28 febbraio 2025

Verso il 25 aprile 2025 - O.d.G. approvato dal Comitato Provinciale dell'ANPI di Roma nella seduta del 25 febbraio 2025

Ordine del Giorno del Comitato Provinciale dell’ANPI di Roma approvato nella seduta del 25 febbraio 2025 


VERSO IL 25 APRILE, 80° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE D’ITALIA DAL NAZIFASCISMO 




    Il Comitato Provinciale dell’ANPI di Roma inizia il percorso di eventi e iniziative in vista del prossimo 25 aprile, 80° anniversario della Liberazione d’Italia dal nazifascismo. Ci apprestiamo a celebrare il giorno in cui si ricorda l’insurrezione vittoriosa delle formazioni partigiane nelle città del nord Italia, che restituì dignità alla nazione dopo 20 anni di dittatura fascista. Il 25 aprile rappresenta la libertà e l’indipendenza nazionale, la riscossa del popolo italiano contro l’oppressione e la tirannia, la conquista della democrazia, della Repubblica, della Costituzione. Forti della nostra storia, che parte dalle antifasciste e dagli antifascisti che hanno vissuto il carcere, il confino, la deportazione, l’esilio, la clandestinità e nel ricordo di Antonio Gramsci, Don Minzoni, Piero Gobetti, Giacomo Matteotti, Carlo e Nello Rosselli, e di quanti persero la vita sotto il fascismo. Nell’esempio delle partigiane e dei partigiani e di quei ragazzi delle forze Alleate che da lontano vennero a morire per la nostra libertà. Con il coraggio e la determinazione di quelle straordinarie donne, prime fra tutte le gappiste romane, che in guerra diventarono l’incubo di nazisti e fascisti e che con le loro audaci azioni di guerriglia dimostrarono come la futura società antifascista avrebbe visto protagonista l’altra metà del cielo fino a quel momento relegata ai suoi margini. Il nostro pensiero nell’80° della Liberazione va anche a Ciro Principessa, Ivo Zini, Walter Rossi, Roberto Scialabba, Valerio Verbano, il giudice Mario Amato e Renato Biagetti, vittime della violenza neofascista.  
Con alle spalle e al nostro fianco questa gloriosa storia e la sua memoria, in vista del 25 aprile saremo nelle piazze e nelle strade di Roma e provincia con le nostre bandiere, in ogni momento in cui ci si impegni per la difesa e l’ampliamento dei diritti, per le libertà e per la giustizia sociale.  

    Il nostro Paese vive un momento storico difficile e complesso, caratterizzato dalla presenza di forze politiche oggi al suo governo che nel loro retroterra culturale non hanno la storia e il cammino antifascista dei partiti che fondarono la Repubblica. La crescita delle disuguaglianze, l’emergere di nuove povertà, l’attacco ai poteri dello Stato e ai principi cardine della Costituzione nonché ai diritti sindacali tra cui quello di sciopero, la propaganda razzista, xenofoba e omofoba che si accompagna ad una persistenza e all’acuirsi della cultura patriarcale nei mezzi di comunicazione e in molti settori della società, l’impostazione repressiva delle politiche sulla sicurezza, i tentativi di revisionismo storico, la politica bellicista che continua a vedere l’invio di armi nei territori di guerra, l’attacco ai diritti del lavoro e la politica migratoria basata sull’ingiustizia e la discriminazione, sono la conferma che oggi più che mai occorre essere vigili e presenti, impegnati e costantemente mobilitati, per la difesa e l’applicazione della Costituzione nata dalla Resistenza e la lotta contro vecchi e nuovi fascismi, contro qualsivoglia involuzione conservatrice o autoritaria della società.  Questa situazione si innesta nel momento in cui nel Paese si registra una bassissima partecipazione democratica, di cui il grande astensionismo è il più evidente campanello d’allarme, che rappresenta un rischio per la stessa tenuta democratica della Repubblica. A tal proposito i prossimi referendum sui diritti sociali e civili, che vedono il nostro sostegno, saranno un importante banco di prova. 
 
    Saremo inoltre in ogni piazza e in ogni luogo dove le parole dell’articolo 11 della Costituzione siano la bussola per guidare l’azione politica e istituzionale. Quella del ripudio della guerra è una bussola fondamentale nel mondo di oggi, che vive una stagione tragica, dove i governi di alcuni Paesi prediligono una politica di potenza a scapito delle popolazioni e della loro autodeterminazione, calpestando i diritti fondamentali delle persone e delle nazioni, rendendosi colpevoli di crimini ed efferatezze e puntando a costruire un assetto geopolitico che nulla ha a che vedere con le libertà e la giustizia in quanto  basato sulla legge del più forte piuttosto che sul rispetto e la cooperazione tra gli Stati, in un contesto generale che vede il progressivo indebolimento degli organismi di garanzia e coordinamento internazionale. Ciò che abbiamo visto a Gaza e in Cisgiordania nei mesi scorsi è quanto di più esecrabile stia accadendo. Il massacro di una popolazione e la volontà di conquista e di appropriazione di quei territori da parte del governo israeliano riteniamo sia inaccettabile così come riteniamo inaccettabile l’uccisione di innocenti cittadini israeliani. Per questo siamo fortemente impegnati nella solidarietà al popolo palestinese e nella fondamentale battaglia per il riconoscimento dello Stato di Palestina, condizione imprescindibile e necessaria per la risoluzione del conflitto mediorientale e per l’affermazione della pace e della giustizia. Due popoli e due Stati, questa la nostra storica posizione, ognuno dei due in pace ed in sicurezza. In altre aree del globo, nei diversi continenti e soprattutto in paesi poveri, prima fra tutti l’Ucraina, continua la guerra. Le armi ancora hanno la meglio sulla diplomazia, migliaia e migliaia di persone continuano a morire. La guerra iniziata nel 2014 in Donbass contro le popolazioni locali che ha visto il mancato rispetto degli accordi di Minsk e successivamente espansa nel 2022 con l’invasione da parte della Federazione Russa del territorio ucraino è ancora in corso, e si svolge alle porte d’Europa. Quella stessa Europa che 80 anni fa vide sconfiggere il nazifascismo e che tentò di costruire solide fondamenta di pace e cooperazione per il futuro. Oggi invece assistiamo ad una politica, anche continentale, che alimenta il fragore delle armi, che non dialoga, che innalza muri invece che costruire ponti. Noi veniamo dalla Resistenza e dall’antifascismo così come veniamo da quel grande movimento dei Partigiani per la Pace che nei primi anni del dopoguerra si mobilitò per il disarmo e contro ogni risoluzione armata dei conflitti. Siamo convinti come lo erano allora i protagonisti della Guerra di Liberazione che solo una politica di Pace e disarmo possa dar vita ad un sistema di sicurezza basato sulla libertà, sull’amicizia tra le nazioni e sull’autodeterminazione dei popoli.  

    Con questo scenario nazionale ed internazionale ci prepariamo a celebrare l’80° della Liberazione, che costruiremo su tutto il territorio della provincia di Roma.  
Impegniamo le nostre strutture territoriali della città di Roma a lavorare da subito con i municipi di riferimento per la costruzione di un percorso condiviso e partecipato che abbia come obiettivo la partecipazione anche dell’Istituzione locale al tradizionale corteo romano della mattina e l’organizzazione di iniziative e celebrazioni nel territorio nel pomeriggio operando per il massimo coinvolgimento delle realtà antifasciste locali e della popolazione. Impegniamo le sezioni dei Comuni della provincia ad intraprendere da subito la mobilitazione per il massimo coinvolgimento della società civile, dei sindacati, delle Associazioni, dei partiti, dei movimenti e ad agire, ove possibile, in concerto con le Istituzioni comunali, al fine di avviare percorsi condivisi e partecipati in ogni territorio e di realizzare iniziative e celebrazioni del 25 aprile ben strutturate e di ampio respiro popolare. Auspichiamo che, come ogni anno, anche in altre zone della città di Roma si costruiscano mobilitazioni antifasciste, così da rendere partecipi le cittadine e i cittadini dal centro alla periferia. 
La città di Roma, Medaglia d’Oro al Valor Militare per la Guerra di Liberazione, vedrà ancora una volta una grande manifestazione unitaria e plurale che come ogni anno inizierà rendendo omaggio ai Martiri delle Fosse Ardeatine e poi di fronte al monumento ai valori futuribili della Resistenza di Largo B. Bompiani partirà in corteo per arrivare a Porta San Paolo, luogo simbolo dell’inizio della Guerra di Liberazione dove la popolazione, le organizzazioni antifasciste e le Forze Armate diedero inizio alla riscossa del popolo italiano e riscattarono l’onore della Patria infangato dai fascisti e calpestato dai nazisti. 
 
    Riteniamo infine importante che tutte le antifasciste e tutti gli antifascisti, che tutte le organizzazioni democratiche e che si riconoscono nei valori della Resistenza e della Costituzione siano con noi e con le nostre Associazioni sorelle, insieme alle Istituzioni comunali e municipali, a ricordare i Caduti partigiani e, nel loro nome e col loro esempio, ribadire l’impegno nelle lotte e nelle battaglie di oggi. 

    Compagne e compagni, amiche ed amici, il 25 aprile Festa della Liberazione ci vedrà ancora tutte unite e tutti uniti, guidati dai medaglieri partigiani, dai vessilli della Guerra di Liberazione, dalle bandiere della Resistenza, per la costruzione di un mondo migliore, basato sulla Pace, sulla Libertà, sulla Giustizia Sociale. 

28 febbraio 1978: l'assassinio di Roberto Scialabba


    

La sera del 28 febbraio 1978, verso le undici, un commando composto da otto terroristi dei NAR - Valerio e Cristiano Fioravanti, Alessandro Alibrandi, Franco Anselmi e altri quattro - fa la sua comparsa in Piazza Don Bosco, nel quartiere popolare di Cinecittà: è in cerca di militanti della sinistra e dell'autonomia da assassinare per vendicare i morti di Acca Larentia. Dopo essersi invano diretti a Via Calpurnio Fiamma, dove si trovava uno stabile occupato dal quale si credeva provenissero i responsabili del fatto, i neofascisti vedono Roberto assieme al fratello Nicola e ad un altro amico conversare su una panchina, nei giardinetti della piazza. Il loro abbigliamento e il luogo frequentato non lasciano dubbi: sono dei "rossi" e in quanto tali vanno puniti.
    I fratelli Fioravanti scendono dalle loro macchine assieme ad Anselmi, raggiungono i tre e aprono il fuoco: Roberto è colpito da un proiettile che non lo uccide, ma è raggiunto da Valerio Fioravanti che lo finisce sparandogli alla nuca. 
    Poche ore dopo, con una telefonata alla sede de "Il Messaggero", l'omicidio è rivendicato dai NAR, che si identificano con la sigla "Gioventù Nazional Popolare"; ciononostante, le indagini si concentreranno su alcuni lievi precedenti penali di Roberto e il suo omicidio verrà descritto dalla stampa come l'esito di un regolamento di conti interno a piccole bande di spacciatori del quartiere. Solo la confessione resa da Cristiano Fioravanti nel 1982  assieme alla meticolosa ricostruzione della dinamica dell'omicidio porrà fine alla campagna di disinformazione condotta da certa stampa e restituirà giustizia a Roberto, vigliaccamente assassinato perché comunista e antifascista.

27 febbraio 2025

Solidarietà ai firmatari dell'appello contro la pulizia etnica in Palestina

Il comitato provinciale dell'ANPI di Roma esprime la più totale solidarietà a Gad Lerner e a tutti i firmatari e le firmatarie, ebrei ed ebree italiani, di un appello contro la pulizia etnica in Palestina uscito ieri su La Repubblica e su Il Manifesto. Per questo appello sono oggetto di minacce e dileggio da parte di personaggi inqualificabili, probabilmente vicini alla destra israeliana oggi al governo e simpatizzanti dell'attuale presidente degli Stati Uniti che vorrebbe l'espulsione da Gaza di tutti i palestinesi superstiti della carneficina ancora in atto, per farne un resort per milionari imbelli.




25 febbraio 2025

1 marzo 2025: camminata per i luoghi del colonialismo italiano a Roma

     


1 marzo 2025, camminata nei luoghi del colonialismo italiano a Roma. In collaborazione con la Rete Yekatit 12-19 febbraio nell'ambito delle iniziative promosse per sensibilizzare e conoscere il colonialismo italiano in nord Africa, dopo il Seminario svoltosi i primi di febbraio.
    Percorso: Partenza alle 10 da Piazza San Francesco d'Assisi (sul piazzale davanti alla chiesa), Largo Ascianghi (WeGil), Via di Porta Portese, Ponte Sublicio, Via Marmorata, Via di Porta San Paolo, Piazza Albania, Viale Aventino, Piazza di Porta Capena. La camminata durerà circa 2 ore.

Il 27 febbraio 2025 ore 17 seminario di approfondimento "L'Italia e la questione del confine orientale"


 

Il 27 febbraio 2025 alle ore 17 si svolgerà il seminario di approfondimento "L'Italia e la questione del confine orientale" con interventi di Davide Conti, storico e Giuseppe Cappucci dell'IRESS Lazio. Porterà i saluti Marina Pierlorenzi, presidente dell'ANPI provinciale di Roma.

A continuazione del percorso formativo rivolto agli iscritti e alle iscritte, avviato  l'11 febbraio scorso, questa volta affronteremo e approfondiremo la complessa questione del confine orientale. Questo Seminario, come il precedente, sarà fruibile in presenza o collegandosi al canale YouTube dell'ANPI provinciale di Roma e potrà essere utilizzato per momenti di formazione e riflessione futuri nelle nostre sezioni.

In presenza: Sala della Federazione Italiana Lavoratori Trasporti, Piazza Vittorio 113.

In diretta sul canale Youtube dell'ANPI Provinciale di Roma:
https://www.youtube.com/c/AnpiProvincialediRoma

24 febbraio 2025

24 febbraio 1945: Eugenio Curiel è assassinato a Milano

Mentre si reca ad un appuntamento clandestino, il comandante del Fronte della Gioventù (organizzazione giovanile della Resistenza italiana, denominazione successivamente usurpata dal movimento giovanile del neofascista Movimento Sociale Italiano) Eugenio Curiel è sorpreso a Piazzale Baracca da un drappello di militi delle Brigate Nere ed è riconosciuto da un delatore. I fascisti sparano a bruciapelo in faccia al giovane fisico che tenta disperatamente la fuga. Riparatosi dentro ad un portone vicino, viene raggiunto e finito dalla teppa repubblichina. Aveva 33 anni.

Nato a Trieste l'11 dicembre 1912 da un'agiata famiglia ebrea, aveva dedicato allo studio l'adolescenza, conseguendo con un anno d'anticipo la licenza liceale. Di ingegno vivacissimo, aveva frequentato, per volere del padre, il primo biennio di Ingegneria a Firenze. Si era poi iscritto al Politecnico di Milano, ma lo aveva lasciato per tornare a Firenze a seguire i corsi di Fisica. Completò questi studi a Padova, laureandosi (110/110 e lode), a soli 21 anni, con una tesi sulle disintegrazioni nucleari. Assistente del professor Laura, si diede negli anni tra il 1933 e il 1934 anche agli studi filosofici ed approdò, non senza un processo critico, al marxismo. Di qui, nel 1936, la prima presa di contatto di Curiel con il Centro estero del Partito comunista, a Parigi. Nel 1937 il giovane intellettuale assume la responsabilità della pagina sindacale del “Bò”, il giornale universitario di Padova. Ma quell'impegno nella “attività legale” dura poco. Nel 1938 Curiel, a seguito delle leggi razziali, è sollevato dall'insegnamento e si trasferisce a Milano. Qui prende contatti con il Centro interno socialista e con vari gruppi antifascisti, ma il 23 giugno del 1939 viene arrestato da agenti dell'Ovra. Qualche mese nel carcere di San Vittore, il processo e la condanna a cinque anni di confino a Ventotene. Nell'isola, dove arrivano operai, antifascisti, garibaldini di Spagna – attraverso una sorta di “università proletaria” nella quale anche Curiel insegna, come dimostrano gli appunti ritrovati delle sue lezioni – si formano i quadri che organizzeranno la Resistenza. Il 21 agosto del 1943 anche Curiel, per sofferta decisione del governo Badoglio, lascia Ventotene. Torna in Veneto, ritrova vecchi amici e collaboratori, indica loro la via della lotta armata e infine ritorna a Milano. Qui dirige, di fatto, l'Unità clandestina e la rivista comunista La nostra lotta, tiene i contatti con gli intellettuali antifascisti, promuove tra i giovani resistenti la costituzione di un'organizzazione unitaria, il “Fronte della gioventù per l'indipendenza nazionale e per la libertà”.

«Docente universitario, sicura promessa della scienza italiana fu vecchio combattente, seppur giovane d'età, nella lotta per la libertà del popolo. Chiamò a raccolta, per primo, tutti i giovani d'Italia contro il nemico nazifascista. Attratta dalla sua fede, dal suo entusiasmo e dal suo esempio, la parte migliore della gioventù italiana rispose all'appello ed egli seppe guidarla nell'eroica lotta ed organizzarla in quel potente strumento di liberazione che fu il Fronte della gioventù. Animatore impareggiabile è sempre laddove c'è da organizzare, da combattere, da incoraggiare. Spiato, braccato dall'insidioso nemico che vedeva in lui il più pericoloso avversario, mai desisteva dalla lotta. Alla vigilia della conclusione vittoriosa degli immensi sforzi del popolo italiano cadeva in un proditorio agguato tesogli dai sicari nazifascisti. Capo ideale e glorioso esempio a tutta la gioventù italiana di eroismo, di amore per la Patria e per la Libertà.»

(Motivazione della concessione della Medaglia d'Oro al Valor Militare alla Memoria)

https://www.anpi.it/biografia/eugenio-curiel


22 febbraio 2025

22 febbraio 1980: l'assassinio di Valerio Verbano

 


È da poco passata l'una e mezza del pomeriggio quando il giovane Valerio Verbano, diciannovenne studente del Liceo Archimede di Montesacro, rincasa al termine delle lezioni nell'appartamento di Via Monte Bianco, 114 dove vive con la mamma Carla e il papà Sardo. Non sa che dietro la porta lo attende un commando armato composto da tre fascisti, introdottisi in casa con una scusa circa un'ora prima, che hanno già immobilizzato i suoi genitori. Appena entrato Valerio riesce a disarmare uno dei tre aggressori, ma viene colpito alle spalle mentre cerca di fuggire da una finestra dell'appartamento e muore poco prima dell'arrivo dei soccorsi.
Valerio non era un semplice ragazzo di diciannove anni, ma uno studente impegnato nel collettivo della propria scuola e nel movimento di Autonomia Operaia, fieramente antifascista: proprio per questo, da anni stava raccogliendo assieme ad alcuni compagni fotografie, articoli di giornale e schede personali all'interno di un proprio dossier personale sull'eversione nera nel triangolo compreso tra i quartieri Trieste/Salario, Montesacro e Talenti. Il materiale, sequestrato dalla polizia nel corso di una perquisizione in casa Verbano, non verrà mai più ritrovato, così come il memorandum consegnato da Sardo ai giudici inquirenti contenenti le ricostruzioni di alcuni possibili piste da seguire nelle indagini sull'omicidio.
Nonostante una rivendicazione dell'omicidio da parte dei NAR fosse giunta la sera stessa dell'omicidio e altre si fossero susseguite nei mesi successivi, le indagini non riusciranno mai ad individuare i responsabili dell'assassinio di Valerio, mentre le vicende giudiziarie vedranno nel corso degli anni la sparizione nei meandri dei depositi giudiziari della maggior parte del materiale in grado di fornire informazioni sull'identità degli assassini. Sardo e Carla continueranno per tutta la loro vita a chiedere che sia fatta luce sull'omicidio del figlio, ucciso sotto i loro occhi, sostenuti dalle compagne e dai compagni del movimento antifascista romano.
La lotta e la passione antifasciste di Valerio sono vive oggi più che mai e continuano a rappresentare per noi fonte d'esempio nelle nostre battaglie per la democrazia, la pace e la giustizia sociale.

20 febbraio 2025

L'ANPI provinciale di Roma aderisce alla manifestazione del 21 febbraio 2025 indetta dalla Rete degli Studenti Medi del Lazio

    L'ANPI provinciale di Roma aderisce alla manifestazione del 21 febbraio 2025 indetta dalla Rete degli Studenti Medi del Lazio per protestare contro il piano di dimensionamento scolastico della Regione Lazio. Appuntamento a Piazza Oderico da Pordenone 15, sotto la sede della Regione Lazio, dalle ore 9:30. Per il diritto allo studio degli studenti e delle studentesse e condizioni lavorative adeguate per il personale scolastico.




28 febbraio 2025: UNA MOSTRA PER GENOEFFA COCCONI CERVI, L'OTTAVA VITTIMA

Sarà inaugurata, presso la Casa della Memoria e della Storia, il 28 febbraio 2025, la Mostra “Genoeffa Cocconi Cervi, l'ottava vittima. Una Maria laica”, personale dell’artista Clelia Mori, dedicata alla memoria della madre dei sette fratelli Cervi, morta di dolore il 14 novembre 1944, poco meno di un anno dopo la tragica fine dei figli, fucilati dai fascisti tutti nello stesso attimo.

L’appuntamento, a ingresso libero, inizierà alle 17.30 con gli interventi dell'Assessore alla Cultura di Roma Capitale, Massimiliano Smeriglio, della Senatrice Cecilia D'Elia e della Presidente dell’ANPI Provinciale Roma, Marina Pierlorenzi.  

Seguiranno gli interventi dell'autrice delle opere, Clelia Mori, che illustrerà la scelta artistica e il lavoro che ormai da anni porta avanti intorno a questa straordinaria figura della storia della resistenza e del paese. Chiuderà la professoressa di Storia dell'Arte all'Accademia Belle Arti, Patrizia Molinari, 

Le opere esposte sono disegni su carta di grandi dimensioni, che hanno come soggetto protagonista, ripreso con stili e tecniche differenti, a partire dal ‘non finito’, sempre Genoeffa Cocconi. I ritratti di Mori mostrano l’anima, il coraggio di Genoeffa, figura fondamentale nella storia dei Cervi. Contadina, aveva avvicinato i figli sin da piccoli all’importanza del sapere e della cultura, è stata sempre un punto di riferimento insieme al marito Alcide, incoraggiandoli nelle loro ambizioni e aspirazioni. 

Dal 28 febbraio fino al 4 aprile, alla Casa della Memoria e della Storia, Via San Francesco De Sales, 5. La mostra sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle ore 9.30 alle ore 20.00 (ultimo ingresso 19.30)


Programma dell'inaugurazione
28 febbraio 2025 ore 17.30 - Casa della Memoria e della Storia
Via San Francesco di Sales, 5

Interventi:
Massimiliano Smeriglio
, Assessore alla Cultura di Rom Capitale
Cecilia D'Elia, Senatrice della Repubblica
Marina Pierlorenzi, Presidente ANPI Provinciale Roma
Clelia Mori, Artista
Patrizia Molinari, Professoressa di Storia dell'Arte all'Accademia di Belle Arti.

Visita della mostra

20 febbraio 1944: attacco dei GAP socialisti ad un treno carico di munizioni alla Stazione Ostiense


    

 Lo sbarco degli Alleati ad Anzio alla fine di gennaio e le speranze in una prossima liberazione della città determinarono l'incremento, sia nel numero che nella portata, delle azioni di guerriglia urbana messe in atto dal movimento di resistenza romano contro i nazifascisti. Particolarmente interessata dall'attività di guerriglia fu la VII zona, tra le più coinvolte dal movimento di uomini e mezzi verso il fronte di Anzio, comprendente i quartieri di Ostiense e della Garbatella e i rioni di S. Saba e Testaccio. 
    Il 20 febbraio 1944 Edoardo Vurchio "Varaldo", al comando di un GAP socialista, riuscì a mettere a segno un'azione clamorosa: fece saltare cinque vagoni di un convoglio tedesco carico di armi ad alto e medio potenziale mediante l'uso di un tubo di gelatina, evitando infine l'arresto alle persone trattenute dopo l'esplosione grazie all'intervento delle squadre destinate a coprire l'azione. 
    Tre di esse erano composte da partigiani della zona, mentre una quarta squadra era composta interamente da ferrovieri socialisti in servizio presso la stazione, il cui apporto risultò fondamentale nella progettazione dell'azione. Altri due vagoni, sopravvissuti all'incendio seguito alla deflagrazione, furono distrutti in un successivo bombardamento alleato dietro segnalazione del Servizio Informazioni dell'organizzazione socialista. 
    L'attacco alla Stazione Ostiense, per le modalità tipicamente "gappiste" e l'efficiente coordinamento con le "Squadre d'azione dei ferrovieri", fu tra le più rilevanti messe a segno dall'organizzazione militare del PSIUP, tanto che persino il generale Clark volle congratularsi con il comando della Brigata Matteotti, citando l'azione nel bollettino delle forze alleate come una delle più rilevanti mai avvenute dopo lo sbarco di Anzio.

19 febbraio 2025

19 febbraio 1944: eccidio di Pratolungo


   

 L'eccidio di Pratolungo è un crimine di guerra perpetrato dall'esercito tedesco il 19 febbraio 1944 nel territorio di Velletri, in provincia di Roma.
    Dopo lo sbarco di Anzio (22 gennaio 1944), Velletri si era trovata a essere retrovia del fronte. Il 19 febbraio del 1944 in contrada Pratolungo, dodici cittadini italiani vennero trucidati per rappresaglia a seguito della morte di un soldato tedesco ucciso da un contadino che voleva difendere la moglie da un tentativo di stupro. I martiri furono: Nicola Amici, Pietro Ferri, Artemisia Mammucari, Achille Mancini, Carlo Martini, Silvio Papacci, Enrico Papacci, Renato Priori, Sabatino Raia, Palmiero Casini e Gerardo Ramiccia.
    Nel 1994, lungo la strada di via di Vecchia Napoli a poca distanza dal luogo dell'eccidio fu posta una stele a memoria delle vittime.

19 febbraio 1937: l'eccidio di Addis Abeba (Yekatit 12)


    

Il 19 febbraio 1937, giorno corrispondente al 12 del mese di Yekatit secondo il calendario etiope, Abraham Deboch e Mogus Asghedom, appartenenti al movimento etiope di resistenza all'occupazione coloniale dell'Italia fascista, compirono un attentato lanciando delle bombe a mano nel Piccolo Ghebì del Palazzo Guenete Leul di Addis Abeba, residenza del viceré d'Etiopia Rodolfo Graziani, ove era in corso una cerimonia pubblica cui presenziano importanti autorità italiane, tra cui lo stesso Graziani, principale obiettivo dell'attentato, numerosi dignitari etiopi fedeli agli occupanti e una vastissima folla di poveri della capitale. 
    L'esplosione delle bombe causò sette vittime, ma riuscì soltanto a ferire lievemente Graziani, i generali Aurelio Liotta e Italo Gariboldi, il vice-governatore  Armando Petretti, il governatore della capitale Alfredo Siniscalchi e alcune decine di persone. Graziani venne prontamente trasportato in ospedale, mentre soldati e carabinieri, con l'ausilio di militi delle truppe coloniali, chiusero gli accessi del recinto e aprirono il fuoco sulla folla, massacrando decine di persone. Ciò non fu che il preludio ad una vera e propria "caccia al moro", come fu successivamente definita da Antonio Dordoni, testimone del massacro: centinaia di civili italiani, organizzati in squadre armate di spranghe e manganelli su precisa disposizione del federale Guido Cortese, compirono violentissime incursioni nei quartieri più poveri di Addis Abeba, unendosi ai militari, impiccando, bruciando vivi, massacrando di botte e fucilando chiunque incontrassero.
    La ritorsione fu particolarmente feroce negli agglomerati di tucul lungo i torrenti Ghenfilè e Ghilifalign, che attraversano Addis Abeba da nord a sud. La ritorsione fu particolarmente feroce negli agglomerati di tucul lungo i torrenti Ghenfilè e Ghilifalign, che attraversano Addis Abeba da nord a sud. «Per ogni abissino in vista – scrive lo storico del colonialismo italiano Angelo Del Boca – non ci fu scampo in quei terribili tre giorni ad Addis Abeba, città di africani dove per un pezzo non si vide più un africano». I corpi dei civili massacrati vennero gettati in fosse comuni: secondo le stime più recenti, le vittime della selvaggia mattanza italiana furono circa 19.000.
    L'eccidio di Yekatit 12, uno dei più efferati crimini mai compiuti nella storia coloniale dell'Italia, è a malapena conosciuto nel nostro paese, ove simili atrocità sono rimaste sostanzialmente impunite, mentre è commemorato ogni anno ad Addis Abeba con una cerimonia presso il monumento che lo ricorda.

18 febbraio 2025

18 febbraio 1944: emanazione del "Bando Graziani". Pena di morte per i disertori e i renitenti alla leva della RSI

Facendo seguito al primo bando di reclutamento diffuso dalle autorità di Salò il 9 novembre 1943 e destinato alle classi di leva 1923-1924-1925, un ulteriore decreto firmato da Mussolini ed emanato il 18 febbraio 1944 sanciva la pena di morte "mediante fucilazione nel petto" per i disertori dell'Esercito Nazionale Repubblicano e per quanti non si fossero presentati alla visita di leva. Per quanto la pena minacciata non sia stata quasi mai applicata con il rigore previsto dalla norma, il provvedimento sortì un effetto di segno nettamente opposto a quello sperato, determinando un netto incremento nell'afflusso verso le formazioni partigiane dei giovani appartenenti alle classi di leva interessate dal bando: su circa 180.000 richiamati, soltanto in 87.000 si presentarono ai distretti di leva del proprio territorio di appartenenza, spesso disertando poco dopo l'arruolamento. Il successivo 25 aprile un ulteriore bando, reiterato il 28 ottobre, prometteva l'amnistia a sbandati e renitenti che si fossero presentati di lì a un mese, minacciando la fucilazione per quanti avessero dato loro alloggio dopo il termine di scadenza; anch'essi rimasero sostanzialmente inattuati.



16 febbraio 2025

16 febbraio 1943: la strage di Domenikon. Quando ad ammazzare sono gli italiani

La strage di Domenikon fu una delle tante stragi che vennero compiute dall’esercito italiano e dalle milizie fasciste in Africa, Grecia, Albania e soprattutto in Jugoslavia. «Si stima che siano stati circa 400 i centri abitati rurali distrutti dalle forze di occupazione italiane o congiunte italo-tedesche durante la brutale campagna condotta nei primi mesi del 1943 nella Grecia continentale» (Francesco Sinapi: Domenikon 1943).
Nei pressi di Domenikon, piccolo villaggio della Tessaglia, un attacco partigiano contro un convoglio italiano provocò la morte di nove soldati delle Camicie Nere. Come reazione il generale Cesare Benelli, comandante della Divisione 'Pinerolo', ordinò la repressione secondo l'esempio nazista: centinaia di soldati circondarono e dettero alle fiamme il paese, rastrellarono la popolazione e, nella notte, fucilarono circa 140 uomini e ragazzi dai 14 agli 80 anni.
Nessun criminale di guerra italiano è mai stato consegnato alle nazioni che ne fecero richiesta alla fine della guerra. Ci furono 180 richieste da parte della Grecia, 140 dall’Albania, 750 dalla Jugoslavia oltre ad altre decine dall’Unione Sovietica. In Italia, nel 1946, venne istituita una commissione per indagare sui crimini compiuti dall’Italia nei paesi che aveva occupato. Non furono prese in considerazione le richieste provenienti dall’Africa (Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia). La commissione in cinque anni di lavoro produsse un elenco di 34 nomi che vennero segnalati alla magistratura militare italiana. Furono emessi dei mandati di cattura ma i ricercati ebbero il tempo di rifugiarsi all’estero.
Per la strage di Domenikon in anni recenti furono svolte indagini che però non portarono a nulla e i procedimenti si chiusero con l'archiviazione.

15 febbraio 2025

Il 15 febbraio 2019 moriva il prof. Adriano Ossicini, militante nella sinistra cattolica, partigiano, psichiatra, senatore nel PCI, ministro per la famiglia e la solidarietà sociale

Il 15 febbraio 2019 moriva il prof. Adriano Ossicini, militante nella sinistra cattolica, partigiano, psichiatra, senatore nel PCI, ministro per la famiglia e la solidarietà sociale nel governo Dini. 
Medaglia d'argento al valor militare; questa la motivazione del riconoscimento:
«Già detenuto per antifascismo contraeva in carcere grave malattia e, riconquistata la libertà alla caduta della dittatura, si ergeva nobile assertore di ogni libero principio contro gli oppressori. Organizzava una valorosa forte formazione partigiana alla cui testa compiva numerosi atti di sabotaggio e azioni di guerriglia costituenti numeroso serto di eroismi che infiora il periodo della lotta clandestina dalle giornate di Porta San Paolo a quelle della liberazione di Roma. Braccato, dalle polizie nazifasciste che avevano posto sulla sua persona elevata taglia, riusciva due volte ad evitare l'arresto occultando documenti importantissimi che, se fossero caduti in possesso del nemico, avrebbero compromesso il movimento partigiano locale e le personalità in esso implicate. Perseguitato sugli affetti famigliari e, benché fisicamente menomato, non desisteva dalla lotta e persisteva nella sua azione di comando dei suoi prodi infondendo in essi l'ardire e la fede per il conseguimento della vittoria. Bello esempio di valoroso combattente e di capace organizzatore.»
Roma, 8 settembre 1943 - 4 giugno 1944.
Insieme al prof. Pietro Borromeo inventò un famigerato "morbo K" per salvare molti ebrei dalla deportazione.



12 febbraio 2025

11 febbraio 1929: stipula dei "Patti Lateranensi" fra Stato (fascista) e Chiesa cattolica

A quasi sessant'anni di distanza dalla frattura apertasi con la "questione romana" a seguito dell'annessione di Roma al Regno d'Italia, il governo italiano e la Santa Sede sottoscrivono nel Palazzo Lateranense una serie di accordi contenenti un trattato, volto a riconoscere l'indipendenza e la sovranità della Santa Sede sui territori che d'ora innanzi sarebbero divenuti noti come Città del Vaticano, una convenzione finanziaria con la quale si regolavano le questioni sorte all'indomani del 1861 a seguito della confisca da parte dello Stato italiano dei beni di proprietà degli enti ecclesiastici, e un concordato mirante a regolamentare i rapporti diplomatici tra la Chiesa e il governo italiano. Ad apporre la propria firma in calce ai documenti furono il cardinale di Stato Pietro Gasparri per la Santa Sede e Benito Mussolini in qualità di capo del governo italiano.
Con i Patti Lateranensi Mussolini riusciva a conquistare in maniera definitiva e totale il consenso della Chiesa al proprio regime; appena due giorni dopo, il pontefice Pio XI arrivò a definire pubblicamente Mussolini «un uomo [...] che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare». 
Fu in particolare il concordato, destinato ad ispirare l'art.7 della Costituzione e successivamente sottoposto a revisione con gli accordi di Villa Madama del 1984, ad influire in maniera particolarmente pesante sulla vita politica italiana: grazie ad esso, il cattolicesimo venne riconosciuto quale religione ufficiale dello Stato, si sanciva l'obbligatorietà dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole e il governo si impegnava a rendere le proprie leggi su matrimonio e divorzio conformi ai dettami della Chiesa.



10 febbraio 2025

La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo"

La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.








09 febbraio 2025

9 febbraio 1849: proclamazione della gloriosa Repubblica Romana





Proclamata il 9 febbraio 1849 da uomini liberi, animati dal desiderio di un’Italia repubblicana, si concluse tragicamente il 4 luglio, segnando il definitivo spostamento verso posizioni moderate e monarchiche del movimento risorgimentale.
 
Il frutto più significativo di quell’esperienza, sia pur breve, ma che vide concretizzarsi l’ideale mazziniano di repubblica quale «sistema che deve sviluppare la libertà, l’eguaglianza, l’associazione e per conseguenza ogni pacifico sviluppo di idee, quando anche differisse in qualche parte dal nostro», fu la Costituzione votata all’unanimità il 1° luglio 1849 e promulgata il 3 luglio, nella quale erano sanciti il suffragio universale, la libertà di pensiero, di religione, di associazione, l’abolizione di ogni tribunale speciale, della censura preventiva e della pena di morte.
 
Soltanto un secolo più tardi tali principi trovarono finalmente attuazione nella Costituzione della Repubblica Italiana (approvata il 22 dicembre 1947, promulgata il 27 dicembre, entrata in vigore il 1° gennaio 1948), la quale sancisce nel suo terzo articolo che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».


vedi anche:




"Cent'anni dopo", un film documentario sulla storia del PCI commentata da Aldo Tortorella, a cui rendiamo omaggio

Ci piace rendere omaggio al partigiano Alessio recentissimamente scomparso, riproponendo la visione del film-documentario sulla storia del Partito Comunista Italiano "Cent'anni dopo"
di Monica Maurer e Milena Fiore.
La storia del PCI narrata da un commentatore più che autorevole: ALDO TORTORELLA. 
La vicenda del partito di massa - con i suoi militanti, la presenza capillare delle sezioni, il giornale diffuso in decine di migliaia di copie, le feste dell'Unità, il lavoro politico tra gli emigrati - viene dunque riletta, evidenziandone il ruolo nelle occupazioni delle terre, nelle mobilitazioni operaie e nelle lotte per la democrazia e la pace, ma anche nel confronto col '68 studentesco e col movimento femminista. Ne emerge il radicamento crescente del PCI nella società italiana, che culmina nei successi elettorali del 1975-76, scontrandosi però con forti controspinte reazionarie ed eversive e coi processi di ristrutturazione degli anni Ottanta, che contribuiscono a determinare la crisi del partito.




08 febbraio 2025

Massimo Rendina, il "Comandante Max", moriva l'8 febbraio 2015 all'età di 95 anni.

Massimo Rendina, «Max», da Federico e Maria Manara, nacque il 4 gennaio 1920 a Mestre (VE). 


Durante il fascismo visse a Venezia e dopo la maturità si trasferì a Bologna per gli studi universitari alla facoltà di giurisprudenza.



Nel capoluogo emiliano iniziò la carriera giornalistica: giovanissimo iniziò a scrivere per Il Popolo del Friuli, collaborando poi con il Resto del Carlino; suo collega era Enzo Biagi. In quel periodo fece parte anche di una compagnia teatrale amatoriale. 







Allo scoppio della guerra si arruolò divenendo sottotenente dei bersaglieri e venne inviato in Russia con lo CSIR. Rimpatriato per una licenza di convalescenza, nel dicembre 1942 divenne condirettore insieme a Eugenio Facchini (anch'egli reduce dal fronte russo) del mensile Architrave, rivista del GUF (Gruppo Universitario Fascista) bolognese. 

Nelle intenzioni dei gerarchi fascisti bolognesi i due reduci avrebbero dovuto dare un tono più fascista al giornale, considerato un foglio della fronda. Pio Marsilli e Vittorio Chesi, il direttore e il condirettore della gestione precedente, erano stati destituiti d’autorità e proposti per il confino di polizia, perché considerati antifascisti. Ma i due nuovi giornalisti diedero al giornale un contenuto e un tono di aperta contestazione del regime e della guerra.
Nella nota Motivo ideale, siglata M.R. (Massimo Rendina) si legge: «Ormai la retorica illusione di una vittoria facile e di una guerra lampo è sprofondata nell’abisso del passato». La nostra «è sempre stata, sin dal primo colpo di cannone, una guerra difensiva» e «Ora soltanto il conflitto appare definitivamente difensivo nella sua intima essenza e si trasmuta in una lotta integrale, assoluta, di vita o di morte, estranea ad ogni altro pensiero che non sia di sopravvivere alla distruzione di tutto il mondo» (Architrave, 31 gennaio 1943).
Nello stesso numero, in una nota dal titolo Indagine sulla Russia, parlando dell’esperienza fatta sul fronte orientale, si chiese: «a) come mai il popolo russo, che non è convinto della bolscevizzazione, la tollera come un gioco, resiste, non si ribella, combatte con valore?; b) come mai dopo un’improvvisa e stupefacente disfatta militare, creduta da tutto il mondo irreparabile, ha opposto un’accanita resistenza e proprio sul principio dell’ultimo atto del grande dramma riconquistando parte delle posizioni perdute con un successo che ha del soprannaturale?». «Noi non crediamo - proseguiva - in una serie di astute ed avvedute manovre da parte del governo rosso: le ragioni sono piuttosto da ricercarsi nel sistema organizzativo e nelle vicende naturali della guerra che vedono l’alternarsi della fortuna, da una parte e dalla altra dei combattenti». Concludeva che se i russi «hanno sorpreso chiunque, la situazione delle armate tedesche non va considerata assolutamente nel campo del “disastroso”».

Partigiani comandati da Massimo Rendina














Dopo il 25 luglio 1943 tornò a lavorare a Il Resto del Carlino
Quando, dopo l’8 settembre 1943, al giornale fu nominato un direttore repubblichino, intervenne all'assemblea dei redattori per annunciare pubblicamente che non avrebbe collaborato con la RSI. Abbandonò il giornale e si trasferì in Piemonte, a Torino, dove conobbe Corrado Bonfantini, aderì alla Resistenza e partecipò alla Lotta di Liberazione con il nome di battaglia di Max il giornalista. Militò prima nella 19ma brigata Giambone Garibaldi con funzione di capo di Stato Maggiore e successivamente nella 103ma brigata Nannetti della 1a divisione Garibaldi, della quale fu prima comandante e poi capo di Stato Maggiore. Prese parte alla liberazione di Torino. Nell'autunno 1944 venne ferito nelle campagne torinesi e salvato da alcuni contadini. Fu in seguito riconosciuto invalido di guerra e riconosciuto partigiano combattente dal 1 novembre 1943 al 7 maggio 1945.

Leggi il resto sulla pagina del nostro blog a lui dedicata: 

07 febbraio 2025

Aldo Tortorella, il partigiano "Alessio" ci ha lasciato




Ci ha lasciato il compagno Aldo Tortorella. 

Col nome di battaglia Alessio partecipò alla Resistenza in Lombardia e in Liguria nelle file del Fonte della Gioventù organizzando la lotta armata e la propaganda a Genova, soprattutto nelle zone operaie. 

Autorevole dirigente del PCI di cui fu presidente negli ultimi due anni di esistenza del partito, deputato della Repubblica dal 1972 al 1994, fu anche direttore de "L’Unità" dal 1970 al 1975 e della rivista "Critica Marxista" dal 1992 ad oggi. 

Presidente onorario dell’ANPI nazionale, lo ricordiamo con affetto e profonda stima. Ha lasciato nelle compagne e nei compagni dell’ANPI di Roma un segno indelebile e un ricordo che rimarrà scolpito nelle piazze del 25 aprile. 

Intellettuale di rara statura, dirigente di grande cultura, era un compagno dotato di una straordinaria capacità comunicativa capace di coinvolgere ed entusiasmare le giovani generazioni. 

Non ti dimenticheremo caro Aldo. Le tue parole, i tuoi insegnamenti, il tuo impegno portato avanti con tenacia e determinazione fino all’ultimo nonostante l’età, saranno per noi la bussola per continuare nella battaglia per una società migliore, basata sulla pace e l'amicizia tra i popoli, sulla libertà, sulla giustizia sociale. 

Ti sia lieve la terra.

La camera ardente di Aldo Tortorella è allestita nella Sala Aldo Moro di Montecitorio. Sarà possibile rendere omaggio al feretro dalle 10 alle 17 (7 febbraio 2025). Ingresso dal portone principale di Piazza Montecitorio.

il funerale di Aldo Tortorella si svolgerà alle ore 9 di domani 8 febbraio al Tempietto Egizio al Verano.






Se vuoi la pace prepara la pace_Aldo Tortorella


Il discorso di ALDO Tortorella al 25 aprile 2019 di Porta San Paolo a Roma:



Aldo Tortorella al 25 aprile 2019 a Roma



Aldo Tortorella al 25 aprile 2019 a Roma



Aldo Tortorella con Marina Pierlorenzi al 25 aprile 2019 a Roma


11 febbraio 2025 alla Casa della Memoria e della Storia: "Il Colonialismo in Italia dall'età liberale al periodo fascista". Seminario per gli iscritti e le iscritte all'ANPI

Riprendono i seminari dell'ANPI di Roma rivolti agli iscritti e alle iscritte delle sezioni. Gli incontri rappresentano un momento di formazione e una opportunità di crescita per le persone e per le sezioni, una occasione di incontro e i confronto sulle tematiche che più ci coinvolgono.




11 febbraio 2025 ore 16,30 alla Casa della Memoria e della Storia. Seminario riservato agli iscritti e alle iscritte all'ANPI. In collaborazione con la Rete Yekatit 12-19 febbraio.
Il seminario potrà essere seguita anche in diretta e in differita sul Canale Youtube dell'ANPI provinciale di Roma:

7 febbraio 1944: il sacrificio di Gianfranco Mattei




Nato a Milano l'11 dicembre 1916, primogenito di sette fratelli, Gianfranco Mattei proveniva da un'agiata famiglia borghese di origine ebraica: il padre Ugo, avvocato di orientamento liberale e imprenditore, fu spesso ostacolato dal regime nelle proprie attività in ragione del proprio fiero sentimento antifascista e dovette cambiare mestiere, trasferendosi con tutta la famiglia in una villa di Bagno a Ripoli e reinventandosi operaio marmista. Compiuti gli studi in chimica presso l'Università di Firenze, il giovane Gianfranco divenne nel 1938 docente di chimica analitica quantitativa presso l'Istituto di chimica industriale del Politecnico di Milano e assistente del già celebre professor Giulio Natta. Negli stessi anni, pur frequentando il corso allievi ufficiali a Pavia, si avvicinò con la sorella Teresa agli ambienti dell'antifascismo lombardo e fu successivamente chiamato alle armi con lo scoppio della Seconda guerra mondiale.
All'indomani dell'armistizio, fuggito da Milano, si unì alle formazione partigiane operanti nella zona di Lecco e della Valfurva, trasferendosi infine a Roma, dove prese contatto con i GAP centrali. Assieme allo studente di architettura Giorgio Labò, fu incaricato dai dirigenti dell'organizzazione comunista clandestina di confezionare gli ordigni esplosivi da utilizzare nelle azioni di guerriglia nella capitale: i due, assieme ad altri addetti alla "santabarbara" dei GAP, risiedevano nell'appartamento situato al secondo piano del palazzetto al civico 25A di Via Giulia, protetti da una falsa identità. Arrestati il 1° febbraio 1944 a seguito dell'irruzione della polizia tedesca nello stabili, furono rinchiusi a Via Tasso. 
«Questo comunista Mattei è terribile, terribilmente silenzioso» - diceva di lui Kappler, secondo la testimonianza della gappista Maria Teresa Regard - «ma ora useremo il tenente Priebke, che saprà farlo parlare con mezzi chimici e fisici». Per timore di rivelare informazioni sull'organizzazione clandestina ed esporre al pericolo i propri compagni, nella notte tra il 6 e il 7 febbraio si impiccò con la cintura dei pantaloni nella propria cella, dopo aver lasciato un ultimo messaggio alla famiglia sul retro di un assegno bancario.



05 febbraio 2025

Il 5 febbraio 1944, Leone Ginzburg moriva nel carcere di Regina Coeli per le percosse subite dalle SS durante un interrogatorio.

Il 5 febbraio 1944, Leone Ginzburg moriva nel carcere romano di Regina Coeli dopo essere stato brutalmente pestato dalle SS durante un interrogatorio.
Nato a Odessa nel 1909 da una famiglia ebraica, figlio di Fëdor Nikolaevic e Vera Griliches, Leone era nato da una breve relazione tra Vera e l'italiano Renzo Segré ma era stato successivamente riconosciuto dal marito della madre, il quale gli aveva trasmesso il proprio cognome. Dopo un'infanzia trascorsa tra Roma e Viareggio, eccettuata due brevi parentesi negli anni dell'adolescenza in cui la famiglia Ginzburg aveva vissuto prima a Torino e poi a Berlino, Leone si stabilì definitivamente con il padre, la madre e i propri fratelli maggiori, Marussa e Nicola, a Torino, dove frequentò il liceo classico "Massimo D'Azeglio" tra il 1924 e il 1927, dove ebbe quali compagni di studi Giorgio Agosti, Norberto Bobbio e Sion Segre. Sono questi gli anni in cui il giovane Ginzburg diede prova della propria vivacità intellettuale, dedicandosi alla traduzione di alcuni classici della letteratura russa e alla stesura di saggi di argomento letterario. Decisivo fu per la maturazione di una salda coscienza antifascista l'incontro con i docenti Umberto Cosmo, Zino Zini e Franco Antonicelli.
Iscrittosi a Giurisprudenza ma successivamente passato a Lettere, si laureò nel 1931 con una tesi su Maupassant e ottenne nel 1932 la libera docenza in letteratura russa presso l'ateneo torinese; negli stessi anni si avvicinò a vari intellettuali antifascisti riuniti attorno all'editore Giulio Einaudi, tra cui Cesare Pavese, Vittorio Foa, il compagno di scuola Norberto Bobbio e Carlo Levi, e fu attivo nel movimento di Giustizia e Libertà. Nel 1934, il proprio rifiuto di prestare il giuramento di fedeltà al regime fascista richiesto ai docenti universitari lo privò della cattedra; nello stesso anno, fu arrestato dall'OVRA e condannato al carcere, venendo liberato nel 1936 e proseguendo la propria attività intellettuale e l'impegno politico antifascista. Si unì in matrimonio nel 1938 con Natalia Levi, dalla quale ebbe quattro figli, Carlo, Andrea e Alessandra.
Nuovamente arrestato nel 1940, fu inviato al confino nella località abruzzese di Pizzoli, ove rimase sino al 25 luglio 1943 per poi trasferirsi a Roma. Dopo l'8 settembre fu tra i principali animatori del movimento resistenziale clandestino del Partito d'Azione, divenendo direttore dell'edizione romana del quotidiano clandestino "Italia libera". Arrestato il 19 novembre 1943 assieme ad altri redattori nella sede della tipografia clandestina di via Basento, 55 a seguito di una retata della polizia fascista, venne recluso a Regina Coeli e duramente torturato dalle SS, le quali cercarono di estorcergli informazioni circa l'organizzazione clandestina del Partito d'Azione nella capitale, ma non parlò. Morì di arresto cardiaco a seguito delle violenze subite, ad appena 35 anni, il 5 febbraio 1944.



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Ripudia intolleranza, razzismo e antisemitismo.
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