Gli altri rimasti, decisero di spostarsi al Colle del Capitano dove si presero delle decisioni importanti sul da farsi. (Giovannetti 1975)
La prima azione armata, contro una camionetta tedesca in transito sulla Cascia-Monteleone, è della metà di ottobre. Ne deriva, il 31 ottobre, una rappresaglia da parte dei tedeschi, che uccidono il giovane pastore Nicola Risoldi, mentre “un partigiano di nome Besana (il genovese), per correre ad avvertire il comando al Colle Capitano precipitò da un muro, poche ore dopo morì” (Giovannetti 1975; cfr. anche Vannozzi 1944). Di fronte all’inasprirsi della lotta alcuni esponenti del gruppo, ufficiali di carriera, sono titubanti e si allontanano; ciononostante il comandante dei partigiani di Monteleone, Guglielmo Vannozzi “Anselmo”, riesce a consolidare quella formazione che diventerà via via il battaglione “Cimarelli” della brigata “Antonio Gramsci”. A Santino, che è il partigiano più giovane della formazione e risulterà il più giovane della intera brigata “Gramsci”, viene assegnato il buffo soprannome di Merenna – gli era infatti capitato di chiedere ai compagni: “Sempre a marciare… quand’è che ci fermiamo un attimo per fare una merenda?” – ed entra a far parte della squadra di Umberto Angelini detto “il tasso” (“Lu Tascio”).
Nel corso dell’inverno i combattenti di Monteleone assumono il controllo del paese, prendono gli ammassi del grano e della lana in tutta la zona, sottraendoli ai tedeschi e distribuendoli gratuitamente alla popolazione: il 30 gennaio 1944, ad esempio, all’assalto dell’ammasso di Terzone c’è anche Santino (Vannozzi 1944), che partecipa poi, fra l'altro, all’attacco alla caserma della GNR di Vindoli e alle azioni del 25-26 febbraio 1944 in cui viene giustiziato il commissario prefettizio di Leonessa Fernando Pietramico, ponendo le premesse per la presa di Leonessa. Giovannetti ricorda che in quella occasione i partigiani partirono da Salto del Cieco (“lu Sartu”), la notte si attestarono a Villa Pulcini presso un contadino e la mattina dopo in località Fuscello assaltarono la corriera di linea della ditta Saura sulla strada Cascia-Leonessa, su cui viaggiava Pietramico. Ad ucciderlo, dopo un aspro interrogatorio, fu Volfango Costa, ex prigioniero alla Rocca di Spoleto. I partigiani catturarono in quella occasione anche due guardie forestali:
le conducemmo a Villa Pulcini dove, su sollecitazione del parroco, anziché ucciderle le processammo sulla pubblica piazza. La gente del posto indicò solo uno dei due come colpevole di vessazioni, l'altro venne liberato; quello ancora prigioniero fu condotto a Salto del Cieco, dove giorni dopo si recò lo stesso parroco, che intercedette per la sua liberazione. Dopo pochi giorni però i tedeschi lo interrogarono a Leonessa, e la sua testimonianza fu centrale per individuare i partigiani e i loro famigliari, da prendere di mira nella feroce rappresaglia che seguì [a inizio aprile]. (Giovannetti, nostra intervista, dicembre 2012; cfr. anche Vannozzi 1944 e Bovini 1972 pp.231 e 241)
Inizio marzo 1944 è il periodo della massima espansione del Territorio Libero di Cascia, la straordinaria esperienza di autogoverno antifascista che si sviluppò ben oltre l’area di Monteleone e Leonessa, da Poggio Bustone e Polino a Sud fino ed oltre Norcia a Nord, con “capitale” per l’appunto a Cascia, dove presso l’Albergo Italia pose la sua base il Comando della brigata, guidato dallo jugoslavo Svetozar Laković “Toso”, commissario politico Alfredo Filipponi “Pasquale” (Martocchia 2014). In quella situazione, persino il nuovo podestà di Leonessa, Tavani, succeduto a Pietramico, si mise a disposizione dei partigiani, mentre a Monteleone era insediato
un nostro sindaco nella persona di Sereni Giuseppe [che] coadiuvato dal figlio Delfino e da altri patrioti […] aveva riorganizzato il comune su basi democratiche, assicurando cioè il regolare vettovagliamento della popolazione e la sicurezza dei nostri reparti. [E perciò durante la terribile repressione di inizio aprile] denunziato da un fascista, venne colpito e sepolto ancor vivo. (Vannozzi 1944)
In realtà Giovannetti ricorda un’altra figura che fu designata come sindaco – Duilio Vannozzi. Giovannetti ricorda inoltre un suo quasi coetaneo, Luigi Bernardini, romano, unico sopravvissuto della sua famiglia al bombardamento di San Lorenzo e perciò riparato a Monteleone presso il nonno, fabbro ferraio. Bernardini segue l’esempio di Santino e diventa partigiano ma il suo destino sarà di finire tra le vittime della violenza nazifascista.
La repressione più dura si scatena infatti dal 31 marzo al 7 aprile. Il battaglione dei monteleonesi si disarticola, come tutta la brigata, e lo stesso Merenna, che con il suo gruppo tiene prigionieri a Casale Maccario, sopra la miniera di lignite, ben tre di sette ufficiali tedeschi catturati a Biselli il 21 marzo, deve oramai agire come capo-squadra in autonomia.
È il momento più difficile sia per i partigiani della Gramsci che per la popolazione civile della Valnerina e aree limitrofe. Santino, visto l’accerchiamento, decide di sciogliere la sua squadra e liberare i tedeschi sequestrati già da una settimana. In seguito si dirige a piedi verso Terni, ma tra Gavelli e Monte San Vito incontra un gruppo di compagni, guidati da Iannilli, che ancora non hanno smobilitato ed anzi hanno riacciuffato i tre tedeschi in zona Ocosce con l’intenzione di scambiarli con compagni prigionieri nel carcere di Spoleto (tutti e sette i tedeschi saranno invece scambiati il 28 marzo a Cascia con due partigiani detenuti a Perugia).
Infuriato per l’andamento contraddittorio degli eventi, Giovannetti rientra a Monteleone dove il 4 aprile è catturato dai tedeschi. Il suo destino è deciso in una riunione in una osteria cui partecipano il parroco, don Enrico Ricci, il podestà, Luigi Massi, e un ufficiale tedesco: Santino è deportato attraverso Leonessa e Rieti, fino a Roma, nel campo di internamento di Cinecittà, da dove troverà la salvezza. A Luigi Bernardini invece, in quanto orfano di guerra, è concesso di rimanere in paese, ma questo paradossalmente gli costerà la vita. Infatti pochi giorni dopo, nel secondo grande rastrellamento, uno degli ufficiali tedeschi ex prigionieri lo riconoscerà come partigiano: il pomeriggio del 6 aprile Bernardini sarà trucidato assieme a Sereni e a Carlo Ciampini. Ai tre viene ordinato di scavarsi la fossa, poi gli sparano alla tempia. Giovannetti ricorda sempre che, se non lo avessero deportato a Roma e se lo avessero tenuto a Monteleone, certamente avrebbe fatto la fine tragica dei tre compagni. Gli altri uccisi in zona in quei giorni terribili sono Antonio Poli e Attilio Peroni, semplici contadini colpiti a Budino.
La prigionia di Santino a Roma dura quasi due mesi. Il 4 giugno, alla vigilia della Liberazione della capitale, durante un trasporto riesce rocambolescamente a fuggire nel corso di un attacco aereo. Infatti i prigionieri sono caricati su camion e trasportati verso la Magliana dove dovrebbero occuparsi di minare il ponte, ma giunti sulla Laurentina le mitragliatrici angloamericane dal cielo sparano su una autocolonna che li precede, diretta al fronte: tutti i prigionieri vengono fatti scendere di corsa dai camion. Sante ed altri dapprima si nascondono dietro i cespugli nelle scarpate, poi sfruttano l’occasione per darsela a gambe. Giunto al Dazio, all’ingresso della città, Sante evita il posto di blocco fascista entrando in una trattoria: il burbero oste decide di aiutarlo e lo fa uscire dal retro, indicandogli la via dei campi attraverso Tor Carbone e l’Appia Antica per tornare verso il centro abitato, dove Sante può raggiungere la casa di parenti.
Dopo la guerra Sante Giovannetti rimane a vivere prevalentemente a Roma, ma continuamente frequentando il paese di origine. Svolge innumerevoli attività politiche e professionali-lavorative: è elettricista, fondatore e segretario della Sezione del PCI di Monteleone di Spoleto, titolare del primo ed unico cinema del paese, gestore di una pizzeria e di un ristorante, collaboratore della Pro Loco e animatore di iniziative culturali e sociali che a Monteleone non si erano mai viste prima.
Si è impegnato a fondo nelle attività associative degli ex partigiani. Nel 1975 partecipa all’incontro internazionale di Norcia e Cascia per il Trentennale della Resistenza (Martocchia 2014); dieci anni dopo fa da guida all’ex comandante della sua brigata Gramsci, “Toso” Laković, e a “Bora” Pešić, tra Terni e Roma, per le pratiche di riconoscimento della qualifica di partigiani degli ex-combattenti jugoslavi in Italia.
La passione politica e l’attività lavorativa gli fanno incontrare molti personaggi noti, dai grandi leader comunisti fino al presidente Pertini. Nei suoi racconti ritroviamo tanti mondi e tanti ideali che si sono affastellati nel corso dei decenni: dalle greggi antiche di Monteleone alla vivacità delle sezioni del PCI, alla Roma dei pischelli e dei tram elettrici tipo “Ladri di biciclette”.
Santino, il più giovane tra i partigiani della “Gramsci”, a 90 anni rimane sempre per simpatia e vivacità uno di quei regazzini della Roma popolare fatta grande, durante il boom, dagli immigrati di ogni parte d’Italia. Tuttora risiede a Roma, dove è sempre attivo militante dell'ANPI. Benché regazzino, è stato oramai insignito di numerosi riconoscimenti, tra i quali: la croce al Merito di Guerra, la stella delle Brigate Garibaldi (1947, con diploma firmato da Secchia e Longo), la croce di Cavaliere della Repubblica italiana (1982), il Diploma del Combattente per la libertà d’Italia (1985, firmato da Spadolini e Pertini), la medaglia del cinquantenario dell’ANPPIA (1993). L’8 Settembre 2016, assieme agli altri partigiani di Roma, è stato insignito della Medaglia della Liberazione.
FONTI:
Bovini Sergio (a cura di), 1972, L’Umbria nella Resistenza, Antologia di documenti (vol.I + vol.II), Roma, Editori Riuniti.
Giovannetti Sante “Merenna”, 1975, Eventi e fatti avvenuti dopo l’8 settembre a Monteleone di Spoleto, in: Martocchia 2014.
Martocchia Andrea (a cura di), 2014, Il Territorio Libero di Norcia e Cascia a 70 anni dalla proclamazione, Atti della Tavola Rotonda tenuta a Norcia nel 1975. Roma: Odradek Edizioni.
Nardelli D. Renato, 2013, Il campo di prigionia n.117, IX Quaderno di Ruscio. Roma: ProRuscio.
Furono eventi eccezionali, i primi scioperi sotto il tallone della dittatura nazifascista in tutta Europa, il primo atto di Resistenza di massa che lanciò un segnale di lotta a tutto il continente, preludio delle giornate di luglio del 1944. Gli operai che partecipano agli scioperi del ’43-44 riacquistano gradualmente piena fiducia nelle proprie forze e da una fase difensiva e di lotta prevalentemente di tipo economico, intraprendono un’offensiva anche politica. Non scioperano solo contro i padroni, ma soprattutto contro il fascismo, e l’occupante nazista, contro la guerra e a sostegno e partecipazione diretta alla lotta partigiana, per l’insurrezione, la libertà e la democrazia.
Gli operai pagarono a caro prezzo questa lotta: delle circa 40mila persone che furono deportate dall’Italia, ben circa 12mila erano operai accusati di boicottaggio della produzione bellica, di collaborazione con la Resistenza e di aver partecipato agli scioperi.
Intervengono:
Carlo Ghezzi - vicepresidente vicario ANPI nazionale
Ilaria Romeo - responsabile archivio storico CGIL
Gianluca Fiocco - ricercatore di Storia Contemporanea
Università Roma 2
Conclusioni di Fabrizio De Sanctis - presidente ANPI
provinciale di Roma
Coordina Marina Pierlorenzi - vicepresidente ANPI provinciale
di Roma
Il 20 febbraio, ci ha lasciato Gianni Ferrara, personalità insigne del costituzionalismo italiano e professore emerito dell’Università Sapienza di Roma.
Il ‘nostro’ Professore spiccava per la lucidità, la chiarezza e la fermezza con cui si esprimeva scientificamente e per i modi sempre umanamente appaganti con cui si rapportava agli altri. Qualità che percepivano con forza tutti, anche fuori dal contesto accademico, grazie alla sua mai cessata militanza civica per la piena affermazione nel nostro Paese della democrazia costituzionale fondata sull’antifascismo. Giurista profondo, ma mai ridondante, lucidamente critico e pienamente consapevole e calato nel tempo presente. Pensando sempre anche al futuro, Ferrara ho posto al centro del suo impegno la necessità di far comprendere ed apprezzare il valore prescrittivo della nostra Carta costituzionale.
Credendo che questo decisivo e delicato obiettivo stia guidando anche l’ANPI nei tempi non facili che stiamo vivendo, ne ha condiviso sempre pienamente le battaglie culturali e le iniziative pubbliche e non ha mai mancato, anche tramite le occasioni che la nostra associazione gli ha offerto, di lanciare l’allarme sui “frettolosi” processi riformatori che rischiano di ridurre irrimediabilmente gli spazi della democrazia.
Fino all’ultimo, ha spiegato a tutti noi i rischi che derivano da operazioni senza scrupoli sul sistema elettorale, in particolare se mettono in discussione il principio dell’uguaglianza del voto, e ha messo in luce i danni che producono i tentativi di revisionare la Carta, se intaccano l’equilibrio stesso tra prima e seconda parte della Costituzione, ossia tra principi che fondano la nostra forma di Stato, le garanzie dei diritti di libertà e la struttura e le funzioni delle istituzioni pubbliche al loro esclusivo servizio.
La forza costituente delle donne: tra memoria e attualità é un seminario formativo, un incontro di approfondimento e di riflessione sul cammino delle donne dalla Costituzione a oggi rispetto ai diritti, alla famiglia, al lavoro.
Quale oggi la forza costituente delle donne in Italia, in Europa, in America Latina, nella vita politica e sociale? Quali le interconnessioni tra lavoro e famiglia? Una riflessione e un approfondimento, una verifica dell'attuazione dei diritti conquistati e di continuo attaccati e messi in discussione.
Ne discutono:
Paola Marsocci - costituzionalista
Vittoria Tola - Unione Donne in Italia
Eleonora Forenza - insegnante, già parlamentare europea
Milena Fiore - Federazione democratica internazionale delle donne
Francesca Druetti - attivista e scrittrice
Marina Pierlorenzi e Fabrizio De Sanctis rispettivamente vicepresidente e presidente dell’ANPI provinciale di Roma.
Introdurrà con letture le relazioni Amalia Perfetti - coordinamento donne ANPI Nazionale
Porterà il suo saluto ai lavori Vania Bagni vicepresidente nazionale e responsabile del coordinamento nazionale donne ANPI.
In diretta streaming sul canale YouTube dell'ANPI provinciale di Roma giovedì 25 febbraio 2021 alle 17.
La Scuola Fumetto Cassino, con il
contributo della Regione Lazio, lancia il concorso d’illustrazioni “Belle Ciao”,
dedicato alle donne partigiane del Lazio, che tra il 1943 e il 1945 presero
parte alla Resistenza: staffette, patriote e combattenti spesso dimenticate,
schiacciate dietro le quinte della Storia da una narrazione tutta al maschile.
“Belle Ciao”, che rientra
nell’ambito delle iniziative per la costruzione di un archivio della memoria
storica del Lazio, è tra i 21 progetti ammessi a finanziamento. Il concorso
riservato alle Scuole Superiori della Provincia di Frosinone, intende riportare
in auge le figure di otto partigiane romane: Carla Capponi, Laura Garroni,
Giovanna Marturano, Marisa Musu, Lucia Ottobrini, Maria Teresa Regard, Marisa
Rodano e Luciana Romoli, che a vent’anni rischiarono tutto, spesso la vita, pur
di vedere una nuova Italia libera e democratica.
I partecipanti avranno tempo fino al 25 Marzo per preparare un elaborato
grafico ispirato al personaggio femminile che più li ha colpiti per valore e
carattere. Le opere selezionate saranno oggetto di una mostra finale e
confluiranno in un volume dal titolo “Belle Ciao”, in onore del canto simbolo
del movimento partigiano. Ogni illustrazione sarà accompagnata da un’apposita
scheda descrittiva con l’intento di offrire al lettore un quadro degli
avvenimenti il più completo possibile. Gli autori selezionati riceveranno una
copia omaggio del volume “Belle Ciao”, che sarà spedito anche ad importanti
realtà associative partigiane, tra cui: ANPI provinciale di Roma – Associazione
Nazionale Partigiani d'Italia; FIAP Roma e Lazio – Federazione Italiana Associazioni
Partigiane; IRSIFAR – Istituto Romano per la Storia d'Italia dal Fascismo alla
Resistenza
“La Memoria che Resiste” si pone l’obiettivo di promuovere e diffondere la memoria storica della Resistenza italiana, rendendo fruibile il materiale degli Archivi Storici dell’ANPI e realizzando interventi sociali per la sua trasmissione.
L’azione strettamente correlata agli Archivi Storici presenti nelle 2 sedi, Anpi nazionale e Anpi provinciale di Roma, vedrà gli operatori volontari impegnati in attività di:
Catalogazione dei materiali che oggi trovano spazio in armadi e accumulati in modo disorganico.
Inventario dei documenti per tematiche.
Catalogazione e dematerializzazione del materiale.
L’azione di progettazione e implementazione interventi sociali consisterà nella costruzione e realizzazione di progetti educativi e supporti didattici da proporre alle scuole e alla cittadinanza. I volontari saranno perciò impegnati nelle seguenti attività:
Costruzione di relazioni e rapporti specifici con le scuole
Creazione e presentazione di progetti didattici sui temi della Costituzione, dell’antifascismo, della Resistenza.
Organizzazione e gestione interventi presso le Scuole.
Organizzazione di eventi pubblici a scopo di diffusione dello sviluppo della cittadinanza attiva.
2 giovani svolgeranno le attività presso ANPI Nazionale in via degli Scipioni, 271 e 2 presso la sede di ANPI Roma in Via di S.Francesco di Sales 5.
Il 2 febbraio 1944, a Roma, sul terrapieno del Forte Bravetta, furono fucilati undici partigiani appartenenti al Movimento Comunista d’Italia. L’esecuzione fu affidata dal Comando tedesco a un plotone di militi della Polizia Africa italiana comandato dal colonnello Nino Toscano come si apprende da un documento redatto dalla segreteria del carcere di Regina Coeli e conservato nell’Archivio di Stato di Roma:
Domani 2 febbraio ore 11, al forte Bravetta sarà eseguita la sentenza di condanna alla pena capitale pronunziata nell’udienza del 27 gennaio scorso dal Tribunale di campo tedesco di Roma a carico dei seguenti individui:
1. Iacopini Romolo fu Nazzareno nato il 9/2/1898 a Roma
2. Malatesta Ezio di Alberto “ “ 22/10/1914 Apuania
3. Zolito Filiberto d’Ignoto “ “ 15/10/1894 Roma
4. Branko Bitter [recte Bitler] di Gabriele “ “ 5/1/905 Strokovoi
5. Rossi Gino fu Silvio “ “ 16/3/893 Padova
6. Arena Ettore di Luigi “ “ 17/1/923 Catanzaro
7. Sbardella Quirino di Pietro “ “ 4/1/916 Roma
8. Paroli Augusto di Rizziero “ “ 17/6/913
9. Badiali Benvenuto fu Giovanni “ “ 24/7/905 Castel S. Pietro
10. Merli Carlo di Ernesto “ “ 2/1/913 in Mailand
11. Cirulli Ottavio fu Michele “ “ 2/10/906 Foggia
Il comandante la Colonna
Col. P.A.I. N. Toscano
Il Mcd’I, noto come Bandiera Rossa, dal nome del periodico che diffondono i suoi
militanti, fin dal 1941 è stata una delle formazioni più attive della Resistenza romana e
ha dimostrato una consistenza organizzativa e una capacità di azione militare almeno
pari, se non addirittura maggiore, in alcuni casi, a quella dello stesso Pci. Ufficialmente,
nei nove mesi di occupazione, ha avuto 186 morti, 137 arrestati e deportati, con 1183
combattenti riconosciuti. La formazione è stata per molto tempo definita trotzkista
soprattutto dai militanti del Pci quando la polemica fra i due movimenti era più aspra,
ma il trotzkismo con Bandiera Rossa non c’entra nulla: dividono i due partiti il rifiuto,
da parte del Mcd’I, di fare parte del Comitato di Liberazione nazionale e la sua volontà,
in caso di fusione da molti suggerita, di confluire nel Partito comunista come
organizzazione e non con adesioni individuali.
Una delle tante azioni attribuite alla formazione, probabilmente la più clamorosa,
avviene il 6 dicembre 1943.
Quel giorno, di pomeriggio, all’altezza di ponte Garibaldi, poco distante dal
Ministero di Grazia e Giustizia e dalla Sinagoga ebraica, tre uomini entrano nel Caffè
Grandicelli, ritirano dei pacchi che nascondono negli impermeabili e si allontanano
rapidamente. Nel giro di un'ora altri gruppi ripetono la stessa operazione. Poco dopo,
all'interno di numerose sale cinematografiche è distribuita un'ingente quantità di
volantini che informano la cittadinanza dei delitti commessi dalla «Polizia federale» di
Gino Bardi da poco sciolta. Anche in questo caso l’azione è registrata dalle carte
d’Archivio:
Ieri sera, durante lo spettacolo, nelle sale cinematografiche Barberini, Moderno, Odeon, Quattro Fontane, Supercinema, Margherita, Tuscolo, Massimo e Tirreno (quartieri di Magna Napoli, Castro Pretorio, Campo Marzio, Appio, S. Paolo) furono lanciati manifestini di contenuto antifascista, a firma del «Comitato Romano per il movimento comunista italiano - Bandiera Rossa». Detti manifestini furono raccolti da agenti di servizio che non poterono però identificare i diffusori data l’oscurità delle sale durante la proiezione. Sono in corso indagini.
L'azione è riuscita in pieno ma non coglie impreparata la polizia tedesca. Davanti al
cinema Principe, subito dopo il lancio dei manifestini, sono arrestati quattro partigiani
da una squadra di SS guidate da Federico Scarpato e da Biagio Roddi, due collaboratori
degli occupanti. Nei giorni successivi, grazie anche alle indicazioni di un altro
collaborazionista, Ubaldo Cipolla, la caccia ai militanti del Mcd’I continua e porta, in
meno di una settimana, all'arresto di una ventina di oppositori:. Il 28 gennaio, nella sede
del Tribunale di guerra tedesco all’Hotel Flora si svolge il processo che termina con la
condanna a morte di undici militanti per «tentati atti di violenza ai danni delle truppe di
occupazione germaniche» e a pene detentive di altri cinque. Fra questi Ettore Arena,
giovane operaio originario di Catanzaro e Ottavio Cirulli, un artigiano proveniente da
Foggia i quali attendono il giorno dell’esecuzione rinchiusi nel carcere romano.
(...)
tratto da "Testimonianze e documenti della Resistenza romana"
Nel mese di dicembre 1943 la formazione di Bandiera Rossa,
particolarmente attiva sul piano militare, si è resa protagonista di
un’iniziativa “clamorosa” nella città: ha diffuso volantini in vari cinema e
teatri, che informano la cittadinanza dei delitti commessi dalla banda
Bardi/Pollastrini da poco sciolta dalle autorità tedesche.
Davanti al cinema Principe vengono arrestati Romolo
Iacopini, Augusto Paroli, Ricciotti de Lellis e Amerigo Onofri. Guerrino
Sbardella riesce a sottrarsi alla cattura fuggendo dal cinema, ma viene
arrestato dalle SS la sera stessa nella sua abitazione; il 9 viene preso Ettore
Arena.
L’11 dicembre vengono arrestati in casa di Enzio Malatesta,
dove stanno meditando un attentato contro automezzi tedeschi a Capannelle, lo
stesso Malatesta, Carlo Merli, Ottavio Cirulli e Gino Rossi e, nei giorni
successivi, Rolando Paolorossi e Filiberto Zolito. L’ondata di fermi continua a
colpire la formazione per tutto il mese: nelle mani delle SS finiscono Branko
Bitler, Benvenuto Badiali e Herta Katerina Hebering.
Il 2 febbraio 1944 vengono fucilati a Forte Bravetta.
Brevi biografie dei partigiani fucilati, in ordine
alfabetico:
Ettore Arena - Nato
a Catanzaro il 17 gennaio 1923, morto a Roma il 2 febbraio 1944, tornitore,
Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.
Giovanissimo si trasferisce in Germania per lavoro ma viene
espulso. Nel 1942 è internato a Pisticci. In servizio come allievo elettricista
nella Marina militare, si trovava a Venezia al momento dell'armistizio.
Sfuggito alla cattura da parte dei tedeschi, riuscì fortunosamente a giungere a
Roma, dove risiedevano i suoi famigliari. Nella capitale, prese parte alla
resistenza armata militando, sin dall'ottobre 1943, nelle file del movimento
"Bandiera Rossa" diventando membro del Comitato Romano della
formazione e intimo collaboratore di Romolo Iacopini. In particolare è
incaricato di custodire delle armi, che nasconde in un punto del greto del
Tevere. Ettore Arena al momento dell’arresto nel dicembre 1943, si trova al
caffè Picarozzi in piazza Esedra, assieme ad alti tre compagni con i quali
discute sulla scelta della persona che dovrà sostituire Iacopini che è stato
arrestato. Un mese dopo fu processato da un tribunale di guerra tedesco.
Condannato a morte con altri coimputati, il giovane fu fucilato con loro a
Forte Bravetta.
Branko Bitler, 38
anni, sposato, del Comitato esecutivo di Bandiera Rossa, è un impresario
teatrale di origine croata. Ospita nel proprio appartamento vari prigionieri
inglesi, si occupa dei contatti con gli alleati e fa parte del Comando militare
per le bande esterne. Durante il processo che lo vede imputato, grida ai
giudici che combatte assieme al popolo italiano per gli stessi ideali per i
quali ha combattuto nel proprio paese.
Ottavio Cirulli
37 anni, calzolaio, di Foggia durante il fascismo è costretto all’esilio in
Russia, per non essere confinato. Dopo un breve periodo torna però a Roma ed
entra in Bandiera Rossa già subito dopo il 25 luglio.
Romolo Iacopini - Operaio
specializzato, di 45 anni. Nato a Roma il 9 febbraio 1898 da Nazzareno e da
Maria Rischione. Fin da ragazzo aveva coltivato la passione della metallurgia,
specializzandosi in caldaie a vapore e motori a scoppio. Combatté nella prima
guerra mondiale e fu ferito in battaglia. Alla fine del conflitto si
specializzò in apparecchi di precisione e fu assunto alla Scalera Film di
Cinecittà. Comunista, dopo l'occupazione tedesca della capitale diventò capo di
Bandiera Rossa nella V zona (quartiere Trionfale). Insieme ad altri esponenti
socialisti e comunisti, organizzò un gruppo di alcune centinaia di partigiani,
nascondendo prigionieri inglesi, compiendo colpi di mano contro convogli
tedeschi (ad es. fa saltare alla stazione del Littorio un vagone carico di
armi), sottraendo armi e munizioni ai nazifascisti, diffondendo stampa
clandestina. Il suo coraggio e il suo spirito di sacrificio gli fecero
guadagnare l'appellativo di "Comandante di Trionfale". Pochi giorni
prima dell’arresto, fu avvertito della presenza di delatori all'interno del suo
gruppo, e in particolare di un tale Biagio Roddi. Il 6 dicembre del '43, quando
fu organizzata una distribuzione "generale" di volantini in tutti i
cinema romani, le SS andarono a cercarlo a casa, in via Leone IV, guidate
proprio da Roddi. Iacopini, accortosi del pericolo, avvertì i compagni che si
trovavano nel vicino Cinema Principe, salvando loro la vita, ma fu arrestato
insieme ad Augusto Latini. Rinchiuso nel carcere di via Tasso, vi rimase per
oltre un mese, subendo 24 interrogatori e la tortura. Trasferito a Regina
Coeli, il 28 gennaio fu processato dal Tribunale militare di guerra tedesco e
condannato a morte. Fu fucilato il 2 febbraio del ‘44 a Forte Bravetta insieme
a Ettore Arena, Enzio Malatesta, Carlo Merli, Gino Rossi, Guerrino Sbardella e
altri cinque partigiani.
Enzio Malatesta - Nato
ad Apuania (Massa Carrara) il 22 ottobre 1914, fucilato a Roma il 2 febbraio
1944, giornalista, Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.
Figlio di Alberto Malatesta, ex deputato socialista di
Novara. Prima insegnante al liceo Parini di Milano poi direttore della rivista
“Cinema e teatro”, all’inizio del conflitto diventa giornalista e redattore
capo del “Giornale d’Italia”. Già dal 1942 Malatesta tenta di organizzare,
sull’esempio jugoslavo, bande partigiane nella provincia di Roma. La sua casa
di piazza Cairoli è un punto d’incontro per tutti gli antifascisti. Durante i
“45 giorni” e poi dopo l’8 settembre, avvicina ufficiali dell’esercito rimasti
sbandati e intenzionati a combattere. Nei primi di ottobre entra a far parte
del Comitato Esecutivo di Bandiera Rossa.
Ha il compito di organizzare e mantenere in contatto le
cosiddette Bande Esterne che agiscono nelle zone settentrionali di Roma e nel
Lazio e di aiutare i prigionieri inglesi evasi: la sua attività costituisce un
anello importante nei rapporti tra il movimento e parte del Cln, in particolare
i socialisti.
Catturato dalle SS tedesche l'11 dicembre 1943 ed accusato
di aver organizzato formazioni armate, si assunse coraggiosamente ogni
responsabilità, scagionando i compagni. Processato, fu condannato a morte e
portato di fronte al plotone di esecuzione a Forte Bravetta.
Carlo Merli - Nato
a Milano il 2 gennaio 1913, fucilato a Roma il 2 febbraio 1944, giornalista.
Aderente al "Movimento Comunista d'Italia-Bandiera
Rossa", nei primi di ottobre diviene componente del Comitato esecutivo e
del Comando militare per le bande esterne. Merli fu arrestato dai tedeschi a
Roma l'11 dicembre 1943. Rinchiuso nel carcere di via Tasso, il giornalista fu
poi condotto davanti a un tribunale nazista che lo condannò a morte per
"partecipazione a banda armata". Merli fu fucilato a Forte Bravetta
insieme al suo amico Enzio Malatesta.
Augusto Paroli
era un operaio dei Monopoli di Stato e sin dal Settembre del 1943, oltre a
cooperare con i Compagni di Valle Aurelia, affiancò Romolo Inchini nella lotta
antifascista. Augusto Paroli coordina il lavoro delle staffette e custodisce un
deposito d’armi. Il 6 Dicembre, dopo aver lanciato dei manifestini antifascisti
nei cinema Imperiale, Bernini e Barberini, fu arrestato su segnalazione di una
spia. Morì a Forte Bravetta, con altri dieci Compagni di Bandiera Rossa, il 2
febbraio 1944.
Gino Rossi, “Bixio” -
medaglia d’oro al Valor Militare. Architetto, sposato, tenente colonnello
dell’esercito, si unisce al Mcd’I, assieme ai soldati che riesce a trattenere
dallo sbandamento dell’8 settembre e che organizza sul Monte Circeo. Fornisce
all’esercito anglo-americano un piano operativo per l’occupazione delle regioni
del Lazio e dell’Abruzzo e tenta di organizzare un centro di resistenza a Borgo
Vodice, ma senza successo. Entra a far parte del Comitato Esecutivo di Bandiera
Rossa. Viene arrestato ad Albano, i primi di novembre, mentre si reca a Roma
per incontrarsi con Malatesta.
Guerrino Sbardella - Nato
a Colonna (Roma) il 4 gennaio 1916, fucilato a Roma il 2 febbraio 1944,
tipografo.
Padre di due figli, quando le truppe tedesche occuparono la
Capitale, partecipò ad azioni di sabotaggio organizzate dalle bande di
"Bandiera Rossa" (di cui era caposettore per la zona di
Torpignattara), combatté con i GAP nel quartiere Trionfale e organizzò un deposito
d'armi a Villa Certosa. Il 6 dicembre del '43, Sbardella fu fermato dai
fascisti mentre lanciava manifestini "sovversivi" dal loggione del
cinema "Principe". Riuscì a fuggire, con l'aiuto dei compagni che
erano con lui in appoggio, ma giunto a casa, quella stessa notte, fu arrestato
dalle SS su segnalazione di alcuni delatori. Rinchiuso nel carcere di via Tasso
e seviziato, Sbardella fu poi trasferito a Regina Coeli. Condannato a morte il
28 gennaio del '44 dal Tribunale militare di guerra tedesco, fu fucilato sugli
spalti di Forte Bravetta, insieme ad altri dieci patrioti, tra i quali Ezio
Malatesta ed Ettore Arena.
Filiberto Zolito -
romano, calzolaio di 49 anni, sposato, usa la cantina della sua abitazione per
nascondere le armi del Movimento. Al momento dell’arresto, il 15 dicembre 1943,
vengono rinvenute nella sua abitazione due rivoltelle, una scorta di munizioni
e una bomba a mano.
A via della Lupa è stata eretta una lapide a suo ricordo.
Il comitato provinciale dell’ANPI di Roma ha appreso con
grandissimo dolore e sconcerto della scomparsa del partigiano e combattente
della Libertà Modesto di Veglia, presidente della sezione ANPI di Centocelle.
Modesto Di Veglia nasce a Pontecorvo il 24 dicembre 1926 da
famiglia socialista perseguitata dal regime fascista. Durante la Resistenza
entra nelle file dell’organizzazione del Movimento Comunista d’Italia, meglio
conosciuto come "Bandiera Rossa", con il nome di battaglia "
Roberto ". Operò nell'ottava zona, attualmente il territorio del V
municipio del comune di Roma. Dopo la liberazione di Roma del 4 giugno ‘44, si
arruola nell’Esercito Italiano di Liberazione che combatte i nazifascisti a
fianco degli Alleati nella Guerra di Liberazione. Dirigente politico del PCI
nel dopoguerra ha ricoperto cariche elettive nelle amministrazioni
circoscrizionali del territorio.
Attivissimo nell’ANPI, assieme a Pilade Forcella, il
partigiano dei GAP " Adriano " con cui ebbe fortissimo legame d’amicizia,
si adoperò per la fondazione del Circolo ANPI "Giordano Sangalli" a
Centocelle nel 2006, di cui divenne presidente dopo la morte di Forcella nel
2013. Sempre presente ad ogni manifestazione e iniziativa dell’ANPI, centrale e
locale, è venuto a mancare un pilastro dell’associazione romana.
Lo ricordiamo nelle scuole, affabulatore di giovani, con
parole semplici spiegava i concetti più complessi e trasmetteva l'amore per la
Libertà e la necessità dell'impegno attivo. Ricordiamo il contributo essenziale
per il riconoscimento della Resistenza di Centocelle culminata con la Medaglia
al Valore Civile.
Ci stringiamo con grande affetto e partecipazione alla
moglie Rosina ai figli e alla famiglia tutta, ai compagni della sezione "Giordano Sangalli".